COPERTINA
Dall’alto in senso orario.
Pietro Manzoni, Merda d’artista (1961), Museo del Novecento, Milano anche se la sua collocazione ideale sarebbe San Francisco;
Max Beckmann, Il martirio [di Rosa Luxemburg] (1919), Museum of Modern Art, New York dal portfolio "Hölle" (Inferno), 10 litografie del pittore tedesco;
Dustin Hoffman (Sozzo) e Jon Voigt (Joe Buck), i due senzatetto nella locandina del film del 1969 Un uomo da marciapiede (Prime Video) di John Schlesinger, premiato con l’Oscar;
Max Beckmann, La deposizione di Cristo (1917), Museum of Modern Art, New York. In esposizione alla retrospettiva “Max Beckmann: The Formative Years, 1915-1925” alla Neue Galerie di New York, fino al 15 gennaio 2024;
Joaquin Phoenix in Napoleon (2023, AppleTv a breve) di Ridley Scott. Il Napoleone meno Napoleone visto sul grande schermo.
La mappa delle popò
Ai frequentatori del quartiere di Rifredi a Firenze ci vorrebbe l’applicazione che hanno gli abitanti di San Francisco, cioè la mappa della cacca per terra. Così, almeno, da evitarla andando al treno di sera.
I residenti e i visitatori di Frisco dispongono infatti della “SF poop map”, una mappa interattiva di evacuazioni, in maggior parte di bipedi, effettuate open air e lasciate nelle strade della città californiana.
Dal 2011, da quando esiste il servizio, sono state segnalate dai passanti quasi 120mila cacche abbandonate per strada.
Se n’è parlato anche nel recente faccia a faccia su Fox News tra l’aspirante repubblicano Ron DeSantis e il governatore democratico della California Gavin Newsom, già sindaco di San Francisco.
Il primo ha tirato fuori la mappa delle cacche di San Francisco. Un coup de théâtre che ha suscitato l’inopportuna ilarità del fotogenico Newsom. A detta di DeSantis la città è stata “scandalosamente” ripulita solo per l’incontro tra il “dittatore comunista Xi-Jingping” e Biden. Ed è successo davvero. Ma poi le cacche sono tornate dappertutto.
Di recente nel quartiere centrale di Nob Hills (dove “Nob” sta per nababbo) si è rilevato che l’89% delle strade presenta un qualche residuo escrementale per terra. Al Market ci si ferma al 60%.
San Francisco è la seconda città più ricca del mondo e un posto apicale glielo riserva anche la classifica dei luoghi con il più alto numero di senzatetto. Ci sono, infatti, 887 senzatetto per 100mila abitanti contro i 503 di Washington e i 112 di Londra.
Meglio però di Los Angeles dove se ne contano 1047. Al di là del Bay Bridge, Oakland e Berkley non sono da meno di SF con 1147 la prima e 887 la seconda.
Perché non è possibile eliminare le cacche da queste città rigonfie di dollari? Mica sono d’artista come quella di Pietro Manzoni!
Semplice, il comune non ha i soldi per manutenere dei bagni pubblici. Costa meno far evacuare l’esercito dei barboni per strada.
I mille e un Napoleon
Leggo da qualche parte che ci sono stati oltre mille film sulla figura di Napoleone. Nel 1914, ce n’erano già 180. Forse il meno Napoleone di tutti quelli portati sullo schermo è Il Bonaparte di Ridley Scott, a breve su AppleTV+.
Si poteva fare anche di meglio con il bel gruzzolo investito dalla Apple e il talento di Joaquin Phoenix. Che senso ha poi l’ordine di cannoneggiare le Piramidi, se non quello di far imbufalire i francesi che infatti si sono imbufaliti. Del resto, cosa i transalpini si dovevano aspettare da un regista di Newcastle upon Tyne?
Forse il più bel Napoleon avrebbe potuto essere quello che non si è mai visto perché Stanley Kubrick non ha avuto modo di girarlo. E vedendo quello che ha fatto con Barry Lindon (NowTV) ci sono pochi dubbi che il suo sarebbe stato il migliore, mettendo alle spalle anche il Napoleone di Abel Gance (Chili).
