COPERTINA
La serie Netflix “American Primeval”, nonostante la sua cruda ed esplicita violenza, offre un quadro credibile e realistico della frontiera americana di metà Ottocento.
La narrazione, pur romanzata, si basa su eventi storici reali: le guerre mormoni del 1857-1858, quando i seguaci di Brigham Young si scontrarono con il governo degli Stati Uniti per il controllo dello Utah.
Considerando quel territorio la loro “Nuova Sion”, la milizia religiosa dei mormoni espulse i coloni laici e impedì, con il denaro e la forza, il transito e l’insediamento delle carovane di migranti.
La serie si concede una licenza storica nel mostrare i mormoni che si appropriano di Fort Bridger, l'avamposto commerciale e culturale dei coloni, per poi darlo alle fiamme.
La sorte del fortino nella fiction è propedeutica per quello che potrebbe succedere a Hollywood nel conflitto di culture, di visioni e di territori che sta avvenendo in America e che trova una drammatica e improbabile rappresentazione nel film del 2024 “Civil War” di Alex Garland.
Buon giorno e buon inizio settimana.
Ultimamente sono cadute svariate roccaforti del liberalismo. Presto toccherà anche a un Canada ormai rassegnato a tal sorte e fors’anche alle università dell’Ivy League. Al momento resiste solo il fortino di Hollywood.
Ritorno dal futuro
Sono cadute sotto la spinta di un movimento che prende ispirazione e nutrimento dal Dark Enlightenment, una sorta di variante contemporanea del pensiero di due grandi conservatori europei: il savoiardo Joseph de Maistre e il bretone Chateaubriand.
Questa filosofia è penetrata nel movimento MAGA tramite il suo ideologo Steve Bannon che l’ha congiunta alla propria visione giudaico-cristiana del futuro dell’umanità, saldandola ad alcune correnti ideologiche di lunga durata della società americana.
Lo scalpo più illustre e sovraesposto del movimento MAGA è la Silicon Valley, dove i soldi crescono su quegli alberi dove un tempo si coglievano le prugne in una società rurale descritta da John Steinbeck in “Furore”, poi diventato un grande film di John Ford.
Marcia su Washington
L’avvicinamento della Silicon Valley al cosmo MAGA è mediato dal libertarismo di Ayn Rand, da sempre popolare tra i tecnologici della Valle, il quale si è intrecciato con la più recente teoria dell’accelerazione tecnologica e dell’accrescimento capitalistico.
La convinzione, finora apolitica, che la tecnologia sia a fondamento di ogni cambiamento della società è sfociata nell’attivismo politico dei tecnologi per timore che il legislatore possa porre un freno alla corsa dell’intelligenza artificiale e del mondo cripto.
Un passaggio spiegato molto bene sul “New York Times” dal capitalista di ventura Marc Andreessen autore del manifesto del tecno-ottimismo, una sorta di transumanesimo che egli vede minacciato dal furore regolatorio dei progressisti, dei quali è stato in passato sostenitore ed elettore.
In questa prospettiva, anche Wall Street è stata completamente cooptata. Pure Jamie Dimon è diventato MAGA. Questa tendenza, però, mantiene una forte impronta liberale di matrice randiana, distinguendosi dal conservatorismo strutturale e dal corporativismo di Steve Bannon.
Lo stesso Steve Bannon, in una recente intervento al podcast a Ross Douthat del "New York Times", ha sottolineato con chiarezza che né gli imprenditori della Silicon Valley accorsi a Washington, né tantomeno Andreessen, possono essere considerati di destra o parte al movimento MAGA.
Emilia Pérez
Mentre il nuovo presidente degli Stati Uniti annunciava che in America esistono solo due sessi e cancellava i programmi DEI (Diversity, Equity, and Inclusion) con una raffica di ordini esecutivi, in una Hollywood fuligginosa, l’Academy rivelava le candidature agli Oscar 2025.
Karla Sofía Gascón potrebbe entrare nella storia come prima persona transgender a vincere l’Oscar nella categoria Miglior Attrice Protagonista, grazie alla sua interpretazione di un narcotrafficante messicano che intraprende un percorso di transizione.
“Emilia Pérez”, il film del regista francese Jacques Audiard che la vede protagonista, ha conquistato 13 nomination agli Oscar, tra cui quella per Miglior Film, eguagliando il record di capolavori come “Via col vento”, “Mary Poppins”, “Forrest Gump” e di soli altri 4 film.
La coincidenza temporale è significativa: proprio nel giorno dell’annuncio delle nomination, il presidente firmava un ordine esecutivo che stabilisce che “le donne sono biologicamente femmine e gli uomini biologicamente maschi”. Tertium non datur.
