COPERTINA
1) 5 degli 11 ritratti di leader africani esposti al Musée du Quai Branly, Parigi, dipinti dall’artista afroamericano Kehinde Wiley. Da sinistra: Nana Akufo-Addo, presidente del Ghana; Félix Tshisekedi, presidente della Repubblica democratica del Congo; Obasanjo, ex-presidente della Nigeria; Hery Rajaonarimampianina, ex-presidente del Madagascar; Macky Sall, presidente del Senega.
2) 5 degli 8 ritratti di “Uomini d'arme di casa Visconti-Panigarola” affreschi di Donato Bramante (1440-1514), oggi staccati ed esposti alla Pinacoteca di Brera a Milano.
3) 5 dei 9 ritratti di “Uomini e donne illustri” affrescati da Andrea del Castagno (1421-1457) alla Villa Carducci di Legnaia, oggi al Museo degli Uffizi. Da sinistra: Farinata degli Uberti; la Regina Tomiri; Pippo Spano, la Sibila Cumana; Niccolò Acciaiuoli.
4) 5 dei 50 dipinti di Frans Hals (1582-1666) esposti alla National Gallery di Londra nell’ambito della mostra “Frans Hals”. Da sinistra: Nicolaes Pietersz Duyst van Voorhout; Isaac Abrahamsz Massa; Ritratto di uomo con cappello a cilindro; Malle Babbe; Il suonatore di Liuto.
5) 4 maschere di John Malkovich fotografate da Sandro Miller in “Homage to Photographic Master”, da una mostra a Palazzo delle Stelline a Milano del 2021. Da sinistra: Arthur Sasse, Albert Einstein sticking out his tongue, 1957; Dorothea Lange, Migrant Mother, California, 1936; William Klein, Smoke and Veil, Paris, Vogue, 1958; Irving Penn, Picasso, Cannes, 1957.
10 regolette basilari per leggere un dipinto
Liberamente adattato da: Patrick Bringley, Tutta la bellezza del mondo. Le avventure di un custode di museo, Solferino, 2023, ebook 12,99€.
[0] Ora sei di fronte al dipinto: [1] Metti l’iPhone in modalità aereo e fai tabula rasa del tuo cervello; [2] Prima guarda i dettagli e poi guarda l’intero; [3] Non giudicare o decidere che cosa sia bello o brutto, non è questo il punto; [4] Piuttosto decidi se ti dice qualcosa e che cosa ti dice; [5] Prendi il tempo che serve, isolati e concentrati; [6] Procedi con il dipinto adiacente e con gli altri per popolare la mente; [7] Poi ritorna al dipinto dal quale hai iniziato e ricomincia; [8] Soprattutto continua a tornare anche nei giorni successivi; [9] Trova una illustrazione che ti ha colpito e prendila (es. stampa); [10] Metti la stampa su un leggio o appendila vicino alla porta d’ingresso e guardala quando entri ed esci di casa.
Buongiorno e buon inizio settimana.
Prima di tutto due notizie che mi rattristano un po’. Provengono dall’altra parte del mondo, l’unica di cui si può ancora parlare per non tacere. Mi rattristano non tanto per il loro risvolto politico, ma per il loro significato generale.
Poi parliamo dei ritratti della copertina.
Down-under
Gli australiani (i down-under) hanno respinto con un referendum dall’esito troppo evidente (60% no, 40% sì, i no in netta maggioranza in tutti e 6 gli stati) l’istituzione di Voice, l’organo costituzionale consultivo del parlamento di Canberra rappresentativo del First people, le popolazioni che noi conosciamo come aborigeni.
Una battuta d’arresto anche per il premier Anthony Albanese che, “coraggiosamente ma con un errore di valutazione” (come scrive il quotidiano di Sidney), si era speso molto per Voice. Albanese va a fare compagnia a David Cameron e il nostro Renzi.
C’è di che riflettere: su 45 referendum in Australia solo quattro hanno vinto, cioè superato il 50% dei voti a livello nazionale e in almeno quattro dei sei stati.
Spiace questo esito, perché si potrebbe tornare all’afonia delle popolazioni native del subcontinente australiano che sono state prevaricate e marginalizzate all’interno di una giovane e convinta democrazia come quella australiana fondata da persone a loro volta prevaricate e deportate.
A tre ore di volo da Sidney c’è Wellington in Nuova Zelanda. Oggi il partito dell’ex primo ministro Jacinda Arden non ha più la maggioranza nel Beehive (il parlamento unicamerale) della capitale di Aotearoa-Nuova Zelanda.
