COPERTINA
Da sinistra in senso orario.
Per qualche dollaro in più, il leggendario film di Sergio Leone del 1965, secondo film della Trilogia del dollaro. La banda dello psicopatico Ramon “El Indio" (Gian Maria Volonté) mette a segno una clamorosa rapina alla Banca di El Paso, nota per essere la più sicura del West. Dopo si scatena l’inferno.
Il mucchio selvaggio, il western crepuscolare capolavoro di Sam Peckimpah del 1969 è una delle riflessioni più profonde sul conflitto di valori e di visioni in una società in profonda trasformazione anche nelle tecnologie.
Sinfonia n.9 di Ludwig van Beethoven nella esecuzione dei Berliner Philarmoniker sotto la direzione di Herbert Von Karajan che ha arrangiato anche la musica per l’inno europeo. 200 anni fa a Vienna si ebbe la prima esecuzione dell'opera alla presenza di Beethoven che vide, senza udirla, una standing ovation di 10 minuti.
George Clooney interpreta magistralmente Ryan Bingham, il solitario e malinconico consulente freelance di "Tra le nuvole" (Up in the Air), film del 2009 diretto da Jason Reitman. La sua missione è andare da un capo all’altro dell’America per licenziare le persone. Con l'occasione cerca di raggiungere il milione di miglia con la compagnia aerea con cui vola incessantemente. Il suo suggerimento per volare? Stare leggeri, zainetto e mocassini.
Britannia Hospital, il terzo film del 1982 della trilogia di Lindsay Anderson dedicato alle vicissitudini di Mick Travis, interpretato da Malcolm McDowell, che cresce nell’ambiente della controcultura britannica e attraversa le trasformazioni radicali del suo paese. In questa black comedy di critica sociale il regista prende di mira il National Health Service, oggi veramente a pezzi.
Se… (If…), il primo famoso e celebrato film della trilogia di Mick Travis. Premiato con la Palma d’oro a Cannes nel 1969, è diventato il manifesto filmico della contestazione giovanile e del ’68. A chi c’era allora, smuove anche oggi.
Buon giorno e buon inizio settimana.
Atmosfera un po’ “da lunedì” negli argomenti di oggi.
Wells Fargo è la banca americana con la diligenza nel logo. Leggendo una notizia che la riguarda mi è venuto di accostarla al cinema di Sam Peckimpah. Un’associazione neurale casuale, di tipo stocastico, che vale quel che vale.
Non capita spesso un anno di celebrazioni per l’anniversario tondo di un gigante come Ludwig van Beethoven. Oggi, quindi, vorrei dedicare un post all’opera più grandiosa di questa immensa figura di homo sapiens: la Sinfonia n. 9.
A proposito di anniversari, sono trascorsi trent’anni dalla scomparsa di Lindsay Anderson (1923-1994), figura totemica del cinema inglese, pioniere del Free Cinema e occhio del ribellismo della contestazione.
Il British Film Institute gli ha recentemente reso omaggio con una retrospettiva di quattro settimane intitolata “O Dreamland! Lindsay Anderson’s Dark British Cinema”, tenutasi al BFI Southbank di Londra.
Infine il grafico della settimana mostrerà l’inarrestabile corsa dei freelance nel mercato del lavoro degli Stati Uniti. 64 milioni di persone hanno scelto di diventare freelancer, in buona parte su piattaforme online.
Buona lettura!
Il mucchio selvaggio di Wells Fargo
Wells Fargo, insieme alla Banca di El Paso del leggendario “Per qualche dollaro in più”, rappresenta una delle banche più cinematografiche. A patto di escludere le banche centrali e le zecche di Stato, come nelle due “Casa di Carta”.
Nonostante non compaia esplicitamente nei suoi lavori, mi viene da associare Wells Fargo ai film di Sam Peckinpah. Forse perché la maggior parte delle sue cinquemila filiali negli Stati Uniti si trova nei territori dell’ex Frontiera.
“Il mucchio selvaggio” si svolge nel deserto del Mojave e nella Monument Valley. “Cane di paglia” nella Death Valley. “La ballata di Cable Hogue” a Tombstone. “Getaway” a El Paso. Siamo in California, Arizona, New Mexico, Texas.
I luoghi di Peckinpah sono quelli delle filiali della Wells Fargo. Una di queste risulta tra quelle rapinate dalla banda di Bodhi (Patrick Swayze), mascherati da presidenti americani, nel film “Point Break – Punto di rottura”.
Recentemente, Wells Fargo è tornata alla ribalta delle cronache a causa di un’azione in stile “Il mucchio selvaggio” da parte di una dozzina di dipendenti, anche in posizioni dirigenziali. Scoperti, sono stati prontamente eliminati.
Non hanno rubato niente, bensì si sono fatti beffa dei sistemi di controllo e ingannato i loro superiori facendogli credere di lavorare. Tramite software di “mouse movers” e” mouse jigglers” simulavano attività da tastiera.
Sembra che tutti i dipendenti coinvolti lavorassero nei settori strategici di investimento e gestione patrimoniale della banca. Aree di attività ad alto stress ed elevate aspettative di performance.
