❇ 6° episodio della serie “In 5 minuti le idee che hanno cambiato il mondo”.
📖 Libro: Jean-Paul Sartre, L'essere e il nulla, Milano, il Saggiatore, 2023, pp. 736, prefazione di Massimo Recalcati, traduzione di Giuseppe del Bo.
Tit. orig. L'être et le néant: Essai d'ontologie phénoménologique, Paris, ed. Gallimard, 2001, pp. 700.
Articoli pubblicati:
1. Adam Smith: la nascita dell’economia politica
2. Gustave Le Bon: psicologia sociale e psicologia individuale
3. Kurt Gödel: il cervello non funziona come un computer
4. Hilary Putman: il cervello nella tinozza
5. Karl Popper: le società aperte
6. Jean-Paul Sartre: la malafede

La scelta di Walter White
Leggete quello che Walter White dice alla moglie Skyler (nella scena della copertina) dopo averle mostrato un borsone pieno di dollari, “guadagnati” come Heisenberg. Sta cercando di convincerla ad accettarli. Dice:
“Ho fatto delle cose orribili, ma l’ho fatto per una buona ragione, l’ho fatto per noi, per la famiglia. Quelli [i soldi nel borsone] sono per Walter Jr. [il figlio adolescente] e per Holly [la figlia neonata] per quando saranno grandi, per l’assicurazione sanitaria per te e i ragazzi, per la fisioterapia di junior e per il sostegno scolastico. Sono i soldi per la spesa, la benzina, per le feste di compleanno e di laurea. Skyler, quel denaro è per il tetto che hai sulla testa, per il mutuo che non potrai pagare con il salario di contabile part-time quando me ne sarò andato…. Skyler tutto quello che ho fatto, tutti sacrifici che ho fatto, li ho fatti per questa famiglia”.
“L’ho fatto per la famiglia” è una frase che sarebbe andata a fagiolo a Sartre per la teoria della “malafede” esposta nella sua opera maggiore, L’essere e il nulla.
Buongiorno e buon fine settimana.
Oggi un po’ di Jean-Paul Sartre, intellettuale polarizzante come ci piace oggi. Difficile però inscatolarlo da quante ne ha fatte. Questa sua riflessione è però molto attuale.
Di chi è la colpa?
Superiamo il limite di velocità e becchiamo una multa salata e 4 punti sulla patente. Allora ci incavoliamo con il totem dell’autovelox e con chi l’ha messo lì, in quel posto che proprio non ci doveva stare a tenderci l’agguato.
Trump perde le elezioni e se la prende con il voto postale e con tutto ciò che gli nega una palese vittoria.
Eh, no!, dice Sartre, questa è malafede. Siamo noi ad avere premuto sull’acceleratore. È stato Trump a decidere di competere con quel sistema elettorale. Nessuno ha ordinato di farlo né a noi, né a Trump.
Regole e libertà
Scegliere implica una responsabilità e significa anche avere la consapevolezza delle conseguenze delle nostre decisioni. Decidere è una faccenda angosciante.
Forse è più facile lasciarsi dire che cosa è meglio fare. Ecco che regole e convenzioni ci tolgono dall’imbarazzo di scegliere. Ci tolgono sì da questa ambascia, ma ci sottraggono anche la libertà, la possibilità di scegliere.
Secondo Sartre la malafede agisce proprio quando cerchiamo di convincerci che queste regole esterne sono okay perché ci impongono un preciso comportamento e non uno differente.
In realtà non è affatto così, siamo noi a decidere di fare una cosa piuttosto che un'altra perché siamo liberi in ogni istante della nostra vita. “Siamo condannati ad essere liberi”, scrive Sartre.
E dobbiamo affrontare le conseguenze di questo stato di radicale libertà dell’essere. Sfuggire da questa condizione è malafede, è negazione del sé esistenziale.
Sicuro, non abbiamo scelto noi di esserci, ma non possiamo sottrarci alle conseguenze e alla responsabilità dell’esserci il quale implica la possibilità della scelta.
Non sempre è facile seguire i ragionamenti di Sartre che, oltre a essere un pensatore, è anche uno scrittore sopraffino premiato con il Nobel della letteratura.
Meglio lasciarsi spiegare questa teoria sartriana dal filosofo Barry Loewer della Rutgers University del quale abbiamo già fatto conoscenza.
Buona lettura!
La malafede di Sartre
di Barry Loewer
in 3 secondi. Si può insistere nel dire che non è colpa nostra se abbiamo mangiato l’ultima fetta della torta. Sappiamo perfettamente che l’abbiamo fatto di nostra spontanea volontà.