Le elezioni politiche di sabato scorso hanno decretato il netto successo del National Party e la nuova maggioranza di governo conservatrice metterà definitivamente la parola “the end” all’esperienza della prima ministra Jacinda che tutti i paesi del mondo avrebbero voluto avere durante la pandemia del Covid e che ha mostrato un’empatia difficilmente vista nelle persone al vertice di uno Stato.
Laburisti, verdi e il partito maori non hanno raggiunto tutti insieme il 40%. Una bella batosta, forse troppo dura, per quello che ha fatto il Labour al governo. È l’economia che li ha sconfitti.
“You are the Voice”, il brano di John Farhnam che è diventato l’inno del “sì” al Referendum costituzionale australiano.
Zombie
Gli All Blacks, la nazionale di rugby della Nuova Zelanda nonché squadra più iconica dello sport mondiale, si è qualificata per la semifinale della Coppa del mondo di Rugby battendo l’Irlanda (28-24) in un tiratissimo match allo Stade de France a Parigi.
Dispiace moltissimo per l’Irlanda la cui nazionale include giocatori e rappresenta le due Irlande, l’Eire e l’Irlanda del Nord (un po’ la ex-Palestina d’Europa).
I tifosi delle due comunità stavano impazzendo per la nazionale unificata che sembrava imbattibile. In ogni partita cantano a squarciagola “Zombie” un inno comune non ufficiale. Quello ufficiale “Plain Ireland” non è ancora pronto. Zombie è un singolo del gruppo musicale irlandese The Cranberries, pubblicato il 12 settembre 1994.
È molto significativo il fatto che i tifosi delle due parti cantino indistintamente i versi di Zombie, un testo che esprime disgusto per un attentato dell’IRA in suolo inglese, a Warrington nel Chishire, 32 km da Manchester e 32 da Liverpool. Nell’attentato compiuto nel nome dell’Irlanda rimasero uccisi due bambini di 3 e 12 anni.
Si vede che sta crescendo il bisogno di un'Irlanda riunita o “nuova”. il Sinn Féin, un tempo il braccio politico dell’IRA che ha condotto una guerra lunga tre decenni per porre fine al dominio britannico nell’Irlanda del Nord, è il partito più votato nel nord e nel sud del Paese.
Anche grazie al disastro della Brexit, Il Sinn Féin potrebbe davvero portare gli irlandesi, sia cattolici che protestanti, in una nuova Irlanda.
Pertanto, ”Daje Irlanda!” Più di ogni altro Paese aveva bisogno di questa coppa. Sarà per la prossima edizione, in Australia nel 2027.
I tifosi dell’Irlanda allo Stade de France cantano Zombie durante il match vinto dall’Irlanda contro la Scozia
Ritratti potenti
In ogni tempo c’è un Jacques-Louis David a ritrarre coi pennelli su una grande tela e con una certa pompa la persona illustre alla testa della nazione.
Se si deve parlare, però, di ritratti di persone illustri penso che resti insuperata la seria degli “Uomini d’arme”, gli otto affreschi a grandezza naturale di Donato Bramante esposti in uno dei musei più belli del mondo, la Pinacoteca di Brera a Milano.
A questo punto come non si fa a ricordare anche il ciclo degli “Uomini e donne illustri” dipinti, anch’essi a grandezza naturale, da Andrea del Castagno per la Villa Carducci di Legnaia e oggi agli Uffizi.
L’artista contemporaneo che ci fa venire alla mente queste imprese pittoriche è l’afroamericano Kehinde Wiley, già chiamato da Obama per il suo ritratto da consegnare alla storia.
In questi giorni a Parigi, al Musée du Quai Branly, Wiley, espone fino al 24 gennaio 2023, 11 coloratissimi ritratti di capi di stato africani sotto il titolo “maze of power” (labirinto di potere).
Si tratta di un progetto al quale il pittore sta lavorando da 12 anni. Ha girato in lungo e in largo l’Africa per trovare il modo corretto di rappresentarne la classe dirigente.
Da questo lavoro di Sisifo prende forma l’assoluta originalità figurativa di Wiley che esprime la varietà, l’opulenza, la sontuosità e anche l’orgoglio dell’Africa.
Una esibizione di potenza, quella dei suoi leader, resa con colori vivaci, ambientazioni ricercate, manierate la cui visione è come un sogno che si svolge nella foresta pluviale.
“Sono andato lì – dice il pittore – per trovare il senso del luogo, del tempo, della cultura… Ogni luogo ha il suo”. E Kehinde Wiley ha indubbiamente reso da maestro quel senso dell’Africa.
Frans Hals e Aby Warburg
Due bellissime mostre, in due bellissime città, in due bellissimi musei. La prima, “Frans Hals”, è alla National Gallery di Londra, fino al 21 gennaio 2024. Il museo espone in 8 sale una delle maggiori retrospettive del pittore olandese: 50 dipinti tra i maggiori dell’artista di Haarlem che ha rivoluzionato il modo di fare questo genere di pittura.
