Buongiorno e buon inizio settimana. Oggi, come ultima NL prima delle vacanze estive (in agosto usciranno solo la ricetta del mese e gli ultimi due episodi della “Storia della password”), chiacchiere da rotocalco rosa, chiacchiere da ombrellone.
Tempi moderni
Recentemente una piccola attività vicino casa ha chiuso i battenti. Il conduttore ha esposto questo cartello sulla vetrina:
Il chiavaio va in pensione. Non chiamate! Fatevene una ragione. Per sempre.
Eh no! Perdinci.
Giovanni era l’unico chiavaiolo della città. Adesso per riparare una serratura bisogna chiamare un numero di Internet. Rispondono da Torino e dopo un po’ arriva un fabbro che solo per muoversi chiede 40 euro, cui se ne devono aggiungere altri 200, come minimo, per un intervento che in genere si risolve con la sostituzione, e non con la riparazione, della serratura, e che ha le sue brave ricadute.
Come si fa a farsene una ragione? Non è possibile.
Marry me
Anche Ben Affleck e Jennifer Lopez non si sono fatti una ragione di quello che venti anni prima non era accaduto tra loro. Allora tutto era andato a carte quarantotto proprio due giorni prima della nozze. Oggi sono riusciti a celebrarle. Si sono sposati a due decenni di distanza.
Sembra proprio che l’ultimo album della Lopez, Marry me, che è anche la colonna sonora dell’omonimo film (a noleggio su tutte le piattaforme), sia stato ideato proprio in vista di questo lieto fine.
Già il ritornello trafigge:
Sposami, sposami, di’ di “Sì”
Sposami, sposami, di’ di “Sì”
Sposami, sposami, di’ di “Sì”
Sposami, sposami, di’ di “Sì”
Per il resto, per il resto della tua vita …
Prendi il mio nome, mettilo con il tuo nome
Si è mai visto un amore così famoso?
No, mai visto. È l’amore dei Bennifer!
Bennifer certo! In realtà è Jennifer Lopez ad avere assunto il cognome Affleck. D’ora in poi sarà Jennifer Affleck, all’anagrafe. Un bel passo per J Lo!
La scelta dei Bennifer
La determinazione e l’entusiasmo per questo passo, reputato impossibile venti anni prima, lascia stupiti e increduli, non per il fatto in sé. Non mancano certamente i ritorni di rango, anche reale. Camilla Parker Bowles e il Principe Carlo hanno saputo navigare 35 anni di mare forza dieci.
Molte coppie famose, non solo del mondo ricoperto di polvere di stelle, si sono sposate due volte.
Frieda Kahlo e Diego Rivera potevano sposarsi anche 10 volte, se volevano.
È successo anche al bell’Antonio Richard Burton con la cleopatresca Liz Taylor, alla bagnina Pamela Anderson con il poker d’assi Rick Salomon che aveva già steso Paris Hilton, all’incappucciato Eminem con la compagna di liceo Kimberly Anne Scott e, più recentemente, all’imprenditore delle galassie Elon Musk con la “ragazza perbene” Talulah Riley (due matrimoni durati meno d 24 mesi, però). Musk è precox in tutto quello che fa.
Ma, ma, ma…
Nel caso dei Bennifer si rimane sorpresi dal modo in cui il finale della loro favola, che è autentica, sia stato distrattamente consegnato ai media, come se i media fossero una preoccupazione inferiore alle bomboniere.
Anche il nostro TG1 ha potuto dedicare un servizio sulla luna di miele della coppia a Parigi, ripresa con i figli di entrambi sul bateau mouche e sugli Champs-Élysées in totale rilassamento, con abiti casual e sempre in atteggiamenti autentici anche nelle non rare effusioni da liceali senza che ci fosse nessun barriera a velare la coppia. Non c’è stato bisogno di appostamenti e teleobiettivi.
Venti anni prima era stata proprio l’angoscia dell’esposizione mediatica, degli accecanti riflettori che la super-coppia stava attirando su di sé a convincerla a mettere in mora il loro progetto sentimentale. Non erano attrezzati per tutto quel fragore che gli sarebbe franato addosso. Li spaventava diventare la prima supercoppia portmanteau (la fusione e contrazione di due nomi per originare un nuovo sintetico nome), i Bennifer appunto.
