Avvertenza: ci sono delle parti che si possono saltare. Quelle con asterisco sono da leggere, per chi ovviamente è interessato.
Vi chiederete, perché io continui a inviarvi questa newsletter, tra l’altro non richiesta.
Ora vi spiego il motivo.
Bravo il Post
[si può anche saltare]
La mia collega Elisa mi ha segnalato una bella iniziativa del “Post” che vi invito a scoprire. Mi sono iscritto anche a Charlie, la newsletter del “Post” dedicata al “dannato futuro dei giornali”, parole testuali.
Quelli del “Post” hanno le antenne lunghe, anche se, per me, sono un po’ snob (ma chi nel giornalismo non è snob scagli la prima pietra). In ogni caso queste due iniziative sono magnifiche.
Seguo il giornalismo da un’infinità di tempo, prima di tutto come lettore dei giornali e quindi spendo qualche paragrafo su questo. Potete anche saltarli.
La mia storia con i giornali italiani
[si può anche saltare]
Quando ero nel movimento studentesco leggevo “l’Unità”. Mi piacevano in particolare i fondi di Fernando di Giulio, uno schietto grossetano che usava la penna come un’accetta. C’erano poi le recensioni dei film di Mino Argentieri e i “corsivi” di Fortebraccio. I migliori erano quelli su Andreotti, che, a sua volta, era dotato di un innato senso dell’umorismo e maestro dell’eufemismo. Su una bancarella a Roma ho trovato un libro che raccoglie alcuni di questi “corsivi”. Mi piacerebbe ripubblicarlo con goWare, ma non so se riuscirò a convincere la nostra Mirella.
Poi nel 1977 ho cambiato prospettiva politica, mi sono avvicinato ai radicali e particolarmente a Emma Bonino. Questa persona avrebbe potuto avere l’importanza di Garibaldi nella storia d’Italia, con un monumento in ogni piazza grande. Ma non è andata così. L’unico a darle un riconoscimento importante è stato Berlusconi. Bravo Silvio, vecchio caimano! Speriamo che Emma succeda a Mattarella. Figuriamoci!
Ho quindi iniziato a leggere “Il Corriere della Sera”, che l’edicolante sotto casa mi metteva da parte. Al tempo seguivo molto Leonardo Sciascia (nasceva proprio 100 anni fa). Sciascia, vicino ai radicali, scriveva sul Corriere il quale dava un bel rilievo ai suoi articoli.
A metà degli anni Ottanta ho iniziato ad interessarmi all’economia. A quel punto al “Corriere” ho iniziato ad affiancare/sostituire il “Sole-24 Ore”. Ottimo giornale. Neanche si sentiva che era della Confindustria. Conservavo tutti i numeri del lunedì dove spesso c’erano dei supplementi eccezionali. Mi hanno insegnato tantissimo i giornalisti del “Sole”. Una grande scuola.
La mia storia con i giornali stranieri
[anche questo si può anche saltare]
Quando abbiamo fondato MYmovies nel 1999 ho iniziato a tenere d’occhio le precise recensioni del film critic del “New York Times”, A.O Scott, tra l’altro autore di un brillante libro sull’arte della critica al tempo dei social media.
Ho iniziato a farmi recapitare l’edizione del weekend del quotidiano di New York. Un malloppo di 100 pagine legate con uno spago. Articolato in almeno sette dorsi. Il mio preferito era “Style”. Il solo sfogliare tutti i dorsi, era una maratona.
Poi mi sono reso conto che le recensioni di Scott uscivano al giovedì e allora mi sono abbonato. Molte le ho messe anche su MYmovies. Ma l’inglese di Scott era per palati fini, quindi non so…
Nel 2008, con il primo iPhone arrivato in Italia (il 3.5), ho iniziato ad ascoltare l’intero numero dell’audio edition dell’“Economist” (comprese le lettere). Batterie messe a dura prova ma ogni numero era un ascolto illuminante. Meno, però, le previsioni politiche: gli endorsement dell’“Economist” portavano sfiga a chi li riceveva.
Nel 2010 ho aggiunto il “Financial Times”, 1150 sterline l’anno. Le valeva e le vale tutte (adesso con 500 euro si può ottenere la replica digitale del giornale cartaceo). Un giornale come questo è come l’LSD, allarga la mente e dà una visione.
Non ho lo spazio di parlare di “Le Monde”, altero, però superbo. Del resto come dice Charlie Brown “come si fa a essere modesti quando si è i migliori”
Ma veniamo al punto.
* Un progetto nel cassetto
L’informazione italiana “maggiore” presenta dei “buchi” nei contenuti, soprattutto quando si tratta di temi che vanno, diciamo, “oltre” cioè destinati ad inverarsi in un futuro, prossimo o anche più remoto. Credo che bisognerebbe fare qualcosa per farli uscire dal loro tragitto carsico. Ed è questa l’idea che sto sviluppando anche con questo esperimento di newsletter, rivolta ai soli amici e conoscenti.
Definirei questa idea “progetto oltre”, denominazione, forse, un po’ troppo pomposa e superba. Sto pensando a qualcosa di più leggero come un analcolico alla frutta. Mi piacerebbe lo sdrammattizante “Bodeguita dei Media”, ma non vorrei offendere Hemingway, anche se lui perdonerebbe tutto agli italiani. Certo alla Bodeguita l’autore di Addio alle armi non si faceva di certo degli analcolici. Poi non vorrei che Cuba dipingesse politicamente la cosa, perché il progetto deve stare a debita distanza da politica, religione e sesso. Su questo punto tornerò.
