di Giulio Sapelli
Torniamo con il secondo episodio della miniserie di Giulio Sapelli sull’attualità di Marx. Si tratta una lettura piuttosto impegnativa e qualcosa senz’altro sfuggirà alla comprensione di chi non ha familiarità con le teorie economiche. Ma non preoccupiamoci troppo, perché Giulio riesce a tenere fermo il timone che conduce Marx all’attualità, all’interno della quale bene o male facciamo i conti tutti i giorni con lavoro e capitale.
La teoria del valore-lavoro è il cuore del pensiero di Marx e quella che lega il Marx economista-filosofo, verdissimo, al Marx politico-rivoluzionario, piuttosto passé. Proprio per questo è la parte del suo pensiero che ha subito più l’usura del tempo e delle esperienze storiche, nonché le mutazioni di quello zelig che è il capitalismo. Nella parte finale del suo contributo, Sapelli spiega bene questo punto a proposito del lascito di Marx.
Indubbiamente la teoria del valore è un passaggio imprescindibile della comprensione di Marx e della sua distanza/vicinanza dal mondo nel quale viviamo. Forse, merita qualche minuto, anche per capire il senso di Squid Game e del nuovo cinema coreano.
Buona lettura!
Il plusvalore
Marx pensa che il valore delle merci non si realizza attraverso i prezzi, ma a partire dal processo di produzione.
In che modo? Marx è consapevole che il processo di produzione si sviluppa in un’economia monetaria; si tratta della famosa circolarità:
D (denaro) → M (merci) → D + X (plusvalore)
cioè il denaro che esce dalla circolarità ottiene un plus (X) rispetto a quello usato per intraprendere il processo di produzione.
Come può avvenire questo incremento? Si tratta della teoria della produzione del plusvalore. La massa di denaro incorporato nel capitale costante, cioè nell’investimento che il capitalista compie nelle macchine e nell’organizzazione del comando (il marxismo europeo non ha sviluppato quest’aspetto ma il marxismo americano ha insistito molto sul rapporto capitalistico) deve compiere il circolo denaro-merce e denaro più plusvalore.
Come si genera il plusvalore
Questo ciclo si compie se il lavoratore viene retribuito, non attraverso il feticismo dell’uguaglianza nel processo di valorizzazione, ma sottraendogli una parte del valore in forma di non corresponsione del salario equivalente al valore che egli incorpora nella merce.
Non vende lavoro, vende la sua forza di lavoro. Secondo Sraffa questa teoria è uno sviluppo della teoria ricardiana, ma Marx ha in mente qualcosa di diverso che mutua da Smith.
Che cosa Marx apprende dalla lettura Smith? Marx impara da Smith qualcosa che Ricardo non gli poteva dare, da Ricardo prende il concetto di lavoro comandato, quindi di sfruttamento; da Smith prende il concetto di capitale costante, che Smith descrive nella famosa metafora della fabbrica di aghi.
Si pone l’interrogativo di come fare per aumentare la produzione. È la questione della produttività. Bisogna suddividere il lavoro in parti più infinite possibili così da incrementare la produttività della macchina.
La circolazione del capitale
Da questa analisi Marx fa suo il concetto di circolarità: capitale costante, capitale impiegato nelle macchine, capitale variabile, valore attribuito alla forza lavorata e soprattutto valore delle merci necessarie per la sussistenza della forza lavoro.
In un breve saggio Salario, Prezzo, Profitto, che molti dovrebbero leggere e che trovate in questa pubblicazione di goWare, Marx tratta di quale sia il vero limite che il capitale incontra davanti a sé.
Qui è proprio il paradosso della teoria del valore-lavoro: se il capitale costante aumenta in una tale misura per cui non ci sarà più bisogno del capitale variabile, la teoria del valore-lavoro crolla; da dove si prende il lavoro se tutti i lavoratori saranno sostituiti da macchine?
Questo ha indotto alcuni, Michail Bakunin che fu un critico intelligentissimo di Marx sin dal 1873 mentre Marx era ancora in vita, ad affrontare questo tema, ma Marx replica: “Benissimo, però ci sarà sempre il prezzo del valore-lavoro necessario per distruggere il capitale costante”, e chiama questo processo circolazione del capitale.
La crisi di sottoconsumo
Quando arriva la crisi? Marx ha sempre in mente una crisi di sottoconsumo: la crisi giunge quando la composizione organica del capitale si interrompe. Esempio tipico della crisi di sottoconsumo: eccesso di produzione e scarsità di offerta di beni di consumo, per cui il capitale può valorizzarsi solo producendo macchine per fare altre macchine; tutte le economie pianificate hanno sofferto di questo problema.
Se leggete il grande libro Il marxismo polacco all’opposizione di Jacek Kuroń e Karol Modzelewski, tutta la critica al comunismo s’incentra sull’eccesso di capitale costante a fronte di una scarsità di consumi.