E hanno atteso vent’anni per superare l’ansia da portmanteau. Vent’anni formidabili per i Bennifer. Tre matrimoni, cinque figli, una residenza da sogno a Las Vegas, più di 18 lanci di profumi, alcuni flop al botteghino e un premio Oscar. È successo di tutto e ora i due, nel momento della maturità (lui 49 anni e lei 53), ma con ancora molta carriera davanti, possono coltivare serenamente i sentimenti che hanno pedinato per così lungo tempo.
A Las Vegas
Sulla destra
Il 16 luglio alla Little White Wedding Chapel di Las Vegas a destra del cerimoniere si è seduto il mascellone di Berkeley, l’interprete di alcuni dei più dimenticabili film degli ultimi 30 anni ma ottimo sceneggiatore tale da co-ricevere un Oscar insieme all’amico Matt Damon per Will Hunting (su Prime Video) e bissare, stavolta come regista, con Argo (su Netflix) che ha anche ben interpretato. Nel frattempo ha vinto pure una coppa Volpi per Hollywoodland (a noleggio su Apple TV).
La stella di Ben Affleck indubbiamente c’è. Nel commentare il fragoroso flop di The Last Duel (su Disney Plus) che angustiava l’82nne regista e co-produttore Ridley Scott (Blade Runner, Il gladiatore, House of Gucci) tanto da non riuscire a farsene una ragione e incolpare pesantemente la cultura dei millennials, Ben ha detto le cose migliori che abbia sentito sul senso dei servizi di streaming in rapporto al modo tradizionale di offrire i film.
Affleck è bravo perché non teme di mettersi in gioco ogni volta che capita. E capita spesso. E a volte capita con tanto di figuracce. Non è certo da buttare la sua interpretazione dello zio ex-alcoolista, come in realtà lo è stato nella vita, nella deliziosa e delicata pellicola di George Clooney The Tender Bar (su Netflix). Meno ispirato, senz’altro, l’imbronciato carpentiere sprofondato nel lutto e nell’alcool che, però, da ex stella del basket universitario, trova la forza di portare l’incorreggibile quintetto dei suoi ex scolopi ai playoff di basket in Tornare a vincere (su tutte le piattaforme).
Sulla sinistra
Sulla sinistra della cappelletta di Las Vegas invece c’era la sinuosa eterna ragazza di Castle Hill, J Lo, che ha mostrato di essere una fuoriclasse unica in tutto quello nel quale si cimenta, musica, ballo, cinema, affari, moda.
Un’altra persona che non teme di mettersi in gioco e di non farsi una ragione di quello che le va storto. Come il flop di American Idol o l’amarezza di aver dovuto condividere con Shakira i 6 minuti di Halftime del Super Bowl del 2020. Come se lei, J Lo, non fosse bastata da sola a rovesciare il mondo!
L’episodio ha dato alla Lopez lo spunto per un momento di riflessione sulla sua vita e la sua carriera che Netflix ha messo in un documentario di un’ora e mezzo dal titolo Jennifer Lopez: Halftime.
Perché non farsene una ragione
Che morale si può trarre dalla storia dei nostri Bennifer? Anche nessuna. È spettacolo e il divertimento svanisce come la fiammata dello sputafuoco.
Però… c’è quello stare nelle cose senza farsene una ragione come avrebbero voluto invece amici, psicologi, medici, colleghi. È un sentimento solitario e anche doloroso che ci predispone a una seconda opportunità, anche se non capita quasi mai, anzi mai. Ma se capita tocca i sentimenti profondi e restituisce senso alle cose che abbiamo perduto e non volevamo perdere.
Il non farsene una ragione è un atto di ribellione e di speranza. È un impegno a tenersi vitali, ad agire per migliorarsi e cambiare.
O no? Forse dice giusto la marinata Pamela Anderson: è come mettere in frigo qualcosa che già non è buono e che la seconda volta non sarà di certo meglio. La scepsi della bagnina è da manuale di filosofia.
L’ultima parola al sidolizzatore. No, no, no e poi NO !!! non te lo posso passare, il Sidol .…Sidol è tutt’un’altra cosa. Lucida i metalli… Che ci’hai? Lo stomaco di ferro, tu? Quindi: NO, senti, basta, non insistere!.
Coppia Bennifer: sono digià belli patinati e lucidati. Sidol superfluo e fuori luogo. Sidol fuori luogo anche per l’altra coppia, Olena e Volodymyr: gente seria di suo.