In ogni caso, qualunque sia la sua denominazione lo spettro di attenzione del progetto è globale perché viviamo in uno spazio indivisibile.
Temi caldi
Ho individuato alcuni temi nei quali mi pare di scorgere un buco di contenuti, che sono trattati in modo sporadico dalla nostra informazione, ma che nella “grande” stampa mondiale iniziano già a imporsi con una certa decisione. Li elenco in ordine sparso e naturalmente incompleto:
• La nuova alimentazione;
• Smart contract: tecnologie meno energivore della blockchain;
• Finanza innovativa per la nuova economia (vedi spac, ma anche tanto altro);
• Modelli economici e distributivi dei nuovi media;
• I profili giuridici degli esseri non umani;
• Il pensiero filosofico della società liquida;
• Parallelismi acrobatici tra presente e passato (il “New York Times” ha, in proposito, una rubrica fantastica).
* Formati e contributori
Per i contributi vedrei 5 formati di scrittura:
• Small (4 minuti di lettura come gli articoli dell’“Economist”);
• Medium (7 minuti come un articolo di media estensione di OP-ED del NYT);
• Large (15 minuti come il Long Read del “Financial Times” o la pagina tematica di “Le Monde”);
• Extra Large (30 minuti, come alcuni servizi del “New Yorker”);
• Libro ( max 60 minuti, come gli e-book del “Guardian”).
I contributori potrebbero essere anche figure del nuovo giornalismo o del post-giornalismo o “esperti” (debitamente indirizzati). Una fonte importante potrebbe essere proprio la stampa estera sul modello di “Internazionale”, ma non in traduzione, bensì in traduzione assistita. Quest’ultima opzione è importante per la continuità dell’iniziativa e la sua semplificazione, anche economica.
Resurrezione della newsletter
[si può saltare]
Vedo emergere una tendenza importanze nel giornalismo più avanzato che potrebbe rappresentare una alternativa forte alla macelleria dei social media che sta facendo ingrullire il mondo.
Questa tendenza ha preso la forma della newsletter. Qualcosa di molto antico e ora anche molto attuale, come succede spesso nei “riflussi”. La newsletter è “ancora” personale come una lettera affrancata con tanto di mittente e destinatario. Inoltre è anche la più antica piattaforma di pubblicazione.
Oddio se pubblicate l’indirizzo di posta elettronica sul web o su qualche social, siete spacciati più che sui social media. Ma se prendete pochissime precauzioni di riservatezza e d’ingaggio la email diventa uno strumento ben immunizzato. Se avete un account Google, sarete rapinati delle informazioni personali contenute nei testi, ma Google alla fin fine si può anche tollerare in attesa che intervenga di Joe Biden.
La ragione della resurrezione delle newsletters la spiega bene Mike Isac, il technology correspondent del “New York Times” dalla Silicon Valley. Isac scrive:
«Il mio nuovo social network preferito non mi spamma incessantemente di notifiche. Quando pubblico un post, non sono bombardato da bot e troll. E dopo averlo usato, non mi preoccupo delle pubblicità che mi pedinano in giro per il web.
Questo perché il mio nuovo social network è una newsletter via email. Ogni settimana o giù di lì, la mando a qualche migliaio di persone che si sono iscritte per leggere le mie riflessioni. Alcuni di loro rispondono via e-mail, portando a una conversazione ponderata e civile. È ancora presto per l'esperimento, ma credo che mi piaccia.»
Anche il “Financial Times” ha lanciato una email newsletter destinata esclusivamente agli abbonati premium. Si tratta di un commento giornaliero del suo financial editor, Rob Amstrong, sui trend dei mercati finanziari.
* Modalità di distribuzione
La newsletter che ho in mente io è da distribuire solo ad abbonati, con uno strato riservato ai semplici sottoscrittori. Questo strato potrebbe essere coperto dal formato small.
Per gli abbonati (a partire da 3 euro al mese) due invii di un solo articolo del formato medium alla settimana e uno al weekend del formato extra large. Nel weekend fornirei anche un digest sui temi più “caldi”. Una uscita ogni sei mesi nel formato “libro” (per il quale ho qualche idea in più).
Per organizzare e gestire tutte le complesse attività legate alla newsletter (iscrizioni, cancellazioni, statistiche, riscossioni, rinnovi ecc.) mi affiderei a piattaforme specializzate come “Substack” o “Revue”.
Queste risolverebbero ogni problema tecnologico (già un risultato non di poco conto) e permetterebbe al team di concentrarsi sul lavoro vero: quello sui contenuti.
La newsletter che state ricevendo è gestita da Substack.
** Join us
Se questo abbondante pitch suscita l’interesse di qualcuno, può aggiungersi a noi nel portare avanti l’idea.
Qualsiasi adesione sarà la benvenuta. So che già posso contare su quella di Giulio Sapelli e di Beppe Carrella, gli unici che per ora ho contattato. Si parte bene, siamo già al 100% dei contatti.
Bella idea io mi informo per il 75% con le newsletter
Devi contattare e seguire se non lo fai già, Valerio Bassan fa una newsletter bellissima che si chiama ellissi.
ottima iniziativa, complimenti. Gerardo