COPERTINA
Il trailer ufficiale dell’edizione Director’s cut del 2002 di “Amadeus”, un grande film che compie 40 anni senza dimostrarli.
PETER SHAFFER’S AMADEUS: DIRECTOR’S CUT
Stati Uniti d’America / 1984 / 183 min
Regia: Miloš Forman
Soggetto e sceneggiatura: Peter Shaffer
Tratto dalla pièce teatrale "Amadeus" del 1979 di Peter Shaffer ispirata al dramma in versi Salieri e Mozart (1830) di Aleksandr Puškin
Fotografia: Miroslav Ondříček
Musiche eseguite da Neville Marriner, con la supervisione musicale di John Strauss
Sonoro: Mark Berger, Thomas Scott, Todd Boekelheide e Christopher Newman
Scenografia: Patrizia von Brandenstein e Karel Cerný
Costumi: Theodor Pištěk
Trucco e acconciature: Dick Smith e Paul LeBlanc
con F. Murray Abraham (Antonio Salieri), Tom Hulce (Wolfgang Amadeus Mozart), Elizabeth Berridge (Constanze Weber), Simon Callow (Emanuel Schikaneder), Roy Dotrice (Leopold Mozart), Christine Ebersole (Katherina Cavalieri), Jeffrey Jones (Imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena)
Riconoscimenti: 9 premi Oscar su 11 candidatura tra cui miglior film, migliore regia, migliore attore protagonista, miglior sceneggiatura non originale; 4 premi Golden Globe per le stesse categorie su 6 candidature; 4 premi BAFTA su 9 candidature; 3 premi David di Donatello; 1 premio César
Streaming: APPLETV, PRIME VIDEO, YOUTUBE, a noleggio a partire da 7,99 euro.
[In grassetto le persone premiate con l'Oscar o il Golden Globe].
Buon giorno e buon inizio settimana.
Sembra quasi incredibile che siano trascorsi ben 40 anni dall'uscita di “Amadeus”, un film che ha segnato la cinematografia mondiale degli anni Ottanta e che ha fatto incetta di riconoscimenti.
Possiamo rivederlo in streaming nella versione Director's cut, senza i venti minuti di tagli dell'edizione del 1984. Tra le scene reintegrate quella del nudo di Constanze Mozart, importante per comprendere certe cose.
Il grande lavoro di Peter Shaffer
Senza nulla togliere al merito del regista Milos Forman e dei suoi collaboratori, tra cui Sir Neville Marriner per l’esecuzione delle musiche e Twyla Tharp per l’allestimento delle opere, il cuore pulsante di “Amadeus” è la sceneggiatura.
Partendo dalla breve pièce in versi Mozart e Salieri di Puškin, già musicata dal compositore russo Rimskij-Korsakov nel 1897, Peter Shaffer dipinge un grande affresco della scena culturale viennese dell’epoca.
Shaffer ha sviluppato le due scene ideate da Puškin: il monologo di Salieri, che soffre per il genio Mozart il quale oscura la sua musica e il personaggio mascherato che commissiona a Mozart il Requiem e lo avvelena.
Nel 1979, Shaffer ne aveva già tratto un’opera teatrale di grande successo con 1181 recite. Nel 1981 “Amadeus” vinse il Tony Award per la migliore opera teatrale. La versione francese fu diretta da Roman Polansky.
L’edizione rivista e ampliata del film rende il giusto omaggio al lavoro del drammaturgo già dal titolo, “Peter Shaffer’s Amadeus: Director’s Cut”, non più semplicemente “Amadeus”.
L’intuito di Giuseppe II d’Asburgo Lorena
“Anche questa è fatta” è l’imperioso motto di Giuseppe II, uno dei personaggi meglio delineati dalla penna di Shaffer e ottimamente interpretato dall’attore americano Jeffrey Jones.
Giuseppe II, fratello di Pietro Leopoldo, granduca di Toscana e sovrano illuminato, non solo decide i destini del Sacro Romano Impero, ma soprattutto influenza profondamente la vita musicale di Vienna.
Sebbene apparentemente incline a seguire i pareri dei dignitari di corte che vuole sempre attorno a sé seppur fortemente conservatori, è tuttavia aperto alle nuove tendenze e tende a favorirle, come accade con Mozart.
La scena artistica viennese dell’epoca è dominata dall’opera, che secondo i dignitari di corte, ma non secondo l’intuito dell’imperatore, deve essere esclusivamente italiana e ispirata a temi classici e mitologici.
... e il suo orecchio musicale
Tuttavia, l’orecchio musicale dell’imperatore non è raffinato quanto il suo intuito, il che ostacola la comprensione delle composizioni rivoluzionarie di Mozart, che non riescono a ottenere lo spazio che meriterebbero.
Ne è un esempio Le Nozze di Figaro, fortemente voluto dall’imperatore stesso nonostante avesse inizialmente vietato il libretto e il balletto nell’opera. Durante la rappresentazione lascia sfuggire uno sbadiglio ostentato.
Poche settimane dopo, un furioso Mozart si reca da Antonio Salieri, compositore di corte, per chiedere spiegazioni sul motivo per cui siano state autorizzate solo cinque repliche dell’opera.
