COPERTINA
Il trailer del film "Kramer contro Kramer" (1979), diretto da Robert Benton e interpretato da Dustin Hoffman e Meryl Streep, adattamento dell’omonimo romanzo di Avery Corman.
Il film ottenne nove nomination agli Oscar e vinse cinque premi, tra cui Miglior film, regia, attore protagonista (Dustin Hoffman), attrice non protagonista (Meryl Streep, sebbene il suo ruolo fosse da protagonista).
Apprezzato anche a livello internazionale, il film ricevette numerosi altri premi, tra cui quattro Golden Globe e quattro David di Donatello, consacrandone il successo anche in Italia, dove il divorzio era stato introdotto 9 anni prima e confermato nel referendum del 1974.
"Kramer contro Kramer" è una rappresentazione lineare e impietosa della logica del gioco a somma zero nelle relazioni umane: ogni vantaggio conquistato da una persona implica inevitabilmente la rinuncia dell’altra. Solo uno può vincere.
Buon giorno e buon inizio settimana.
Il mondo intero sembra precipitato nella logica del gioco a somma zero: il mio guadagno è semplicemente la tua perdita. Una sorta di Squid Game planetario orchestrato dalla nazione più potente.
Il finale della seconda stagione della fortunata serie Netflix ha reso esplicita questa deriva: il gioco Squid Game si è espanso ovunque. Ed è proprio ciò che sta accadendo nella realtà del nostro tempo.
Una logica binaria?
Come sottolinea l’economista Stefanie Stantcheva, che dirige il Social Economics Lab di Harvard, il gioco a somma zero potrebbe essere la chiave per comprendere la ratio del mondo attuale.
Se una nazione trae vantaggio dal commercio, si presume che lo faccia danneggiando un’altra. Se studenti stranieri si iscrivono all’università, lo fanno sottraendo posti ai giovani del paese ospitante.
Se gli immigrati trovano lavoro, lo fanno a scapito degli autoctoni. Se le politiche per la diversità favoriscono donne o minoranze, si pensa che questo accada per sottrazione ad altri gruppi.
In questa visione, la somma algebrica dei benefici e delle perdite è sempre pari a zero: le risorse restano fisse, e ogni guadagno coincide con una perdita. Non esiste accrescimento cooperativo delle risorse.
Così ogni relazione diventa conflitto potenziale: se si ottiene qualcosa, c’è qualcuno che perde. Esiste solo competizione. La logica a somma zero si impone come struttura mentale prevalente nei rapporti umani.
… o quantica?
Eppure, non tutto si riduce a una somma zero. Nemmeno nel poker, dove le poste sembrano fisse, si può escludere dal computo generale l’effetto a lungo termine che altera le convenienze dei partecipanti.
Prendiamo uno degli episodi più celebri della frontiera americana, divenuto nel 1957 un classico del cinema: “Sfida all’O.K. Corral” di John Sturges, con Burt Lancaster (Wyatt Earp) e Kirk Douglas (Doc Holliday).
È vero che gli Earp ebbero la meglio, sopravvivendo e conquistando il controllo di Tombstone, mentre i Cowboys furono uccisi o costretti alla fuga. Ma i costi a lungo termine furono altissimi e duraturi per tutti.
Le vendette successive, l’agguato a Virgil Earp, e il danno d’immagine inflitto a Tombstone, mostrano come, col tempo, ogni parte coinvolta finì per perdere qualcosa di rilevante e irreversibile.
Inoltre, la posta in gioco, onore, lealtà, dominio, vita stessa, non era misurabile come risorsa fissa, requisito fondamentale per configurare un autentico gioco a somma zero. E questo accade in tutte le relazioni.
La diffusione della mentalità a somma zero
Il Social Economics Lab di Harvard ha condotto uno studio approfondito sui meccanismi cognitivi che influenzano la percezione delle dinamiche economiche e sociali attuali.
Alcuni gruppi sociali mostrano una maggiore tendenza a interpretare la realtà in termini di somma zero: gli abitanti delle aree urbane abbracciano questa logica più spesso di chi vive in contesti rurali.
In modo sorprendente, le persone con un dottorato risultano più inclini al pensiero a somma zero rispetto a chi possiede titoli inferiori, forse a causa dell’ambiente selettivo dell’ambito accademico.
Il dato più inatteso riguarda la frattura generazionale: i giovani oggi sono significativamente più orientati alla logica della somma zero rispetto alle generazioni precedenti.
Questa mentalità trascende gli schieramenti politici classici e porta molti a sostenere politiche trasversali, purché percepite come difesa verso gruppi considerati strutturalmente svantaggiati
Le origini della mentalità a somma zero
Per comprendere davvero la mentalità a somma zero è necessario indagarne le radici. Non è un semplice pregiudizio: nasce da condizioni economiche concretamente vissute.
La mobilità economica ha un ruolo centrale nel modellare le percezioni individuali. Chi è riuscito a migliorare la propria condizione rispetto ai genitori tende a essere meno incline a vedere un mondo a somma zero.
Ciò spiega perché molti giovani nei paesi sviluppati mostrano maggiore propensione al pensiero competitivo: sono cresciuti in un’epoca di stagnazione economica. Nei paesi emergenti la dinamica si inverte.