Pure Kubrick era affetto dalla sindrome di Napoleone e aveva raccolto, in modo maniacale e ossessivo, una documentazione impressionante. Alla fine degli anni ’60 aveva anche la sceneggiatura. Il suo Bonaparte avrebbe avuto il volto di David Hemmings, il biondino di Blow-up (NowTV).
Sta di fatto che dopo il fiasco commerciale di Waterloo di Sergei Bondarchuk, che seguiva Guerra e pace il kolossal sovietico di 7 ore e mezzo, gli studios non avevano stomaco per un nuovo progetto “napoleonico” di un autore “faticoso” e costoso come Kubrick. Sia MGM che United Artist non se la sentirono di produrlo.
In un libro di 1000 pagine pubblicato da Taschen, la curatrice Alison Castle, che ha lavorato agli Stanley Kubrick Archives, ha documentato l’immenso lavorio del regista su questo progetto rimasto nel cassetto.
Come premio di consolazione abbiamo avuto, però, lo straordinario Barry Lindon. Va bene anche così. Difficile fare meglio di Barry Lindon, soprattutto nella scelta della colonna sonora.
L’“ironico” Max Beckmann
Non è solo la guerra ad essere atroce,“un inutile massacro e un grande delitto” come ebbe a dire il Presidente Woodrow Wilson che però non voleva dare il voto alle donne e vi fu costretto per via della guerra.
Sono le sue conseguenze ad essere ancor più oscene. Lo ha spiegato bene John Maynard Keynes e prima di lui Norman Angell.
A dare forma e colori a questa verità è il pittore espressionista tedesco Max Beckmann. La Neue Galerie di New York gli dedica una retrospettiva “Max Beckmann: The Formative Years, 1915-1925”, fino al 15 gennaio 2024.
E pensare che Beckmann era andato volontario sul fronte occidentale come avevano fatto i giovani del grande romanzo pacifista di Erich Maria Remarque, lo scrittore dal nome tedesco e dal cognome francese, nato in Bassa Sassonia ma innamorato a tal punto della lingua di Voltaire da preferirla a quella natia.
Max Beckmann era stato mandato nelle Fiandre a servire nel corpo sanitario dell’esercito imperiale tedesco. In quell’infausto autunno del 1914 prese parte alla cruenta battaglia di Ypres. Pochi mesi dopo fu congedato per esaurimento nervoso.
Ypres fu una svolta anche per la sua arte. Prima di quell’evento era stato un pittore figurativo, soprattutto un ritrattista e un paesaggista. Si teneva lontano dalle avanguardie.
Dopo, nella bolgia di Weimar, i suoi quadri iniziarono ad assumere sempre più la figurazione di Hieronymus Bosch, con il grottesco del pittore fiammingo che vira al desolatamente ironico dei dipinti e delle incisioni del tedesco.
Lo è, per esempio, il portafoglio di 10 litografie del 1919 dal titolo “Inferno” (Hölle), parzialmente in mostra a New York.
Qui si può anche vedere Il martirio, una litografia del 2019, dove il corpo inanime di Rosa Luxemburg ha la disposizione simmetrica di quello privo di vita di Cristo nella Deposizione dalla Croce del 1917.
Un accostamento per niente blasfemo.
Grafico della settimana: ricchi e poveri
Il grafico che vi proponiamo è stato elaborato da John Burn-Murdoch, chief data reporter del “Financial Times”. È una rappresentazione molte eloquente e originale della frattura che è andatosi stabilizzandosi nei paesi del benessere tra la fascia top della popolazione e il “popolo degli abissi” come lo chiama Giulio Sapelli.
È confortante, se così si può dire, vedere che l’Italia è un paese con un distacco tra ricchi e poveri meno abissale e una faglia più contenuta a confronto dei paesi più affluenti come gli Stati Uniti, l’Australia, la Svizzera, o la Norvegia.
In Italia solo il 3% delle famiglie rinuncia a un pasto mensile perché manca delle risorse per consumarlo. Negli Stati Uniti a farlo sono il 13% dei nuclei familiari, in Australia l’8% e in Svizzera e Norvegia il 6%.
In questi paesi le entrate mediane delle famiglie appartenenti al top 10% dei nuclei ricchi sono triple o quasi doppie delle famiglie italiane dello stesso top 10%.
Le Miserable.