COPERTINA
Dall’alto in senso orario.
Bobby Charlton grande centravanti del Manchester United. Solo Wayne Rooney ha segnato più goal nei Red Devils. Per la scomparsa di Bobby i tifosi hanno reso un commovente omaggio al campione di stile e gioco in un esauritissimo Old Trafford.
Factory International, la appena inaugurata nuova futuristica e singolare struttura di Manchester, un progetto dall’architetta olandese Ellen van Loon.
Erling Haaland, il giocatore norvegese centravanti e stella del Manchester City. È il calciatore della Premier League ad avere segnato il maggior numero di goal in una stagione.
Javier Milei, il nuovo presidente dell'Argentina, con i suoi mastini copie genetiche del suo cane Conan il Barbaro. In omaggio ai pensatori libertari della scuola austriaca di economia si chiamano Murray (Rothbard), Milton (Friedman), Robert e Lucas (Robert Lucas). Sono i suoi più affidabili e ascoltati consiglieri. Adesso ne avrà bisogno.
Francesca Neri nella parte di Elena in una fotogramma del film del 1997 di Pedro Almodóvar Carne Tremula (Prime Video).
Buongiorno e buon inizio settimana
Oggi un episodio dell'exception culturelle française che tocca un ambito quasi sacro per i transalpini, la “mangeosphère”.
Poi andremo in Argentina dove la comunità Swifties, l’esercito dei e delle seguaci della cantante pop Taylor Swift, hanno messo becco nelle combattute elezioni presidenziali di quel paese, vinte nettamente da Milei.
Infine Manchester, una città della quale, fatta esclusione per il calcio, tendiamo ad avere, errando, un’idea piuttosto deprimente per colpa soprattutto di Friedrich Engels. Invece Manchester è una delle città più vivaci del nostro continente che ha saputo gestire una trasformazione straordinaria.
Essendo su Manchester, impossibile non parlare del Manchester City al quale dedichiamo il grafico della settimana. E lo United? Tornerà!
Buona lettura.
La bistecca e la gauche
C’è una questione che arrovella una parte dell’opinione pubblica francese. Questa: “mangiare carne è di sinistra?”. L’anno passato il quesito esistenziale ad accendere il discorso politico sulla “mangeosphère”, termine coniato da “Le Monde”, era il barbecue.
Girare salsicce e buttare sulla griglia bistecche a torso nudo con una lattina o un bicchiere in mano è un atto ideografico della mascolinità? Certamente!, secondo Sandrine Rousseau, parlamentare di Europe Ecologie Les Verts. La Rousseau si dice convinta che “la mascolinità è costruita sulla carne”.
Il nome alle volte non mente. Il filosofo Jean-Jacques Rousseau, come si evince dall’Émile, era vegetariano e aborriva nutrirsi di carne.
Sta di fatto che, oggi, la carne rossa contribuisce per il 14% alle emissioni di carbonio, e pertanto, seguendo il discorso della parlamentare, colpire il patriarcato nelle sue manifestazioni e consuetudini dà una mano a pulire l’ambiente oltreché la società civile.
In effetti una statistica mostra che i maschi francesi consumano il 59% di carne rossa in più delle donne. Succede altresì che il popolo francese ne sia un super consumatore, ben sopra la media europea dei 500 grammi alla settimana.
Pertanto il dibattito transalpino non è poi così ozioso. L’allevamento in Francia è un settore importantissimo anche sul piano identitario ed è portatore delle grandi tradizioni rurali del paese, un vero e proprio sistema culturale.
Alla Rousseau ha subito replicato Fabien Roussel, segretario del partito comunista con queste parole: “Il consumo di carne dipende da ciò che si ha nel portafoglio, non da quello che si ha nelle mutande”. Che poteva dire di diverso un seguace di Marx?
Se la gauche è divisa sull’argomento, la droit ha le idee chiare. Secondo un esponente del Rassemblement National il maggior appetito degli uomini verso la carne non è ”virilità, ma natura”. E che si può fare contro la natura?
Swifties e K-poppers scendono in politica
Nelle elezioni presidenziali in Argentina il voto giovanile ha avuto un ruolo fondamentale. Infatti gli elettori sotto i 29 anni sono il 27% del corpo elettorale argentino.
Nel ballottaggio finale di ieri (la Costituzione argentina ne prevede tre) il candidato libertario Javier Milei ha riportato un successo netto su quello peronista, Sergio Massa, rimasto distaccato di 10 punti.
Nelle ultime tornate della campagna elettorale, però, Milei aveva avuto un problema proprio con il voto giovanile, per lui fondamentale. Milei era arrivato al ballottaggio grazie al sostegno dei giovani elettori e le elezioni si annunciavano sul filo di lana.
