Caldo rovente
Se l’estate del 1954 a New York non fosse stata così torrida questa storia non si sarebbe potuta raccontare. La vicenda si svolge proprio in piena canicola in un condominio di 31 appartamenti nel Greenwich Village.
“Quello non è il Village. Si vede che non c’è mai stato!”, sono subito insorti i critici americani. È vero, sembra più Londra. Ma questi critici hanno mancato il punto. “Rear Window” è cinema, grande cinema.
In effetti lo scenario fu completamente ricostruito negli studios della Paramount per consentire ad Alfred Hitchcock di avere un controllo totale sugli elementi visivi e tecnici del film.
Se non fosse stata estate, Lars Thorwald (interpretato da Raymond Burr/Perry Mason) avrebbe potuto uscire indenne dalla sua mostruosa azione, che Alfred Hitchcock riesce a stemperare con la sua inimitabile ironia.
Stiamo parlando del film “La finestra sul cortile”, che compie 70 anni. La pellicola è stata restaurata nel 1997. Al restauro ha contribuito anche la figlia di Hitchcock, Patricia, accreditata nei titoli di coda.
Il punto di osservazione
Il film è una sola immensa scenografia con un unico punto di vista, quello del protagonista. Questa è la geniale invenzione del regista che intrappola lo spettatore per quasi due ore nell’appartamento di James Stewart (Jeff).
Tutto il film è una enciclopedia d’invenzioni sceniche: dall’apertura con le tapparelle della finestra che si aprono sul cortile fino alla scena di chiusura con la tenda che si abbassa trascinando il logo Paramount.
È anche una metafora del cinema. La finestra di Jeff è lo schermo attraverso il quale lo spettatore entra in un labirinto di microstorie che richiamano tanti generi del cinema e stati della condizione umana.
Per non parlare degli abiti indossati da Lisa, il personaggio interpretato da Grace Kelly e del suo intuito. Sembra “leggera” come Marilyn Monroe e invece ha uno spessore formidabile nella sua levità.
Qui c’è già il bozzolo del #MeToo. E che dire della scena nella quale Lisa, appena Jeff si appisola, mette via il librone sull’Himalaya per sfogliare “Bazar”? Eccezionale! In questa sequenza c’è l’Hitchcock col corvo sul sigaro.
Durante la proiezione si potrà anche constatare quanto era grosso, già nel 1954, l’elenco telefonico di New York. Quasi ogni appartamento aveva un telefono, tant’è che diventa il medium della scena clou del film.
Hitchcock e Antonioni
Gli stili dei due registi sono molto diversi. Il primo lavora in spazi chiusi e corti dove il tempo è strizzato per aumentare la suspence, il secondo in spazi ampi e lunghi. l’uno tende ad afferrare lo spettatore, l’altro a staccarlo.
La nevrosi in Antonioni si dispiega in ambienti urbani spettrali dove il male di vivere diventa la storia. In Hitchcock la nevrosi è nella tensione psicologica e nell’azione. Il primo modo è esistenziale, il secondo è narrativo.
Eppure ci sono affinità esplicite: il “c’è stato o non c’è stato?” di “Blow-up” e di “La finestra sul cortile”, la realtà mediata dall’obiettivo per il cui tramite il fatto entra, ingannevolmente?, nel campo visivo.
Forse aveva proprio ragione Nietzsche a dire “no, i fatti proprio non esistono, bensì esistono solo interpretazioni. Nessun fatto ‘in sé’ è constatabile; sono constatabili solo fatti interpretati".
Affinità vi sono pure nello scambio di persona in “Intrigo internazionale” e in “Professione reporter”, nel volo del biplano killer di “Intrigo” e nel sorvolo del Piper hippy sulla Death Valley in “Zabriskie Point”.
E poi ancora il salto nel vuoto di “Vertigo” e quello de “Il grido”, l’angoscia interiore di Giuliana nella nebbia rugginosa del porto di Ravenna in “Deserto rosso” e l’angoscia urlata di Melania ne “Gli uccelli”.
Ma anche, forse frutto più della mia passione per questi due registi che altro, la fuga in auto di Marion da una vita ordinaria in “Psycho” e la corsa in taxi di Lidia (Jean Moreau) via da una Milano algida e oppressiva ne “La notte”.
Truffaut e Hitchcock
Per celebrare i 70 anni di La finestra sul cortile, vorrei proporvi alcuni estratti della conversazione tra Truffaut e Hitchcock tratta da Il cinema secondo Hitchcock.
Il francese è stato il primo a prendere sul serio il regista d’oltremanica. Era rimasto esterrefatto dalla poca considerazione che il cinema di Hitchcock riceveva dalla critica americana ed europea.
Tant’è che, effettivamente, non ha mai vinto un Oscar, se non quello alla carriera. “La finestra sul cortile” ricevette quattro candidature, ma alcun premio. Un Oscar andò a Grace Kelly ma per un altro film.
Al contrario Truffaut e tutto il gruppo del “Cahiers du Cinéma” ammirava Hitchcock e lo collocava sull’altare dell’arte cinematografica insieme a Jean Renoir. A questo proposito scrive Truffaut nel libro sopra citato:
I suoi film, realizzati con un’accuratezza straordinaria, una passione esclusiva, un’emotività estrema dissimulata da una non comune maestria tecnica, continueranno a essere proiettati, diffusi in tutto il mondo.
sfidando l’usura del tempo potranno competere con le nuove produzioni, quasi a verificare l’immagine di Jean Cocteau a proposito di Proust: “La sua opera continuava a vivere come gli orologi al polso dei soldati morti”.
È proprio quello che è accaduto. Ben 4 film di Hitchcock sono stati inseriti dall’American Film Institute tra i 100 migliori film di tutti i tempi. Solo Spielberg ne ha più di lui.