La pianificazione centralizzata era ancora possibile relativamente ai mezzi di produzione, ma il processo di omologalizzazione capitalistica non avveniva a causa delle costanti crisi di sottoconsumo. Questo vale anche per la Cina odierna che è l’unica economia pianificata rimasta, cioè un’economia di capitalismo monopolistico di stato a dittatura terroristica.
L’economista che ha sviluppato di più questa teoria marxiana della crisi, passando attraverso Keynes, è Hyman Philip Minsky, molto legato alla città di Bergamo. Minsky è lo studioso che ha previsto la crisi in cui siamo immersi oggi.
Che cosa può impedire la crisi capitalistica? Qui entriamo nel secondo libro del Capitale che è dedicato al “processo di circolazione del capitale”.
A un certo punto succede che la formula D→M→D+1 si evolve e il capitale inizia a funzionare distaccandosi dal mezzo di produzione e si valorizza di per sé.
Lavoro e capitale
Questo è tutto il filone di pensiero marxista che svilupperà Rudolf Hilferding nel suo Capitale finanziario. La teoria del capitale finanziario sarà criticato da Lenin e da Rosa Luxemburg.
Secondo Hilferding la creazione del capitalismo finanziario impedirà la crisi capitalistica. In che modo? Per dirlo in parole povere, perché la finanza servirà a prendere tempo.
Quello che Minsky scrive in Keynes e l'instabilità del capitalismo, con la splendida introduzione del 1981 di Pierluigi Ciocca (un’introduzione che vale più del libro), è che il capitalismo finanziario ritarda la caduta tendenziale del saggio di profitto generando debito e creando circolazione del capitale che non produce però più valore-lavoro, che è la situazione in cui oggi siamo immersi.
Quello che diciamo, come senso comune, è che la finanza non crea lavoro, la finanza distrugge. Che cosa fa la finanza secondo il pensiero e il linguaggio degli economisti classici? Non crea valore, non crea prodotto netto, non produce ma mangia; questo è l’elemento di fondo.
Marx ha una teoria in cui sono essenziali gnoseologicamente i rapporti sociali. È questa la grande differenza con l’economia neo-classica, dove il mercato, se non turbato, è sempre in equilibrio, con individui massimizzatori dell’utilità in senso paretiano, cioè dell’utilità perfettamente conseguita.
L’impresa
La teoria classica non ha bisogno di ipotizzare un rapporto di produzione, perché tutte le varianti che entrano nel ciclo di valorizzazione del capitale non sono endogene, ma esogene. Perché la teoria classica non riesce ad avere una teoria dell’impresa?
Perché l’impresa è una negazione del mercato, l’impresa è un insieme di contratti, dove si può comprare o vendere e questi contratti sono assimilati sotto un concetto di gerarchia.
Non si trovano sul mercato tutte le cose disponibili e allora si raccolgono sotto un concetto di gerarchia. Che cosa è? Non è altro che il lavoro comandato di Ricardo. Marvin ha scritto un saggio molto bello sulla gerarchia capitalistica come inveramento della teoria del lavoro comandato di Ricardo.
La debolezza di Marx
Naturalmente questa è stata la debolezza di Marx, si è lasciato prendere la mano nell’immettere un nesso tra i rapporti di produzione e la valorizzazione capitalistica.
Ha così introdotto nell’analisi scientifica quella che invece è una profezia: la profezia dell’inveramento della lotta di classe e del superamento del capitalismo attraverso la rivoluzione proletaria.
È quello che gli rimprovera Schumpeter quando dice che Marx ha fallito nel momento in cui ha smesso di essere economista.
Infatti, quando Napoleoni scrive un libro su Marx parla solo del valore, non dedica una pagina alla profezia di Marx della distruzione del capitalismo e alla lotta di classe.
Claudio Napoleoni, un grande maestro, pensava che ci fosse una parte utopistica e non scientifica nel pensiero di Marx. La parte non scientifica era tutta la parte dedicata alla rivoluzione.
In un libro fondamentale chiama Valore (ripubblicato da goWare) non c’è nulla sulla teoria del superamento del capitalismo, c’è solo una conclusione dedicata alla parte utopica del pensiero di Marx.
Marx, del resto, incontra una difficoltà teorica fondamentale che in termine tecnico si chiama la “difficoltà della teoria della trasformazione”.
Prima di andare
Criptovlute. Succede moltissimo. La Nigeria ha introdotto una propria criptovaluta pubblica, l’eNaira. Nel frattempo la capitalizzazione dei bitcoin ha raggiunto 1,3 milioni di miliardi di dollari (trilioni). Si stima, però, che il 28% di questo valore sia andato perduto accidentalmente, per esempio con la perdita delle credenziali da parte del proprietario. Pertanto il valore disponibile attuale scende a 900 miliardi di dollari. Sempre un bel gruzzolo.