❇ 3° episodio della serie “4 bestseller italiani”.
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De Amicis: il grande Cuore degli italiani
Carlo Collodi: il trasgressore
Da Verona-Pitigrilli: l’Italia dei “telefoni bianchi”
Copertina
In basso nei tondi: a sinistra Daniele Da Verona e a destra Pitigrilli, i due scrittori di maggiore successo in Italia tra le due guerre mondiali. Al centro: tre grandi interpreti del coevo cinema dei telefoni bianchi. A sinistra Alida Valli, la fascinosa e misteriosa femme fatale del cinema dell’epoca. Al centro Rossano Brazzi, l’attore italiano più conosciuto ad Hollywood. Ha recitato da protagonista accanto alle grandi star della capitale del cinema. A destra Clara Calamai la prima attrice ad aver scoperto il seno in un film. La ricorderemo come la straordinaria interprete, insieme a Massimo Girotti, di Ossessione (Prime Video) di Luchino Visconti, il film che ha dato una svolta al cinema italiano. Nella lunetta in alto: a sinistra la copertina del romanzo di Guido Da Verona Lettere d’amore alle sartine d’Italia (1924) e a destra Cocaina (1927) il romanzo di Pitigrilli.
Buongiorno e buon fine settimana
Nei due precedenti episodi il nostro Michele Giocondi ci ha portato nel mondo di una coppia di scrittori, De Amicis e Collodi, che, con Pinocchio (1881) e Cuore (1883) sono entrati nelle case di milioni di famiglie, allora che si potevano finalmente dire italiani.
All’inseguimento di un pubblico
Oggi vi presentiamo due scrittori che, raccogliendo il testimone della coppia post-risorgimentale, domineranno per un ventennio la bestseller list dei libri più venduti in Italia: il milanese Guido da Verona (nato emiliano) e il torinese Dino Segre, noto col nome d’arte di Pitigrilli.
Nel lavoro di questi due scrittori si possono già riscontrare i connotati del professionista moderno e anche alcuni tratti della nascente industria culturale. C’è infatti la ricerca e l’individuazione di un pubblico di riferimento preciso, la serialità e la frequenza delle uscite, l’attenzione a un prodotto che possa incontrare i gusti e le aspettative di un pubblico di massa.
Inizia anche a fare i primi passi la letteratura di genere che oggi costituisce quasi il 90% di tutta la produzione editoriale nel campo della fiction.
Da Verona-Pitigrilli, chi?
Guido Da Verona e Pitigrilli sono due narratori oggi praticamente sconosciuti al vasto pubblico. Un secolo fa, però, i due si dividevano i favori dei lettori. E in che quantità!
Negli anni Venti e Trenta del Novecento, con i loro romanzi, scalavano le classifiche dei bestseller e riempivano le vetrine dei librai come non era mai avvenuto in precedenza, se si esclude, ovviamente, il duo Collodi-De Amicis. Erano insomma degli scrittori dal successo strepitoso.
Ebbene, anche in loro si noterà quel gioco di specchi che compare talvolta fra gli scrittori e gli artisti in generale, nel quale alla fine ognuno si rivela l’esatto contrario di quello che si credeva comunemente.
Giocondi racconterà questo gioco di specchi nel prossimo post, perché prima è necessario fare la conoscenza questi due scrittori, essendo ignoti alla gran massa dei lettori di oggi.
Guido Da Verona, il D’Annunzio della piccola borghesia
di Michele Giocondi
I romanzi
Il primo, Guido Da Verona nasce nel 1881. All’inizio del nuovo secolo comincia a comporre dei libri che ottengono subito uno straordinario successo di pubblico.
Fra i vari titoli si ricordano in particolare Immortaliamo la vita, L’amore che torna, Colei che non si deve amare, La vita comincia domani, Mimì Bluette fiore del mio giardino, Sciogli la treccia Maria Maddalena, Lettera d’amore alle sartine d’Italia, e molti altri ancora.
Il loro successo è senza pari. Sono tutti libri da decine e, col passare degli anni, da centinaia di migliaia di copie ciascuno, che fanno dell’autore l’indiscusso beniamino del pubblico.
Le ragioni di un successo sorprendente
Da Verona parte dai temi e dai motivi del dannunzianesimo allora imperante, un successo sicuramente vasto, ma riferito agli strati alti della popolazione. I miti, così come i personaggi dei romanzi di D’Annunzio, si muovono su un terreno troppo elevato per la massa dei lettori comuni.
