COPERTINA
Una clip di “Ossessione” del 1943 di Luchino Visconti. Non ha molta attinenza con il tema di oggi, ma serve a segnalare un’interessante iniziativa di cinema per coloro che vivono nell’area metropolitana di Firenze o nelle zone limitrofe.
La clip mostra la scena del bacio tra i due protagonisti di “Ossessione”, Massimo Girotti e Clara Calamai. A quest’ultima, in occasione dell’8 marzo, la Regione Toscana dedica un omaggio nell’ambito dell’iniziativa “La Toscana delle donne”.
Clara Calamai (1909-1998)è stata una delle più grandi interpreti del cinema italiano e anche un emblema di liberazione femminile. Era nata a Prato in una famiglia di modeste condizioni. Il padre era capostazione.
Bellissima, si legò a un giovanotto della Prato bene, suscitando uno scandalo cittadino a causa del quale tentò il suicidio, sparandosi un colpo al cuore, fortunatamente senza danneggiarlo.
Si trasferì a Roma dove frequentò i corsi del Centro Sperimentale di Cinematografia e iniziò una nuova vita di successi, sempre però portandosi appresso una certa aura maledetta anche nei suoi ruoli.
Martedì 11 marzo, nel foyer del cinema La Compagnia in via Cavour a Firenze, dalle ore 18 sarà inaugurata una mostra fotografica su Clara, alla quale seguirà la proiezione in versione restaurata di “Profondo rosso” che la vede in un ruolo centrale.
Lunedì 17 marzo, a partire dalle 16 alla Mediateca Toscana in via San Gallo a Firenze, si terrà un incontro al termine del quale sarà proiettato “Ossessione”. Si consiglia di prenotare scrivendo a press.areacinema@fst.it.
Buongiorno e buon inizio di settimana.
Oggi vorrei condividere una riflessione ispirata dall’articolo di Christian Caliandro Il rasoio di Vance, uscito su “Artribune”. Il titolo prende spunto da una frase detta dal vicepresidente degli Stati Uniti.
Presumo che Caliandro voglia richiamare il celebre principio euristico del francescano inglese Guglielmo di Occam, che, nel caso di JD Vance, potrebbe suonare come “il pensiero che richiede il minor sforzo”.
JD
Il vicepresidente JD, oltre a ricoprire un’alta carica istituzionale, è scrittore, intellettuale e ideologo di vaglia. Forse la sua riduzione di un problema complesso al principio del rasoio di Occam non è affatto casuale.
JD, come ha scritto il “NYTimes”, è una persona molto vicina al sentire della generazione digitale e non ha bisogno di chiamare nessuno per impostare la password del Wi-Fi o gestire un portafoglio di criptovalute.
Prima di assumere la vicepresidenza, ha diretto una società di venture capital, Narya Capital, per sostenere progetti di intelligenza artificiale e start-up al di fuori dei tradizionali hub tecnologici come la Silicon Valley e New York.
Appoggiata da Peter Thiel, Eric Schmidt e Marc Andreessen, Narya ha un preciso significato. È infatti il nome dell’anello elfico del potere nel mondo de “Il Signore degli Anelli”, simbolo di resistenza e comando.
Echi di Yalta
Occupiamoci ora dell’evento nel corso del quale il vicepresidente ha assunto un ruolo raramente visto nella storia degli Stati Uniti da parte di una figura istituzionale vicaria come la sua.
Ci riferiamo al suo interventi nello Studio Ovale della Casa Bianca durante l’incontro pubblico dello scorso 28 febbraio tra il presidente dell’Ucraina, il presidente americano e il suo vice.
Il 28 febbraio non è un giorno molto fortunato e si sono verificati eventi che assumono un certo peso simbolico nella storia. Per esempio il 28 febbraio 1933 si verificò l’incendio del Reichstag. E non era un venerdì.
Quello alla Casa Bianca è stato un incontro di 59 minuti che ha avuto subito una risonanza pressoché paragonabile a quella della Conferenza di Yalta del 1944 nella quale si iniziò a discutere dell’assetto del mondo postbellico.
La famosa frase di Stalin rivolta agli anglo-americani per sapere quante divisioni avesse il Papa per coinvolgerlo nelle trattative, risuona nella frase rivolta agli ucraini dal presidente americano: “Voi non avete le carte”.
Un’affermazione più da giocatore di poker che da comandante del Risiko come quella di Stalin che fa riferimento più sinistramente al ruolo e al peso strategico e militare dei competitori sullo scacchiere internazionale.