Alcune politiche pubbliche possono però generare vantaggi e contribuire a ridurre in modo efficace la percezione della scarsità che, più dell’ideologia, nutre la logica del gioco a somma zero.
Il paradosso di Gogol’
Il realismo grottesco de Le anime morte di Nikolaj Gogol’ mette in scena le mostruosità contabili che derivano dall’applicazione estrema della logica a somma zero nei rapporti sociali ed economici.
Il traffico delle anime morte dei servi della gleba, con cui Pavel Ivanovič Čičikov tenta di scalare i ranghi sociali, svela l’essenza paradossale di una logica in cui l’accrescimento dello status individuale si fonda sul nulla.
Čičikov guadagna proporzionalmente all’inesistenza delle vite che acquista, generando guadagni fittizi privi di riscontro reale. Lo scambio non produce ricchezza, ma solo un’illusione contabile di successo.
Gogol’ abbozza una metafora della finanziarizzazione estrema: le anime morte diventano simbolo di derivati tossici, bolle speculative e artifici economici che promettono guadagni senza alcuna creazione concreta di valore.
… porta al “Faust” di Sokurov
La logica a somma zero trova una delle sue raffigurazioni più disturbanti nel film “Faust” (2011) di Aleksandr Sokurov, Leone d’Oro a Venezia: una rilettura grottesca, claustrofobica e decostruttiva del capolavoro goethiano.
L’immondo e olezzante usuraio Mauricius pesa letteralmente le anime sulla bilancia, la dannazione stessa diventa fredda transazione commerciale: ogni profitto corrisponde esattamente a una perdita.
Il patto faustiano si consuma in una desolazione ontologica: Faust e Mefistofele vagano come spettri tra ambienti nauseanti, umanità desolata, rocce brulle, acque putride e cieli plumbei.
La scena finale, girata tra le lande vulcaniche e e gorgoglianti dell’Islanda, mostra un paesaggio senza vita, dominato da cenere e silenzio. È il trionfo definitivo della logica solipsistica e arida della somma zero assoluta.
Una clip con alcune delle scene più significative del “Faust” di Aleksandr Sokurov, ultimo capitolo della tetralogia sul potere avviata con “Moloch” (1999) e proseguita con “Toro” (2000) e “Il Sole” (2005). “Faust” è un film disturbante e complicato da seguire, ma di una potenza visiva che richiama spesso le grandi tavole deliranti di Bruegel.
A beautiful mind
Esiste una correzione decisiva alla ratio della somma zero, elaborata da un matematico dalla straordinaria vicenda umana, John Nash: per questo lavoro ricevette il Premio Nobel per l’economia nel 1994.
Nash formulò il concetto di equilibrio strategico: ogni giocatore sceglie la propria mossa considerando quelle degli altri, scelta che evita un risultato peggiore per sé stesso e per gli altri. Il comportamento competitivo è perdente.
Questo equilibrio si applica anche situazione complesse nelle quali la cooperazione può emergere spontaneamente. La teoria supera la visione binaria del vincitore e del perdente, aprendo spazi a soluzioni condivise.
Nel film “A Beautiful Mind” di Ron Howard, vincitore di quattro Oscar tra cui miglior film e regia, John Nash, interpretato da Russell Crowe, illustra la sua intuizione ai compagni di corso in un bar di Princeton.
Osservando un gruppo di ragazze, spiega che se tutti puntano sulla stessa, l’avvenente bionda, si danneggiano a vicenda. Corteggiandone ciascuno una diversa, nessuno perde e tutti guadagnano, comprese le ragazze.
In questa clip — visibile anche tra i minuti 19:20 e 23:00 del film “A Beautiful Mind” in versione italiana (disponibile gratuitamente su Netflix e altre piattaforme) — John Nash ha l’epifania della sua rivoluzionaria teoria dell’equilibrio, illustrando le dinamiche che governano le scelte individuali all’interno di un sistema competitivo.
L’altruismo efficace
Restiamo a Princeton, che ha dato un contributo importante alla teoria considerata l’antitesi della logica a somma zero: l’altruismo efficace, che deve molto al pensiero del filosofo morale Peter Singer.
Questa visione ha avuto grande risonanza tra giovani tecnologi, startupper e investitori della Silicon Valley e dell’universo cripto, trovando particolare slancio in ambienti nei quali l’ottimizzazione guida anche le scelte morali.
L’altruismo efficace promuove carriere ad alto reddito per massimizzare il profitto, valutando, con modelli quantitativi, donazioni e iniziative per ottenere il massimo impatto sociale benefico.
Eppure, questo approccio genera effetti paradossali: poche cause “ottimali” catalizzano enormi risorse, mentre altre, meno quantificabili o visibili, restano escluse. La somma zero rientra dalla finestra.
Il caso Bankman-Fried dimostra come questa logica possa sfociare in comportamenti predatori, dove i molti “perdenti”, seppur facoltosi, diventano strumenti per finanziare un non ben definito “bene superiore”.
Anche per la maschera dell’altruismo efficace ho un film: “Michael Clayton” del 2007, 7 nomination agli Oscar, diretto da Tony Gilroy con George Clooney e Tilda Swinton, Oscar come Miglior attrice non protagonista.