Hals ritrae la borghesia imprenditoriale di Anversa, Haarlem, Amsterdam e di altre città, che ha trasformato la giovane Repubblica olandese del XVII secolo in una potenza mondiale sul piano commerciale ed economico.
Li ritrae in uno stile con una pittura sciolta, spontanea, direttamente sulla tela senza disegno. Hals non disdegna neppure di ritrarre il popolo che affolla le strade e le bettole e che contribuisce a colorare questi luoghi in modo unico.
Van Gogh da detto di lui: “ha dipinto ritratti, nient’altro che ritratti… ma valgono quanto il Paradiso di Dante, i Michelangelo, i Raffaello e perfino i greci”.
L’altra mostra, “Camera con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini”, è agli Uffizi fino al 10 dicembre 2023 in un allestimento voluto dal direttore Erich Smith.
Si tratta della esposizione dei pannelli che Aby Warburg, il fondatore degli studi iconografici nella critica d’arte, montava per analizzare il significato e i simboli dei dipinti. Li componeva come una ragnatela di link che attraversano a cavallo di un manico di scopa i secoli, i generi e le culture.
Questi “collage” sono stati collocati nelle sale della galleria degli Uffizi in prossimità dei dipinti che Warburg tendeva ad analizzare o includere nel suo atlante figurativo.
Si tratta di oltre 100 tra fotografie, disegni, documenti che si potrebbero vedere solo al Warburg Institute di Londra completamente decontestualizzati.
Intelligente e formidabile iniziativa quella di Smith che avrebbe meritato un maggior rilievo e che sfugge ai tanti visitatori frettolosi degli Uffizi. Ma non a quelli attenti.

Brian Eno a Venezia
Purtroppo per noi ritardatari, c’è già il tutto esaurito per le due serate di Brian Eno alla Fenice di Venezia nei due spettacoli del prossimo 21 ottobre nell’ambito della Biennale della musica.
A Eno, un gigante della musica contemporanea, è stato assegnato il Leone d’oro alla carriera “per la sua ricerca sulla qualità, la bellezza e la diffusione del suono digitale e la sua concezione dello spazio acustico come strumento compositivo”.
Come si può definire Brian Eno? Un compositore geniale, un produttore, un artista visuale, un attivista, un tecnologo, uno sperimentatore, un rocker? Difficile dirlo, perché Brian Eno è tutto questo insieme.
Alla Fenice vi sarà la prima esecuzione assoluta di “Ships”, una “cosa” indefinibile con le categorie attuali di spettacolo. L’unica possibile definizione di questa opera è installazione di scultura di suono. Sul palco è installato lo scheletro di una carena a bulbo dove alloggia l’orchestra. Poi c’è un labirinto di altoparlanti e amplificatori per scolpire il suono che esce dall’orchestra.
Eno ha cercato di portare la musica rock a un altro livello. Come lui stesso scrive:
“La musica rock era senz’altro eccitante, con il suo impatto fisico viscerale e la sua portata universale, ma mancava dell’ampiezza concettuale che avevo trovato nel mondo sperimentale dell’arte… La musica che iniziammo a fare era costruita in studio come si costruisce un quadro, a strati di colore”.
La sua è una musica, precisa Eno, nella quale “l’enfasi compositiva è posta sulla tessitura (timbro) tanto quanto o forse più della melodia, dell’armonia e del ritmo”. Operazione resa possibile dalla molteplicità e varietà di suoni dell’elettronica.
Brian Eno ha veramente sviluppato una forma d’arte di sintesi che attraversa tutti quei territori che sembravano inattraversabili in quanto orti chiusi e presidiati.
Il grafico della settimana - le mini centrali nucleari
Malgrado l’opposizione degli ambientalisti, e una volta superata la disputa franco-tedesca su questo tema all’interno della UE, può succedere che l’energia nucleare possa entrare nel perimetro delle energie sostenibili. Già l’Agenzia dell’energia nucleare stima che da qui al 2050 la capacità installata del nucleare dovrà triplicare.
Oggi esiste la possibilità di realizzare piccoli reattori in modo da ridurre il rischio. Aziende come NuScale e Rolls-Royce sono in grado già adesso di fornirli. Come mostra il grafico sotto c’è già un cospicuo numero di reattori in costruzione.
L’ultima parola al sidolizzatore. Mi pare di capire che le centrali più sexy il Salvietta nazionale le troverà in Cina… [Matteo Salvini ha dichiarato di voler regalare una centrale nucleare a Milano].
Dovrà cambiare un’altra volta il suo olimpo… e cercarsi nuovi dèi.