Nel 1953, alla morte di Stalin, Pio XII – che certo non difettava di carattere – si tolse un sassolino dalla scarpa, dichiarando: “Ora Stalin vedrà quante divisioni abbiamo lassù!” Chissà se anche per gli ucraini verrà un “momento Pacelli”?
Vedere le storie
Durante l’incontro nello Studio Ovale, Vance, visibilmente irritato, è intervenuto a sostegno del suo presidente rivolgendosi a Zelensky con queste parole:
In questo momento state reclutando forzatamente i coscritti per mandarli in prima linea perché avete carenza di uomini. Dovreste ringraziare il presidente per i suoi sforzi nel cercare di porre fine a questo conflitto.
A queste parole è seguito questo scambio:
Zelensky: JD, sei mai stato in Ucraina per poter affermare quali problemi abbiamo?
Vance: Ci sono stato—
Zelensky: Vieni almeno una volta.
Vance: In realtà ho visto le STORIE, e so quello che succede...
A JD non serve affatto andare in Ucraina per vedere di persona, ha già visto le STORIE. Ma quali storie? Come?, quelle su Instagram!
Quanto basta
Riflettiamo sulle risorse informative a disposizione del vicepresidente di una potenza come gli Stati Uniti. JD potrebbe consultare 273 missioni diplomatiche americane nel mondo, che costano 10 miliardi di dollari all’anno.
Potrebbe anche sentire, in via più informale, le decine di inviati di guerra americani presenti in Ucraina. Persone che, come ci mostra il film “Urla dal silenzio”, rischiano la vita per portare informazioni accurate al pubblico.
Potrebbe rivolgersi alle proprie agenzie d’intelligence (CIA, NSA, FBI, DIA), il cui budget complessivo supera i 90 miliardi di dollari all’anno. O ancora, potrebbe domandare ai servizi segreti alleati (MI6, DGSE, Mossad e altri).
Potrebbe interpellare Mark Rutte, Segretario generale della NATO, un’alleanza che costa agli Stati Uniti 2,5 miliardi annui. Oppure, senza costi, fare uno squillo ai capi di Stato dei Paesi alleati.
Oppure, meglio ancora, recarsi personalmente sul campo per verificare la situazione e chiedere agli ucraini, con l’autorità che ha, di non fargli fare quel “giro di propaganda” che in genere fanno fare agli europei.
Ma a JD tutto questo insieme di risorse e capitale umano sembra superfluo. Forse perché vi percepisce l’alitare nauseante del Leviatano, quel deep state che ha privato gli americani dello slancio vitale dei primi coloni.
Per lui bastano le “storie” che vede su Instagram, accessibili dal suo iPhone in qualsiasi momento della giornata, senza dover disturbare nessuno. È su queste che fonda il suo giudizio sui problemi dell’Ucraina.
Perché allora, andare a vedere con un costoso viaggio dell’Air Force Two per incontrare della gente per la quale non prova simpatia e che cercano di infinocchiarlo con delle messe in scena?
Gli script
Ora, non è che le storie di Instagram non siano un’importante risorsa di informazione, ma non è detto che contengano “verità” solo perché provengono direttamente dal “popolo” senza intercettazione da parte del deep state.
JD sa che le storie di Instagram possono seguire uno script. E anche chi le vede può essere intrappolato in uno script, in un’interpretazione spesso racchiusa in una camera di risonanza, in uno schema artefatto.
In un quaderno redatto tra il 1885 e il 1887, oggi in “Frammenti postumi”, Nietzsche annotò in polemica con il positivismo: “ci sono soltanto fatti, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni”.
Forse lo stare in una situazione, l’esserci, l’andare a vederla, l’averne un’esperienza diretta potrebbe rappresentare un approccio ragionevole al “fatto in sé”, come sembra suggerire il presidente ucraino allo stizzito JD.
Certo, Kerouac è andato e ha visto. Avrebbe potuto scrivere altrimenti “Sulla strada” con quella verità con cui l’ha scritto? Forse sì, Verne aveva visitato pochi luoghi e anche Frank Herbert non era mai stato su Arrakis.
Forse JD dovrebbe andare a vedere di persona, come gli hanno suggerito gli ucraini, e non è detto che questi ultimi gli organizzino quel “giro di propaganda” che lui teme.
Avrebbe sicuramente la forza e l’autorità di richiedere altro, fosse solo per condividere delle storie autentiche con i suoi 15 milioni di follower su Instagram, senza bisogno di vedere la “vita degli altri”.