Salieri è molto diretto, nonostante abbia contribuito a quella decisione imperiale. Dice: “Lei chiede troppo a un orecchio regale. L’imperatore può tollerare al massimo un’ora di musica e lei gliene ha chieste quattro.”
Da quel momento, Mozart e il suo lavoro vengono relegati ai margini della scena musicale ufficiale viennese, nuovamente dominata dagli italiani, che Mozart disprezza apertamente, pur apprezzandone la pasticceria.
“Naturalmente, gli italiani, sempre gli italiani!… Gente musicalmente idiota!… L’opera italiana? Tutti quei soprani maschi che strillano, quelle ridicole coppie grasse che si guardano con occhi sgranati! Questa è solo spazzatura”.
I limiti dell’assolutismo illuminato
La figura di Giuseppe II così come viene rappresentata nel film e la parabola di Mozart nei favori dell’imperatore mette in luce i limiti dell’esperienza, pur significativa, dell’assolutismo illuminato del 18° secolo.
Le innovazioni e le riforme introdotte da questi sovrani si sono rivelate insufficienti a rispondere alle sfide dei nuovi tempi che si stavano annunciando e alle profonde trasformazioni sociali e culturali in atto in tutt’Europa.
La musica di Mozart è una delle massime manifestazioni del cambiamento nel modo di sentire, nel gusto e nell’approccio al potere, quasi che essa fosse una sorta di ouverture alla rivoluzione francese e al periodo napoleonico.
Le tre scene strepitose di “Amadeus”
La prima è l’incipit del film che inizia con un Antonio Salieri reo confesso. Come avviene nelle serie televisive del tenente Colombo, Shaffer ci offre subito la chiave di lettura della storia, che poi si sviluppa di conseguenza.
L’apertura è accompagnata dalle note dell’allegro con brio della “Sinfonia numero 25 in G minore, K 183” eseguita da Sir Neville Marriner con l’orchestra dell’Academy of Saint Martin-in-the-Fields.
La seconda è l’ingresso in scena del giovane Mozart, un ragazzotto insolente e sboccato che, agli occhi di un attonito Salieri, appare come un affronto da parte di Dio, che ha scelto lui, e non Salieri, per musicare la sua vera voce.
In questa scena estesa vediamo anche un personaggio centrale del film che l’edizione Director’s Cut valorizza: Constanze Mozart, una donna del popolo capace di un affetto immenso e protettivo verso l’artista sregolato.
La terza scena è lo spiegone di Mozart all’imperatore e agli sbalorditi dignitari del significato delle sue Nozze di Figaro, basato sulla commedia di Beaumarchais “La folle journée, ou le Mariage de Figaro”.
Giuseppe II aveva messo all’indice la commedia di Beaumarchais per il suo contenuto classista e sovversivo. Dal lavoro dello scrittore francese Da Ponte aveva tratto liberamente il libretto dell’opera di Mozart.
… e altre due ancora di più
Una è la rappresentazione della chiusa dell’opera Don Giovanni e la esilarante parodia messa in scena dalla compagnia di guitti della commedia dell’arte di fronte a un pubblico popolano.
L’altra è la sequenza della stesura del Confutatis, un movimento del Requiem in re minore K. 626, ultima opera incompiuta del compositore viennese completata dall’allievo Franz Xaver Süßmayr.
Un agonizzante Mozart recita al volo lo spartito e Salieri lo trascrive sul pentagramma. La scena si conclude con il rientro di Constanze e la cacciata dell’intruso dopo che Mozart non ha avuto la forza di andare avanti con il Lacrimosa.
“Mi dispiace che non abbiamo servi per accompagnarti fuori”, dice Costanze a Salieri chiudendo in una vetrinetta lo spartito del Requiem del quale Salieri pensava di impadronirsi per farlo suonare ai funerali di Mozart.
Ci sarebbero anche i monologhi di Salieri di fronte al crocefisso e la sua abiura di Dio. Sono sequenze che mettono in luce l’abilità interpretativa di F. Murray Abraham premiato con il più meritato degli Oscar al miglior attore protagonista.
La mediocrità
Se proprio devo trovare un punto debole del film, questo è il finale, che torna su Salieri, ormai segregato in un ricovero per alienati. Congedandosi dal suo confessore, rivolge al pubblico un canto di lode ai mediocri come lui.
Questa sorta di panegirico della mediocrità, che risuona come il “proletari di tutti i paesi unitevi!”, mi appare come una superfetazione retorica giustificata dalla necessità di conferire una morale a una storia dalle tinte fosche.
Nessuno è mediocre nel film: né Salieri, né la sua musica, né l’imperatore. Sono tutte persone del loro tempo. È Mozart a essere un “outlier”, per usare un’espressione cara al sociologo canadese Malcolm Gladwell.
Lo spirito della storia si incarna negli “outlier” come Leonardo, Mozart, Beethoven o Steve Jobs, ma sono proprio i “mediocri” a scriverla. Forse è proprio per questo che anche oggi andiamo così male.