Jean Paul Sartre (Parigi 1905-1980). Intellettuale poliedrico tra i più rappresentativi del 20mo secolo non solo per la sua attività di scrittore, drammaturgo, filosofo, critico e saggista, ma anche per il suo impegno politico e sociale. Lo studio delle opere di Husserl ed Heidegger segnò la sua formazione come filosofo e anche come narratore e scrittore di teatro. Una influenza che si evince sin dai suoi primi romanzi La nausea (1938) e Il muro (1939). Dopo il ritorno dalla prigionia in un campo tedesco nel 1941 Sartre definì la sua filosofia in una opera ponderosa, L'essere e il nulla pubblicata nel 1943. L’opera divenne il la base teorica e il manifesto dell'esistenzialismo. Sartre fu al centro della vita culturale francese fino alla sua scomparsa. Di notevole rilievo il dibattito che lo oppose allo scrittore Albert Camus e la relazione con la scrittrice Simone de Beauvoir, compagna di vita sino dal 1929. Imprigionato nel 1968 per la sua adesione al Maggio francese, fu liberato per iniziativa del “nemico”, il presidente Charles De Gaulle che dichiarò “Non si imprigiona Voltaire!”. Ormai Sartre era una istituzione nazionale. E De Gaulle difendeva le istituzioni nazionali.
In un minuto
Jean-Paul Sartre, filosofo dell’esistenzialismo, affermava che gli esseri umani sono radicalmente liberi. Sono sempre liberi in ogni tempo e in ogni dove.
Tuttavia, tale libertà ha un prezzo: proviamo l'angoscia e il dubbio nella misura in cui abbiamo la convinzione di essere assolutamente e radicalmente responsabili delle nostre decisioni.
Il termine “malafede”, per Sartre, si riferisce alle strategie che utilizziamo per cercare di negare questa libertà che inevitabilmente agisce in tutti. Significa assumere come riferimento una norma o una convenzione per apparire meno colpevoli ai nostri occhi.
In questo modo, possiamo sbarazzarci della nostra responsabilità nei confronti delle scelte che facciamo in modo da toglierci dall’angoscia e dall'incertezza che la libertà porta nella nostra esistenza.
Ad esempio, se ci troviamo di fronte a una grave decisione di ordine morale, possiamo dire a noi stessi che siamo obbligati ad agire in un certo modo perché è richiesto dal nostro lavoro o dalla carriera, dal buonsenso comune o dalle responsabilità familiari o sociali.
In realtà, non possiamo sfuggire né alla nostra libertà né alla consapevolezza che essa esista, poiché è parte integrante della nostra coscienza. È incorporata in noi.
Il paradosso della malafede è che siamo al contempo coscienti e non coscienti d’essere liberi.
L’obiezione di Timothy Prigge
La concezione di Sartre della libertà radicale e questa stessa radicalità che lui postula è tanto impressionante quanto problematica.
A questo proposito il filosofo Timothy Prigge, già professore di logica e metafisica ad Edimburgo, ha presentato un'argomentazione che considera l'insufficienza biologica.
Prendiamo l'esempio di una persona sotto l'effetto di droghe. Il suo comportamento è almeno in parte dovuto agli effetti delle droghe sul suo cervello.
Supponendo che la biologia giochi comunque un ruolo, perché non dovrebbe giocarlo anche in assenza di droghe? Dopo tutto, il comportamento è sempre una funzione del cervello, anche in assenza di sostanze tossiche. Quindi tale libertà non agisce indipendentemente da tutto.
Battuta finale
Se prendiamo un drink o una fetta di torta, possiamo dire davvero che stiamo solo eseguendo degli ordini o conformandoci a qualcosa di esterno? Non stiamo semplicemente attuando una volonta?
Prima di andare
L’arte comincia dopo i 60 anni. A Nizza al Musée Matisse il prossimo 23 giugno, fino al 24 settembre, aprirà la mostra “Matisse Cahiers d’Art. Le tournant des anées 30” (adesso al Musée de l’Orangerie a Parigi, fino al 29 maggio). La mostra espone i lavori degli anni 30 quando l’artista francese si trovava nella sessantina. Queste opere, come dice la stessa denominazione della mostra sono una svolta decisiva nel percorso del maestro. A 60 anni Matisse inizia un periodo di appassionata esplorazione che lo porta a mettere in discussione e rivedere tutta la sua arte e a dipingere degli stupefacenti capolavori, sperimentando nuove tecniche e nuovi materiali. Come dimostra anche il caso del pittore inglese, l’85enne David Hockney, non è mai troppo tardi per un rinnovamento radicale.