Seguendo questa logica, Gascón avrebbe dovuto competere nella categoria Miglior Attore Protagonista o forse essere del tutto esclusa dal partecipare come sta succedendo alle persone transgender nelle forze armate e in altre branche dell’amministrazione pubblica.
Wicked & co.
Spicca poi “Wicked”, 800 milioni d’incasso. Il più inclusivo musical che si sia mai visto ha conquistato 7 nomination agli Oscar, tra cui Miglior Film e le candidature a Cynthia Erivo come Miglior Attrice Protagonista e ad Ariana Grande come Miglior Attrice Non Protagonista.
Il “Wall Street Journal” ne ha colto il paradosso. Ha scritto: “In una chiara sconfessione dell’ideologia woke [sic!], il pubblico sta accorrendo in massa a vedere quello che potrebbe essere considerato il manifesto di Hollywood per diversità, equità e inclusione”.
Tra i candidati figura anche il documentario “The Only Girl in the Orchestra”, che ripercorre la storia pionieristica di un’immigrata boliviana divenuta, negli anni ’60, una delle prime donne a entrare in una orchestra prestigiosa, la San Francisco Symphony.
Con 6 nomination si distingue anche “Sing Sing” di Matthew Heineman. Il film di detenuti guitti che ha fatto parlare di sé non solo per la trama ma anche per il suo modello produttivo e distributivo: una vera e propria cooperativa socialista in cui cast e troupe condividono equamente i profitti.
The Apprentice
Se queste nomination hanno confermato apertamente l’intenzione di Hollywood di contrapporsi al mainstream conservatore, le due candidature per “The Apprentice” di Ali Abbasi rappresentano una sfida diretta al Presidente.
Il film biografico su Trump ha ricevuto due prestigiose nomination: Sebastian Stan come Miglior Attore Protagonista per la sua interpretazione del giovane tycoon e Jeremy Strong come Miglior Attore Non Protagonista per il ruolo dello storico consigliere Roy Cohn.
La reazione di Trump è stata feroce. Sul suo Truth Social ha definito il film “un lavoro di propaganda a basso costo, diffamatorio e disgustosamente politico”, “falso e senza classe” e “spazzatura e pura finzione”. Senz’altro tutto il cast è nel database della proscrizione.
Ancor prima della sua uscita nelle sale, i legali di Trump hanno inviato una lettera di diffida nel tentativo di bloccarne la distribuzione negli Stati Uniti, interpretando il film come un deliberato attacco personale e politico al leader del movimento MAGA.
Parole sdrucciolevoli
Se è vero, come sostiene il linguista Benjamin Lee Whorf sulla scia di Michel Foucault, che il linguaggio è anche pensiero, come si può interpretare ciò che abbiamo visto accadere ai Golden Globe e ai SAG Awards (Screen Actors Guild Awards)?
La tradizionale distinzione tra “attore” e “attrice” è stata sostituita dalle espressioni “attore maschile” e “attore femminile”, segnando un primo passo verso l’unificazione dei premi per la recitazione in un’unica categoria, Miglior Interprete, senza distinzione di genere.
Alcuni premi, come i Berlinale Awards e gli MTV Movie & TV Awards, hanno già adottato la categoria neutra. Tuttavia, Oscar, Golden Globe e SAG Awards si sono astenuti anche per l’opposizione di alcune “attori femminili” come Cate Blanchett, Michelle Williams e Jessica Chastain.
Cate Blanchett ha evidenziato un paradosso: sebbene l’idea di premiare semplicemente la migliore interpretazione sia corretta in linea di principio, nella realtà potrebbe penalizzare le interpreti, che già faticano a ottenere ruoli di spessore pari agli interpreti.
Questo cambiamento linguistico si inserisce nel più ampio dibattito sulla neutralizzazione di genere del linguaggio, che punta a superare i suffissi femminili ritenuti discriminatori. Una tendenza che il movimento MAGA aborre e considera una degenerazione.
Viene da chiedersi se il fortino di Hollywood resisterà a lungo o seguirà il destino di Fort Bridger nella serie Netflix “American Primeval”. Luogo di libero commercio, scambio culturale e laicità il fortino viene preso pacificamente dai mormoni, dato alle fiamme e sparso di sale.
A incendiare Hollywood ci avevano già pensato i venti secchi e impetuosi del Mojave. Ora, da est, soffiano i venti del MAGA, attizzando il fuoco in direzione del fortino del cinema, con lo scopo di ridurlo in cenere.
Carthago delenda est.