di Giulio Sapelli
Buongiorno e buon inizio settimana. Saliamo di quota con un intervento di Giulio Sapelli che lega attualità e storia. Molti conoscono Giulio Sapelli e tutti sappiamo qualcosa di Karl Marx. Quindi non c’è bisogno di spendere molte parole né per l’uno, né per l’altro.
Riguardo a Marx, oggi il quesito è questo: che cosa ci è rimasto del pensiero di Marx, dopo tutto quello che è successo in suo nome e che sta ancora succedendo nel capitalismo odierno?
Il ritorno di Karl Marx
A riconoscere che ancor oggi Marx abbia molto da insegnare è proprio “The Economist”, una testata e think-tank che si dice erede del liberalismo classico. Niente di che: Marx stimava John Stuart Mill e gli riservò, rispetto per esempio a Jeremy Bentham, un trattamento privilegiato. Una forma di stima ricambiata da Mill. Anche se i due pensatori si trovavano su fronti del tutto opposti.
Sorprendentemente il magazine di Londra ha scritto nel 2018 (200 anni dalla nascita di Marx):
“Possiamo imparare molte cose da Marx. Effettivamente molto di quello che Marx ha detto sembra divenire ogni giorno più rilevante… Il problema con Marx non è che le sue analisi siano assurde, ma che la sua cura sia peggiore della malattia.”
↳ Contenuto espanso #1: Il tributo di The Economist a Marx
Per i 200 anni di Marx la “grande stampa borghese illuminata” ha dedicato un tributo inatteso al pensatore di Treviri. “Time” e “Newsweek” lo hanno trattato come se fosse un leader del nostro tempo. In un sondaggio condotto dalla BBC, Marx è risultato al primo posto tra i più grandi pensatori moderni, sopravanzando perfino Albert Einstein, che si è dovuto accontentare della piazza d’onore.
Il “New York Times” ha scritto che l’impatto del pensiero di Marx
“è senza dubbio più grande e vasto di qualsiasi altro filosofo della storia prima e dopo di lui”.
Il 30 aprile 2018 nelle pagine op-ed ha pubblicato un contributo di Jason Barker dal titolo Happy Birthday, Karl Marx. You Were Right!
Il magazine tedesco “Der Spiegel” ha messo Marx in copertina e ha pubblicato un saggio dal titolo Ein Gespenst geht um - Die Wiederkehr des Karl Marx (Si aggira uno spettro — il ritorno di Karl Marx).
Il Dalai Lama ha dichiarato “I am marxist”.
↳ Contenuto espanso #2: La fortuna di Marx
La sorprendente attualità di Marx in relazione allo sviluppo del capitalismo contemporaneo è un tema che Giulio Sapelli ha affrontato in una lezione universitaria del 2013.
Vi proponiamo il contenuto di quella lezione, rivista dallo stesso Sapelli, in tre post, quello di oggi e quelli di due giovedì a venire.
Come fruire di questo contenuto
Sapelli divide la sua esposizione in tre parti.
1) I rapporti di Marx con gli altri due “Re Magi” dell’economia classica: David Ricardo e Adam Smith L’importanza di Marx, in continuità soprattutto con Ricardo, nell’incorporare nell’analisi economica qualche cosa di straordinariamente nuovo, che avevano già capito i fisiocratici con Quesnay: non può esistere analisi economica senza analisi dei rapporti di produzione: l’economia è una scienza sociale (qui di seguito).
2) Il punto più importante e anche più controverso: si tratta della componente più caduca del pensiero di Marx, ma anche quella più stimolante: la teoria del valore-lavoro e del plusvalore. Questa teoria fonda tutta l’analisi marxista ed è quello che lega il Marx economista al Marx politico (post di giovedì 11 novembre).
3) Il problema della trasformazione del valore in prezzi. Si tratta di un tema, ripreso in seguito da Sraffa, straordinariamente attuale (post di giovedì 18 novembre).
Buona lettura
Io e Marx
Anche se non sono un economista laureato, sono un vecchio lettore di Carlo Marx. Non condivido l’assetto filosofico di Marx: sono un personalista cristiano e quindi non aderisco alla filosofia di Marx. La penso come Felice Balbo, penso che si possa separare l’assetto filosofico del pensiero marxiano dal contributo che il rivoluzionario ha dato all’ analisi economica.
Tornando alle famose tesi su Feuerbach non credo che sia l’uomo a creare Dio ma piuttosto che sia Dio a creare l’uomo. Concordo con Schumpeter, molto più famoso e illustre di me, che il pensiero fra Ottocento e Novecento e anche il pensiero moderno non possa prescindere da quello che accadde nella Germania nel XIX secolo.
Il pensiero di Marx è talmente profondo e acuto che non si può fare a meno di leggerlo e rileggerlo per comprendere anche l’economia di oggi.
Questa era l’opinione anche di Schumpeter, che pur apparteneva alla tradizione dell’economia neo-classica ed era molto distante dall’approccio di Marx, anche se sul finire della sua vita, in quello stupendo e attualissimo libro: Socialismo, Capitalismo e Democrazia, il pensatore austriaco affermò che l lezione di Marx si stava inverando non nel senso che il Marx filosofo aveva preconizzato, cioè la vittoria del proletariato, quanto per la vittoria delle forze produttive incarnatesi nell’organizzazione statuale distruttrice del capitalismo.
I rapporti con l’economia classica
Che cosa differenzia gli economisti classici dagli economisti “mainstream” di oggi, i neo-classici? Perché si chiamano neo-classici?
Gli economisti classici, a partire da Smith, ma soprattutto da Ricardo, il quale riprende i fisiocratici, si occupano di un problema fondamentale che è quello del prodotto per addetto, cioè della creazione delle ricchezza sociale.