Adesso vi lascio ad alcuni rapidi passi della conversazione tra i due, una candelina sulla torta del 70esimo del film che NowTV e SkyCinema rende disponibile insieme ad altri capolavori di Hitch.
Su Truffaut ed Hitchcock è da vedere anche il documentario “Hitchcock/Truffaut” del regista francese Olivier Assayas (Prime Video), che non fa mistero dell’influenza avuta sul suo cinema dai due registi.
Buon compleanno a “Finestra sul Cortle”! Anche a “Marnie” che compie 60 anni.
Il linguaggio del cinema
La fabbrica delle immagini
François Truffaut (F.T.): Immagino che all’inizio tu sia stato tentato prima di tutto dalla scommessa tecnica, dalla sfida. Una sola immensa scenografia e tutto il film visto attraverso gli occhi dello stesso personaggio…
Alfred Hitchcock (A.H.): Proprio così, perché in questo caso non c’era la possibilità di fare un film puramente cinematografico. Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte mostra ciò che vede e la terza la sua reazione. Questa successione rappresenta quella che conosciamo come la più pura espressione dell’idea cinematografica. […]
Prendiamo ora un primissimo piano di James Stewart. Egli guarda dalla finestra e vede, per esempio, un cagnolino, che viene fatto calare nel cortile dentro un cesto; torniamo a Stewart: sorride. Ora, al posto del cagnolino che scende nel cesto, si mostra una ragazza nuda davanti alla finestra aperta; si inserisce lo stesso primissimo piano di James Stewart che sorride e ora è un vecchio sporcaccione!
F.T.: All’inizio, il tuo interesse era soltanto tecnico, ma credo che lavorando sul soggetto tu abbia reso la storia più importante; infine, quello che si vede dall’altra parte del cortile è diventata, più o meno coscientemente, un’immagine del mondo.
A.H.: Dall’altra parte del cortile, si sviluppa ogni possibile comportamento umano, un piccolo catalogo dell’umanità. Bisognava assolutamente che fosse così, altrimenti il film sarebbe stato privo di interesse. Quello che si vede sul muro del cortile, è tutta una serie di piccole storie.
Immagini e parole
F.T.: La tecnica narrativa del film è eccellente. Si parte sul cortile addormentato, si passa sul viso di James Stewart che suda, sulla sua gamba ingessata, poi su un tavolo dove si vede la macchina fotografica rotta e una pila di riviste; sul muro, si vedono delle foto di automobili da corsa che si capovolgono. Solo in base a questo primo movimento della macchina da presa veniamo a sapere dove siamo, chi è il personaggio, qual è il suo mestiere e quello che gli è capitato.
A.H.: È l’utilizzazione dei mezzi offerti al cinema per raccontare una storia. Mi interessa di più che se qualcuno avesse chiesto a Stewart: «Come ti sei rotto la gamba?» e Stewart avesse risposto: «Facevo una fotografia di una corsa automobilistica, una ruota si è staccata e mi è arrivata addosso». Non è così? Questa sarebbe la scena banale. Per me, il peccato capitale di uno sceneggiatore consiste, quando si discute una difficoltà, nell’evitare il problema dicendo: «Spiegeheremo questa cosa con una riga di dialogo». Il dialogo deve essere un rumore in mezzo agli altri, un rumore che esce dalla bocca e dai personaggi le cui azioni e sguardi raccontano una storia costruita attraverso immagini.
Il bacio
F.T.: Ho notato che eviti spesso il preludio nelle scene d’amore. Qui, James Stewart è solo in casa e, improvvisamente, il viso di Grace Kelly entra nel quadro e inizia la serie di baci. Qual è la ragione?
A.H.: È il desiderio di arrivare immediatamente al centro della questione e di non perdere tempo. Qui è il bacio-sorpresa. In altri casi, ci sarà forse il bacio-suspense e sarà completamente diverso.
F.T.: Ne “La finestra sul cortile” e anche in “Caccia al ladro” il bacio è truccato. Non il bacio in sé, ma l’avvicinarsi dei volti. Avviene a scosse, come se, in laboratorio, si fosse raddoppiata una immagine su due.
A.H.: Non sono assolutamente dei trucchi, sono delle pulsazioni che si ottengono facendo vibrare il Dolly o gli attori. C’è un effetto che non ho girato ne “Gli Uccelli”; in una scena d’amore volevo far vedere le due teste separate che stanno per unirsi. Volevo fare delle panoramiche ultra-rapide da un volto all’altro muovendo velocemente la macchina da presa. Come si dice?
F.T.: Una filata [in italiano].
A.H.: Era una filata da un volto all’altro, ma via via che i volti si avvicinavano, la filata diminuisce fino a fare solo una piccolissima vibrazione. Bisognerà che provi una volta o l’altra questa tecnica.
Da: François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Il Saggiatore, Edizione del Kindle.
Il bacio è una costante nei film di Alfred Hitchcock, perché, come afferma Truffaut, tutti i suoi film sono film d’amore. La splendida clip realizzato dal videomaker James Dove, che raccoglie numerose sequenze di baci nei film del celebre regista, ne è una prova tangibile. L’accompagnamento musicale del video, “Tema d’amore per Nata” composto da Ennio Morricone per "Nuovo Cinema Paradiso", rende il tutto ancora più efficace per capire la grande arte di Alfred Hitchcock.
Buona visione de “La finestra sul cortile” su NowTV/SkyCinema.
"Il dialogo deve essere un rumore in mezzo agli altri, un rumore che esce dalla bocca e dai personaggi le cui azioni e sguardi raccontano una storia costruita attraverso immagini." Che bellezza questa definizione di cinema di Hitch!