Che tristezza!
Stavo cenando con mio nipote 25enne quando dal televisore è uscita la voce di Milva con Alexander Platz.
Mi si è sviluppato subito un link in testa: “Ti devo far vedere il film di Fassbinder (che poi è un serial)”. Al che lui ha risposto: “Chi è Fassbinder? Io conosco Fassbender, quello di Steve Jobs”.
Bene per Fassbender e benone per Steve Jobs, ma che tristezza per Fassbinder!
La cosa mi ha un po’ demoralizzato. Mio nipote non è quel che si dice un utente Marvel (senza nessun pregiudizio) del cinema. Apprezza il cinema d’autore e gli piacciono i “vecchi” film. Conosce senz’altro Wenders ed Herzog. Abbiamo visto insieme Fitzcarraldo e Cuore di Vetro. Adora John Belushi. Ma di Rainer Werner Fassbinder niente, buio.
Chi sa perché quando penso a Fassbinder mi viene da associarlo a John Belushi. Forse perché i due erano quasi coetanei e sono scomparsi insieme (1982) e nello stesso identico e insensato modo. Si somigliavano anche da un punto di vista somatico. Ma soprattutto erano due talenti della ribellione, dell’irregolarità e dell’erraticità. Oggi, difetti piuttosto seri. Anzi capitali!
Belushi, tuttavia, continua ad essere vivissimo. Come conferma mio nipote. Ma Fassbinder è stato avvolto dall’oblio. Fortune che si sono divaricate dopo una morte prematura (Belushi a 33 anni; Fassbinder a 37). L’una consegna Belushi alla ribalta; l’altra Fassbinder al retroscena.
Ridateci Fassbinder!
Allora ho pensato, devo organizzare un cineforum sul cinema di Fassbinder. Impresa per niente facile. La produzione di Fassbinder è sterminata.
Nel catalogo di Mubi ci sono 43 film, nessuno in cartellone. Il bravissimo Giovanni Spagnoletti sul “Manifesto”, in un articolo dal titolo “Quando c’era solo Fassbinder” (5 minuti di lettura), ne conta ancora di più. In 15 anni di lavoro, 39 lungometraggi, 2 serial — Otto ore non fanno un giorno (1972, 5 episodi) e Berlin Alexanderplatz (per la TV, 14 episodi, 1980. Dal romanzo di Alfred Döblin) —, 12 pièce per il teatro, 30 regie teatrali, 4 originali radiofonici. E io aggiungerei anche 11 produzioni TV che ho trovato sulla scheda di Wikipedia.
Il mio amico Enrico, che se ne meraviglia, dice che quando non girava, scriveva o dormiva (poco), giocava a flipper e certamente fumava, aggiungo io. Ma dove trovava il tempo per giocare a Flipper, si domanda giustamente Enrico. Un capitolo della biografia di Fassbinder (che dovrei leggere) scritta di Jürgen Trimborn—pubblicata in Italia nel 2014 dal Saggiatore—si intitola “Potrò dormire quando sarò morto”. E, in effetti, Trimborn conferma che Fassbinder a Monaco “passava le serate a giocare a flipper”.
Come ci dice Spagnoletti i suoi lavori sono quasi tutti autoprodotti e autofinanziati con i soldi dei film precedenti o contraendo dei debiti o evitando di pagare le tasse. Fassbinder era un irriducibile anarchico, anche sul piano politico. Al tempo della Baader-Meinhof si può intuire che cosa potesse significare essere anarchico in Germania.
Di tutta questa produzione oggi in italiano non si trova praticamente niente. In streaming non c’è nulla, su RaiPlay neppure; neanche la televisione manda in onda qualcosa. In DVD e Blu Ray sono disponibili solo una manciata di titoli. Ci sono delle belle raccolte in cofanetto in tedesco e in francese, ma senza sottotitoli italiani. Difficile seguire lo sperimentalismo di Fassbinder nella sua lingua madre o anche con i sottotitoli.
Lo stato delle cose
Questo “stato delle cose” (titolo di un bel film di Wenders) dà una grande tristezza perché di altri maestri scomparsi, grazie anche al Gruppo editoriale San Paolo, si riesce a trovare qualcosa per organizzare un cineforum.
Forse Fassbinder non ha ancora incontrato un editore coraggioso che ci porga il suo cinema. Esistono, forse, problemi sui diritti di riproduzione (sempre quelli!) bloccati per qualche insensata ragione. Confidiamo nella Ripley's Home Video così attenta a certo cinema d’autore.
In misura meno scandalosa si trova pochissimo del Fassbinder italiano, quel Marco Ferreri. Forse non tutti sanno che la “grande abbuffata”, termine che si usa spesso nella conversazione spicciola, è il titolo di un film di Ferreri con un cast di lusso (Tognazzi, Mastroianni, Noiret, Piccoli, Andréa Ferréol, tutti nel film con i loro nomi di battesimo).
Forse il cinema di Fassbinder e Ferreri, tutto fuorché politicamente corretto, è troppo scomodo per la nostra epoca di cancellazione culturale e di omologazione. Forse sarebbe un investimento in perdita per un editore. Sono però sicuro che il pubblico ci sarebbe, compreso mio nipote.
Ci possiamo arrendere? No!
Il cineforum lo facciamo lo stesso con il cofanetto da 10 DVD (edizione in lingua tedesca, costo 66 euro) che contiene 11 film. Poi Querelle de Brest lo troviamo da qualche altra parte.
Intanto, consoliamoci leggendo l’intervista a “Playboy” del grande e dimenticato regista e autore tedesco. Se hai l’amore in corpo non hai bisogno di giocare a flipper.
Giustissimo.
Grazie Mario, una riflessione moto profonda e utile, alla quale ne aggiungo un'altra: che fine ha fatto la nostra generazione, che ha vissuto una vita piena di personaggi fantastici e controcorrente, e come mai non siamo riusciti a trasferire tutta quella libertà che abbiamo ricevuto e creato ai nostri giovani compagni di viaggio? Grazie