COPERTINA
Il servizio di Euronews, l’emittente televisiva multilingue europea con sede a Lione, sull’esposizione “Brasil, Brasil! The Birth of Modernism”. Un movimento artistico che si estende dal 1910 al 1970.
L’esposizione, allestita nelle Main Galleries di Burlington House a Londra e visitabile fino al 21 aprile 2025, è organizzata dalla Royal Academy of Arts. Proviene da Berna, dove è stata presentata presso il Zentrum Paul Klee dal 7 settembre 2024 al 5 gennaio 2025.
L’istituzione inglese aveva ospitato, 80 anni fa, nel 1944, un’esposizione sul modernismo brasiliano della prima generazione, che oggi viene coronata con le opere degli artisti successivi.
Visualizza la selezione di opere effettuata da Jackie Wullschläger, Art Critic del “Financial Times”.
Buon giorno e buon inizio settimana.
Oggi, due mostre. La prima, “Brasil, Brasil!”, non proprio dietro l’angolo, ma raggiungibile; la seconda, “Giacomo Puccini Manifesto” è nel centro dello stivale e ci si può arrivare in treno sia dal Tirreno che dall’Adriatico.
Pur nella loro diversità, entrambe, condividono un’intensità cromatica e una ricca figurazione che mette in luce l’apparentamento stretto tra l’atto pittorico creativo e l’arte grafica applicata a scopo di illustrazione pubblicitaria.
Cominciamo con “Brasil, Brasil! The Birth of Modernism”, in corso a Londra, presso le gallerie della maestosa Burlington House, sede della Royal Academy of Arts, fino al 21 aprile.
Brazil
A proposito di Brasile, ricorre quest’anno il 40° di un film straordinario. Non si può che definirlo “opera unica”. Si tratta di “Brazil” (1985) di Terry Gilliam, un cineasta con la scorza di Buñuel, Fellini, Lynch, Kubrick e Malick.
Nonostante il titolo richiami il Paese verdeoro, il film non ha alcun legame con il Brasile. Ma questo è caratteristico di Gilliam. In origine aveva pensato a un altro titolo: “1984½”, una fusione tra il romanzo di Orwell e “8½” di Fellini.
L’uscita qualche mese prima di “1984” di Michael Radford indusse il regista a ripensare il titolo. La scelta ricadde su una canzone composta da Ary Barroso nel 1939, “Aquarela do Brasil”, nota semplicemente come “Brazil”.
L’immagine di un Brasile quale terra di bellezza, libertà e felicità, suggerita dal testo e dalla melodia della canzone, che, opposta all’atmosfera opprimente del film, definisce lo stato mentale del protagonista.
Agli Oscar di quest’anno concorre anche un film brasiliano con quattro nomination di peso: Miglior sceneggiatura, Miglior film, Miglior film internazionale e Miglior attrice protagonista per Fernanda Torres.
È “Io sono ancora qui” (I’m Still Here), diretto da Walter Salles, distribuito in Italia da 30 gennaio 2025 dopo essersi aggiudicato il premio per la Miglior sceneggiatura al Festival di Venezia.
Il trailer italiano di “Brazil” (1985) di Terry Gilliam, un’opera di straordinaria attualità che affronta i temi della guerra, della disinformazione, del terrorismo, dell’indifferenza e della assuefazione al male fino alla sua accettazione come normalità.
Gratis con pubblicità su Pluto TV (in italiano) e Plex (in lingua originale).
Brasil, Brasil!
L’esposizione “Brasil, Brasil!” non evoca il fragoroso grido che risuona al Maracanã quando c’è la Seleção, bensì ripercorre la vicenda del modernismo brasiliano attraverso 130 opere di dieci suoi protagonisti.
Per chi, come il sottoscritto, si trova nell’impossibilità di visitare la mostra londinese, risulta arduo reperire una documentazione che includa riproduzioni delle opere. Il catalogo dell’esposizione non è acquistabile dall’Italia.
Nonostante sia disponibile su Amazon.de a un costo elevato, il sito della Royal Academy of Arts lo offre a 28 sterline; tuttavia, in fase di acquisto, l’Italia risulta essere l’unico Paese escluso dalle destinazioni di spedizione.
Chi conosce la lingua tedesca può acquistare su Amazon.it (44 euro) l’edizione del catalogo dell’esposizione tenutasi al Zentrum Paul Klee di Berna fino al 5 gennaio scorso, prima del suo trasferimento a Londra.
Tra le scoperte più significative di “Brasil, Brasil!” c’è il ruolo determinante delle artiste donne nel definire i tratti distintivi del modernismo e nel reinterpretare in chiave autoctona l’influenza delle avanguardie europee, quali il cubismo.
Il manifesto antropofago
Come evidenzia Jackie Wullschläger, il cuore dell’esposizione è rappresentato da Tarsila do Amaral, discendente di una famiglia di coltivatori di caffè e artista fondamentale per l’identità afro-brasiliana nell’arte moderna.
Una sua opera, non presente nella mostra londinese, ha ispirato il “Manifesto Antropófago” di Oswald de Andrade, momento cruciale per l’arte brasiliana che, come il Futurismo, esprime la volontà di una rottura radicale.