Come si sviluppa la ricchezza sociale? Come si accumula lo stock di capitale fisso che consente alla società di riprodursi?
In una meravigliosa introduzione ai tre libri del Capitale di Marx, Maurice Dobb spiega la grande differenza dell’economia classica che si occupa essenzialmente della creazione della ricchezza pensando che tutta l’economia dipenda dalla produzione.
L’economia walrasiana e neo-classica ipostatizza un’economia fondata su un prototipo umano che massimizza l’utilità ed è pertanto costretta a ricorrere all’assunto filosofico implicito dell’uomo razionale, di un soggetto perfettamente logico nelle sue azioni di consumatore.
Immaginatevi il grande Pareto, uno dei più grandi maestri del pensiero moderno, il quale, ormai anziano, nella sua Ginevra, riflette sul suo Manuale di economia politica e pensa:
“Oddio, ho sbagliato tutto postulando che i comportamenti umani siano dettati dalla razionalità, quando sono invece dettati nella maggioranza dall’irrazionalità”.
E allora scrive il Traité de sociologie générale.
L’economia classica non ha nessuna filosofia immanente: è frutto, da un lato, dell’utilitarismo inglese e dall’altro della Teoria dei sentimenti morali di Smith.
Marx, che appartiene alla sinistra hegeliana, vede nell’economia l’inveramento non più dello Spirito Assoluto ma di un processo storico dialettico che è governato da tre forze fondamentali: il capitale costante, il capitale variabile e la creazione del plus-lavoro.
Che cosa è capitale costante? È il capitale fondato sulla tecnica e sulle macchine. Ne fa un grande affresco, nel secondo e terzo libro del Capitale, quando affronta la teoria della circolazione del capitale e vi fonda la teoria delle crisi.
Qui Marx compie qualche cosa che avevano già fatto i fisiocratici: costruisce una “tabella” a doppia entrata dove da un lato c’è la produzione di beni, la produzione di macchine per mezzo di macchine e, dall’altro lato, invece c’è la produzione di beni di consumo sia del capitalista sia dell’operaio.
C’era già nel Tableau économique e anche Ricardo sviluppa questo tema, ma per quest’ultimo il capitale costante non è una tecnologia e quindi non è una variante, il capitale costante è la terra.
Ricardo e la teoria del valore-lavoro
Marx prende da Ricardo la teoria del valore-lavoro e Ricardo ha una propria teoria del lavoro comandato e si pone il problema di scoprire da dove ha origine e proviene il valore.
C’è uno straordinario libro di Claudio Napoleoni che si chiama, appunto, Il valore. Cosa attinge Marx da Ricardo? Marx ne adotta un segmento della teoria del valore. Com’è possibile contrastare la legge dei rendimenti decrescenti? Ricardo spiega che si può contrastare cercando nuove terre non coltivate, ma la vera risposta sta nel capire qual è la produzione di valore che si può estrarre dal lavoro comandato che si esercita sulla terra.
Ricardo mette Marx sulla strada giusta per due motivi: Il valore della merce — ecco una distinzione rispetto all’economia neo-classica — non si realizza sul mercato, ma nel processo di produzione; ciò che crea il valore non è il lavoro in quanto tale ma è la forza di lavoro, cioè il tempo di lavoro che il lavoratore vende sul mercato che si presuppone fra identità eguali e simmetriche, ma che in realtà simmetriche non sono. Per questo Ricardo usa il termine di lavoro comandato.
I socialisti ricardiani avevano sviluppato questo tema in modo interessante, ma sono stati trascurati dal pensiero economico. Che cosa avevano detto i socialisti ricardiani? Si erano interrogati sul modo di superare il lavoro comandato. Ciò poteva accadere se il lavoratore prendeva tutto il prodotto in valore del proprio lavoro.
Marx nella sua Storia delle teorie economiche bolla le idee dei socialisti ricardiani come utopistiche. Pensare che il lavoratore possa impossessarsi singolarmente di tutto il prodotto del suo lavoro è un po’ l’ideologia dell’economia cooperativa che Marx, secondo me errando, disprezza. Marx vedeva nel movimento cooperativo qualcosa che ostacolava la lotta di classe: i lavoratori non si “dedicavano” alla resistenza e alla lotta di classe ma creavano un’unità non capitalistica sui mercati.
Prima di andare
Céline. Dopo decenni di ricerche infruttuose, e nonostante la maggior parte degli specialisti di Louis-Ferdinand Céline avesse perso la speranza di trovarli, alcuni manoscritti che si sapevano essere appartenuti allo scrittore sono stati ritrovati e offerti per essere pubblicati. Si tratta di 6.000 pagine inedite di un romanzo (già uscito, ma solo in forma incompiuta) e di un altro lavoro inedito. Céline ha sempre sostenuto che alcuni manoscritti erano stati rubati dal suo appartamento di Parigi dopo la sua fuga in Germania nel 1944. Può essere il ritrovamento del secolo, ma già fioriscono polemiche e cause legali. Continua il maledettismo del grande scrittore francese. Il New York Times dedica un servizio in prima pagina a questa vicenda.
Film. Prime Video ha prodotto e sta proiettando un film sulla vita dell’artista vittoriano Louis Waine dal titolo Il visionario mondo di Louis Waine. I dipinti, le illustrazioni e l’esempio dell’eccentrica figura di Waine hanno contribuito in modo decisivo ad affermare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e poi nel mondo intero, l’idea del gatto come animale da compagnia, pet. Si vede che Benedict Cumberbatch sente il personaggio. Un film obbligatorio per chi ama i gatti e l’arte, cioè tutti noi.