Contro Milei si era apertamente schierata la comunità dei e delle fan di Taylor Swift (Swifties) e quella della k-pop band coreana dei BTS.
La scorsa settimana Taylor Swift ha tenuto tre concerti oceanici a Buenos Aires allo Estadio River Plate. I media argentini hanno riferito che durante il concerto sono stati visti dei cartelli rosa con la scritta “Swifties non votano per Milei”. Altri dicevano “Milei=Trump”.
Ad esibire questi cartelli è stato il comitato Swifties Against “Freedom Advances”, che è il nome del partito di Milei.
Uno dei portavoce ha dichiarato: “La parte giusta della storia non è l’estrema destra di Milei”. Sulle stesse posizioni erano i fan della band coreana BTS, detti “Esercito BTS”, presi di mira per il loro comportamento dalla vice di Milei, Victoria Villarruel.
Perché la comunità Swifties si è schierata? Nel 2018 Taylor Swift si era detta “sconvolta e terrorizzata” dalle idee di Marsha Blackburn, la candidata al Senato del Tennessie (lo stato di Taylor), appoggiata da Trump.
Nel 2020 in Miss Americana, un documentario Netflix, la superstar aveva detto di volersi opporre a Trump per “stare dalla parte giusta della storia” malgrado i rischi per la sua sicurezza e la sua carriera.
Queste prese di posizione della cantante hanno echeggiato nella campagna presidenziale argentina portando la comunità Swifties e k-poppers a identificare le posizioni sull’aborto, le armi, la sanità del duo Blackburn-Trump con quelle di Milei-Villarruel. Adesso però c’è Milei per il cruccio degli e delle Swifties.
Manchester, il ritorno della Factory
Recentemente è scomparso Bobby Charlton, il grande numero 9 del Manchester United e della Nazionale inglese campione del mondo nel 1966. Charlton, appena 21enne, era sopravvissuto a uno spaventoso incidente aereo nel 1958 a Monaco di Baviera che aveva coinvolto la squadra di Manchester.
Quell’episodio lo aveva segnato e in campo era un vero gentleman, un nobile, un esempio di dignità e fair play.
Ora c’è il Manchester City a macinare risultati, fan e profitti (vedi grafico) e l’United è un po’ rimasto indietro pur essendo la squadra con il maggiori numero di tifosi nel mondo.
Manchester non è solo una capitale del calcio, è anche un santuario del rock. Mai sentito parlare di questi gruppi: Joy Division, New Order, The Smiths, Buzzcocks, Oasis, The Stone Roses, The 1975?
Sono tutti di Manchester per non parlare dell’etichetta rivoluzionaria Factory Records di Tony Wilson e Alan Erasmus che vediamo nel film 24 Hour Party People (YouTube)
Oggi Manchester è una città vibrante, sofisticata, tecnologica ben diversa da quella di cui si legge ne La classe operaia in Inghilterra di Friedrich Engels.
Le vestigia di quell’epoca industriale della città sono tutt’oggi visibili in un impasto con le nuove e avveniristiche strutture come l’appena inaugurata Factory International (rinominata Aviva Studios) che è un omaggio alla storica etichetta musicale e al connesso club.
Un investimento di circa 350 milioni di euro ha dato vita un edificio dalla forma difficilmente definibile. Si direbbe un origamo. È il maggiore investimento, parzialmente finanziato con la National Lottery, del Regno Unito dopo la Tate Modern.
L’architetta olandese Ellen van Loon, che l’ha progettato, ha detto di essersi ispirata all’architettura industriale, quella dei capannoni di latta adibiti a magazzini e resede e poi ritrovi per rave e squat.
Anche negli interni questa impronta tipica di Manchester si coglie negli spazi pubblici e nell’auditorio da 5mila posti. Bello l’intento do voler sottrarre un quartiere dall’omologazione della gentrificazione con un centro che affonda le radici nella storia della città. Le cosiddette città del Natale dovrebbero studiare bene questo concetto.
Il grafico della settimana: la money machine del Manchester City
Il genere i club calcistici sono voragini di denaro. Non però il Manchester City.
La squadra, di proprietà dello sceicco degli Emirati Arabi Mansour bin Zayed al-Nahyan, è al vertice del calcio mondiale da svariati anni. Difficile stare a quel livello e far quadrare i bilanci.
Ebbene il City ci riesce per la sua capacità di vendere e acquistare giocatori con un margine significativo. Nello scorso decennio, la squadra ha guadagnato quasi mezzo miliardo di sterline da queste transazioni. Questo grafico lo mostra molto bene.