Il manifesto del 1928 teorizza una cultura brasiliana che “divora” e rielabora le influenze europee in espressioni autenticamente nazionali, attraverso un processo simbolico di “antropofagia culturale”.
Il manifesto ha profondamente segnato l’intero panorama artistico e letterario, influenzando movimenti successivi come il Tropicalismo degli anni Sessanta (con Caetano Veloso e Gilberto Gil) e il Neoconcretismo nelle arti visive.
Accanto a Tarsila do Amaral (1886-1973) a Londra sono esposte opere di Anita Malfatti (1889-1964) e Djanira da Motta e Silva (1914-1979). Su 10 artisti in esposizione 3 sono donne. Quote rosa non per decreto ma per merito.
Nel Brasile c’è indubbiamente qualcosa della società futura. Ma volgiamo ora l’attenzione alla mostra “Giacomo Puccini Manifesto. Pubblicità e illustrazione oltre l’opera lirica”, allestita presso l’ex Cavallerizza a Lucca.
Oltre la musica
Alcuni cartelloni esposti alla mostra di Lucca che ho avuto l'occasione di visitare al contrario di "Brasil, Brasil!". Da sinistra a destra:
Opere di Puccini
Leopoldo Metlicovitz, Manon Lescaut, 1907.
Adolf Hohenstein, Tosca, 1899
Leopoldo Metlicovitz, Madame Butterfly, 1904
Passione di Puccini per i motori
Achille Luciano Mauzan, Isotta Fraschini (posseduta da Puccini), 1925
Jos Rovers, Harley-Davidson (Puccini possedeva un sidecar H-D), 1920-25
Lucca, una “piccola Parigi” come disse Paolina Bonaparte senza il fracasso della capitale francese, dedica al suo figlio più illustre, Giacomo Puccini, una mostra di originale concezione nel centenario della sua morte.
In un appropriato allestimento sono esposti oltre cento manifesti pubblicitari di grandi dimensioni (fino a 3 mt.) provenienti dalla Collezione Salce di Treviso, una delle più prestigiose raccolte di manifesti in Italia.
La cartellonistica pubblicitaria illustrata italiana ha mosso i primi passi proprio con le opere di Puccini, quando la casa editrice musicale Ricordi ruppe con la tradizione ottocentesca della locandina puramente testuale.
La Ricordi istituì a Milano un proprio ufficio grafico, con annessa officina, sotto la direzione artistica di Adolf Hohenstein (1854-1928) e dei triestini Leopoldo Metlicovitz (1855-1944) e Marcello Dudovich (1878-1962).
Milano divenne così il centro della nuova arte grafica pubblicitaria in Italia, che ben presto si estese ad altri settori, quali lo spettacolo, il turismo, il tempo libero, l’industria e il commercio con grandi case che investirono molto.
Quattro atti della cartellonista pubblicitaria italiana
La mostra si sviluppa in quattro sezioni, chiamate “Atti”, che mostrano l’influenza di Puccini tanto sulla cartellonistica dell’opera lirica quanto sul linguaggio pubblicitario nel suo complesso.
Il primo atto raccoglie i manifesti originali delle opere del compositore, dai manifesti storici alle rielaborazioni moderne, presentando opere di artisti che spaziano dal coevo Adolf Hohenstein fino all’attuale Riccardo Guasco.
Il secondo atto approfondisce le collaborazioni di Puccini con prestigiosi artisti e marchi del panorama industriale italiano, mettendo in luce la sua influenza nel mondo dell’arte, dello spettacolo, dei media e degli affari.
Il terzo atto esamina il ruolo di Puccini come testimonial aziendale, analizzando l’impatto della sua personalità e delle sue opere sulla cultura visiva del tempo, nonché sulla figurazione che caratterizzava la pubblicità dell’epoca.
La sezione conclusiva si concentra sul profondo legame di Puccini con il mondo dei motori, sua grande passione. Il maestro possedeva diverse automobili di prestigio, vari motoscafi e motociclette.
Si va dalla leggendaria Isotta Fraschini all’amata Lancia Lambda Cabriolet, dall’Ansaldo ‘PF-1VA’ alla De Dion-Bouton. Appassionato anche di caccia, chiese a Vincenzo Lancia di costruire un fuoristrada, il primo realizzato in Italia.
La modernità di Puccini
Il quadro che emerge da questa originale e coraggiosa mostra è quella di un Puccini pienamente calato nel suo tempo, con tratti che annunciano il nostro mondo contemporaneo.
Sono infatti tratti modernissimi la sua abilità nel creare reti di contatti e influenze, la sua propensione all’innovazione, l’attenzione alla tecnologia, il senso imprenditoriale, il suo prestarsi a testimonial.
La visita alla mostra richiede circa un’ora. Chi arriva in treno può percorrere un tratto delle magnifiche mura per poi scendere nell’ampio giardino del piazzale Verdi (senza offesa per Puccini), dove si trova l’ex Cavallerizza.
Il resto della giornata può essere dedicato a una passeggiata per Lucca, città di olimpica calma e trattenuta maestosità, tra le più affascinanti d’Europa, che fonde in un piccolo spazio tutti gli stili del canone occidentale.