Lisbona è distrutta e a Parigi si balla
“Lisbona è distrutta e a Parigi si balla”: così annotava amaramente Voltaire all’indomani del catastrofico terremoto che il 1 novembre 1755 che aveva distrutto la città di Lisbona e ucciso quasi metà della popolazione della capitale lusitana.
Questo evento colpì l’immaginario di Voltaire, un intellettuale modano, disincantato e alle volte cinico, come un meteorite che cade dallo spazio siderale in uno stagno. Il grande illuminista ne fu sconvolto. Scrisse di getto una composizione poetica, il Poema sul disastro di Lisbona. 234 versi furenti contro la teodicea di Leibniz. Se la prese anche con Pope. Tanto, tanto pessimismo per un uomo dei Lumi
Roba che non piacque a Rousseau, anch’egli ugualmente colpito dalla quella sventura. L’introverso ginevrino scrisse una lunga “noiosa” (a suo stesso dire) lettera a Voltaire motivando le sue “rimostranze” e il suo “dissenso” dal poemetto. Uno scritto, piuttosto velenoso e mellifluamente ossequioso, che a volte richiama lo scrittore oscuro e tenebroso delle Confessioni, tanto quello più solare dei trattati filosofici.
Nasce Candido
Voltaire si curò poco della critica di Rousseau. Consegnò le sue riflessioni al Candido, ovvero dell’ottimismo. Un romanzo-pamphlet che solo lui poteva scrivere.
Mentre nella Ginestra del Leopardi, anch’egli folgorato dal terremoto di Lisbona, non c’è alcuna luce in fondo al tunnel della storia, nel Candido volterriano c’è una flebile luce. È la luce della modernità.
Nell’ultima riga del romanzo, rispondendo a Pangloss, il teodiceo, il giovane e sempliciotto Candido espone il suo programma di vita “ciò nonostante bisogna coltivare il nostro giardino” (il faut cultiver notre jardin). Inteso come spazio interiore ed esteriore.
Non è forse la stessa cosa dell’epitaffio kantiano “La legge morale dentro di me e il cielo stellato sopra di me?”.
E non è forse quello anche il senso del finale di Guerra e Pace quando Pierre Bezuchov, di fronte a tanto male, mormora “eppur bisogna vivere, bisogna amare, bisogna credere!”.
Leggi il testo integrale del “Poème sur le désastre de Lisbonne” e la lettera di Rousseau a Voltaire.