Proprio in questi settori, la banca stava cercando di implementare standard produttivi più elevati e richiedeva comportamenti etici adeguati alla responsabilità di gestire il denaro dei facoltosi clienti.
Esito da “Mucchio selvaggio”: circondati ed eliminati dal loro ingaggiatore. Ma il finale del film è immensamente più epico.
Non sputerò sulla Nona
La prima esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven avvenne a Vienna il 7 maggio 1824 al Kärntnertor Theatre alla presenza del compositore che affiancò il direttore sul palco. Sordo, si limitò a battere il tempo con un piede.
Da allora l’opera ha stabilito il primato di appropriazione culturale. Tutti i sistemi politici hanno cercato di farla propria: dittature, oligarchie, democrazie poliarchie, monarchie, repubbliche, federazioni.
I 70 minuti della composizione hanno ricevuto l’ammirazione, il plauso e il riconoscimento totale di ogni tipo di pubblico: di sinistra e di destra, democratico e totalitario, capitalista e comunista, pro-vita e pro-scelta.
Nella Germania nazista, l’“Inno alla gioia” veniva eseguito ogni anno per celebrare il compleanno di Adolf Hitler. Josef Stalin ne ordinò l’esecuzione in ogni villaggio sovietico una volta liberato.
La sinfonia fu eseguita per il decimo anniversario della vittoria di Mao Zedong nella guerra civile cinese nel 1949. Nel 1974 il regime suprematista bianco della Rhodesia rese l’”Inno alla gioia” il proprio national anthem.
Una istituzione quanto mai necessaria e strategica come l’Unione Europea ne ha fatto proprio l’inno ufficiale in un arrangiamento di Herbert von Karajan, che sembra la eseguisse anche per la catarsi dei capi nazisti.
Una musica alta e intensa che rende gli inni nazionali poco più che composizioni bandistiche. Viene da dire quello che dice Longhi ai personaggi di Masolino negli affreschi del Masaccio: “Andatavene!”
La Nona era un tributo a Napoleone, un Pinochet per gli inglesi, ma un Simón Bolívar per i continentali. Non risulta che nessuno abbia mai dato alle fiamme la partitura della Nona o interrotto l’esecuzione.
Neppure il crescente esercito degli anti-occidentalisti sputerà sulla Nona che è l’espressione massima del sistema che aborrono e che vorrebbero ghigliottinare. È un paradosso perché se si rifiuta l’illuminismo, la Nona non ci può più stare.
If…
Per la generazione che ha vissuto il ‘68 e la contestazione, “Se…” (If…, 1968) è il film di riferimento, ideato, scritto e diretto da Lindsay Anderson, esponente di spicco del Free Cinema inglese.
“Se…” è il primo film della trilogia dedicata al ribelle Mick Travis, interpretato da Malcolm McDowell. Gli episodi successivi di questa serie simbolo della controcultura sono “O Lucky Man!” (1973) e “Britannia Hospital” (1982).
Nel 1956, in aperta sfida all’industria cinematografica britannica allineata con Hollywood, Lindsay Anderson, insieme a Tony Richardson, Karel Reisz e Lorenza Mazzetti, diede vita al movimento Free Cinema.
Il Free Cinema traeva ispirazione dal pioniere del documentarismo, quasi dimenticato, Humphrey Jennings, e trovava slancio nel movimento politico della New Left. Poneva al centro il conflitto di classe della società britannica.
“If…” è un film a suo modo scioccante per chi non è avvezzo ai labirintici ed eccentrici codici comportamentali delle scuole private britanniche come il Cheltenham College dove si svolge la storia.
Il film ha un finale cruento. Alterna colore al bianco e nero e mescola realismo con elementi surreali. Mary MacLeod, l’attraente Mrs. Kemp moglie del preside, gira nuda per i corridoi e le camerate. Il cappellano vive in un cassettone.
Nel film successivo, che vede ancora come protagonista un ormai cresciuto Mick Travis, l’uomo va su e giù per un Paese sempre più de-industrializzato. Su un muro è scritto in un graffito: “La rivoluzione è l’oppio degli intellettuali”.
È lo sguardo del ribelle Anderson sul suo tempo e anche sul nostro. La classe operaia che il regista ha messo al centro di alcuni suoi film oggi sta con i populisti. Per dirlo davvero, però, aspettiamo la snap election in UK il 4 luglio.
Grafico della settimana: mi metto in proprio
Il recente Rapporto Gallup sullo stato del lavoro nel 2024 evidenzia una tendenza preoccupante: gli americani che scelgono un lavoro freelance, in particolare attraverso piattaforme online, sono 64 milioni. Una bella cifra!
Ciò si verifica in un contesto globale caratterizzato da un basso livello di coinvolgimento dei lavoratori, con oltre tre quarti della forza lavoro che lamenta una condizione di alienazione.
Secondo Gallup, tale disimpegno costa all’economia mondiale la cifra esorbitante di 8,9 trilioni di dollari all’anno in termini di mancata produttività e di ricadute sociali. Inoltre metà dei lavoratori interessati si dice stressata.