Da Verona cosa fa allora? Adatta quelle tematiche, quelle vicende, quei miti per il pubblico piccolo borghese, che finalmente può ritrovarsi appieno nei protagonisti, nelle vicende, nei percorsi esistenziali di quei personaggi. E infatti i suoi romanzi vendono molte volte di più di quelli dannunziani, i maggiori anche 7, 8, 10 volte di più.
Da Verona diventa in tal modo l’autore più in linea con i valori del momento, lo scrittore che ama la bella vita, che si circonda di belle donne e di quanto di più desiderabile un lettore piccolo borghese possa sognare a quei tempi.
Rappresenta sotto sotto il modello cui tutti aspirano segretamente. E in tal modo crea un suo stile personale.
I rapporti con il mondo della politica
Nessun problema da un punto di vista politico, anzi quasi quasi Da Verona fa comodo al regime che governa allora il paese, in quanto è una figura che incanala le aspettative e le attese della gente non nella direzione di una critica politica, né verso un cambiamento sociale profondo, ma verso i sogni più intimi e segreti della piccola borghesia.
Questi consistono infatti solo nel raggiungimento di un benessere materiale tutto esteriore, fatto di agiatezza, se non addirittura di ricchezza personale, di oggetti alla moda, di articoli di lusso, di abiti e accessori sgargianti, di bei gioielli.
Sintomatica a tale proposito la figura di uno dei suoi personaggi più esemplari, lord Pepe, che ha nel guardaroba qualcosa come 200 cravatte, senza contare tutto il resto.
Per non parlare poi delle storie d’amore, che vivono queste figure: storie romantiche e avvincenti sì, ma con quel qualcosa in più di stampo dannunziano adattato per i lettori comuni. Un D’Annunzio ridotto alla portata piccolo-borghese, il “D’Annunzio delle dattilografe e delle manicure”, come Da Verona sarà definito in seguito da un critico influente, Adriano Tilgher.
Col regime, quindi, nessun problema, anzi ce ne fossero di scrittori così, pensa la cerchia intorno al duce. E poi il romanziere si è iscritto al partito fascista nel 1925. Ha conosciuto personalmente Mussolini fin dal 1918, e si è sempre dichiarato suo sincero ammiratore e sostenitore.
Firma anche il manifesto degli intellettuali fascisti, in contrapposizione a quello degli antifascisti di Benedetto Croce. Nessuno scrittore di successo ha le carte in regola come lui anche da un punto di vista politico.
Pitigrilli
di Michele Giocondi
Lo scandalo che vende
Pitigrilli è più giovane di Da Verona di una diecina di anni, essendo nato nel 1893. Nel 1920 esplode inaspettata e dirompente la sua fortuna editoriale, con titoli come Mammiferi di lusso, La cintura di castità, Cocaina, Oltraggio al pudore, La vergine a 18 carati, I vegetariani dell’amore, Dolicocefala bionda e altri ancora.
Sono libri che raggiungono subito le vette del mercato editoriale e si affiancano, talvolta anche superandoli, ai principali best seller di Da Verona. Sono loro due, insomma, i beniamini del pubblico per tutti gli anni Venti.
Come si può intuire dai titoli, Pitigrilli è uno scrittore scandaloso, ai limiti della pornografia, quella di allora ovviamente, che oggi farebbe forse sorridere le educande di un istituto religioso. Ma un secolo fa è davvero ritenuto un autore molto spinto, tanto che dovrà anche affrontare un processo per oltraggio al pudore, e avrà altri guai con la giustizia.
Letto di nascosto
È uno scrittore fuori dalle regole, delle quali lui si prende beffardamente gioco, ma all’epoca non c’è chi, fra i maschi ma specialmente fra le femmine, non stia leggendo, magari di nascosto, un suo libro.
Uno scrittore trasgressivo che gioca sul filo di rasoio della legalità e che si attira, infischiandosene, i fulmini e le acrimonie della classe benpensante, anche per le vicende e gli amorazzi pubblici che intrattiene, come quello con Amalia Guglielminetti, scrittrice ben conosciuta dai lettori.
Da Verona rispetto a lui appare molto più rassicurante per il regime fascista. Ha nelle sue corde anche lui motivi di trasgressione e di scandalo, ma sono niente rispetto a quelli di Pitigrilli.
E poi, tutto sommato, ha l’ombrello di D’Annunzio sotto il quale ripararsi, per non parlare di quello di Mussolini, anche se al momento non ne ha bisogno.