di Giulio Sapelli
Con questo terzo intervento termina la serie di riflessioni di Giulio Sapelli sull’attualità di Marx. Tema fondamentale quello di oggi. Siamo arrivati allo stargate: la caduta del saggio di profitto.
Qui, forse, sta il tallone d’Achille di tutto quel sistema di relazioni economiche e d’altro tipo sorrette dal capitalismo che, ci dice Marx, è un sistema storico, non naturale e quindi a termine. “Grazie di averlo detto, Marx, anche se so che non è vero”, per parafrasare le parole di Cheyenne (Sean Penn) nella scena finale di This Must Be the Place, il più bel film di Sorrentino (in streaming su Chili).
A presto Giulio
Prima di congedarci da Sapelli, che spero tornerà quando prima con qualche primizia del suo nuovo lavoro sulla Storia d’Italia, vorrei invitarvi a leggere il profilo di Giulio tratteggiato da Domenico Siniscalco.
Sapelli e Siniscalco, entrambi torinesi, sono amici di lunga data e hanno condiviso molte esperienze professionali e umane.
Quando Giulio fu contattato , dopo le elezioni del 2018, per la premiership indicò, come condizione della sua accettazione, la nomina di Siniscalco a ministro dell’economia. Il che provocò l’insurrezione dei grillini (Siniscalco era stato ministro con Berlusconi) che affossarono la candidatura di Giulio, il quale, pur non adombrandosi, definì il movimento “peristaltico” e la loro concezione politica “lombrosiana”. In questi due termini, che occorre del pensiero per capirli, sta forse l’identikit più fedele del movimento fondato da Grillo.
Penso che Siniscalco abbia centrato in poche parole il tratto più profondo di questo umanista, libero pensatore e intellettuale pubblico che è Sapelli, quando ha detto di lui: “Non l’ho mai sentito dire cose banali”. E di cose banali se ne sentono fin troppe.
Buona lettura! Bellissima lettura!
Il problema della trasformazione del valore in prezzi
Marx non riesce a dimostrare, come Ricardo, che la teoria del valore-lavoro possa spiegare la determinazione dei prezzi delle merci in un mercato concorrenziale.
Nel terzo libro del Capitale si arrovella intorno a questo problema e cerca di dimostrare attraverso tutta una serie di formule matematiche insufficienti (soprattutto alla luce della matematica che abbiamo oggi in grado di fare equazioni molto più complicate) che il prezzo delle merci è determinato dal valore del lavoro in esso contenuto mettendoci dentro i valori dei beni per il consumo, per riprodurre le merci e via dicendo.
Ipostatizza che ci sia un regime di concorrenza, ipostatizza anche che il saggio di profitto sia uguale per tutti i capitalisti, ciononostante non arrivi mai a dimostrare che il prezzo a cui viene venduta una merce sia quello che si ottiene attribuendo un prezzo standard al valore dei beni necessari alla riproduzione della forza-lavoro, o del capitale costante che serve per riprodurre la forza lavoro.
Ritorno a Ricardo
Questo problema si chiama “problema della trasformazione del valore in prezzi di produzione” che Piero Sraffa risolve con il “rasoio di Occam”, cioè tornando a Ricardo: c’è lo sfruttamento, c’è il plusvalore e funziona.
goWare ha recentemente ripubblicato un libro fondamentale e introvabile in italiano. Si tratta de L’Introduzione ai Principi di Ricardo di Sraffa, nel quale l’economista di Cambridge, in appena 100 pagine, recupera le categorie fondamentali della teoria ricardiana messe in ombra dall’economia classica e ne mostra anche il loro valore per interpretare l’economia.
Il capitalismo è un po’ come la società feudale descritta dal grande storico francese March Bloch ne La società feudale.
Che cosa è l’economia feudale? È un’economia dove, attraverso il dominio e il lavoro comandato, il feudatario si impossessa del lavoro del contadino e crea la servitù della gleba. In questo modo si genera la rendita fondiaria. Non a caso Maurice Dobb, nell’introduzione ai tre libri del Capitale, cita March Bloch.
La storicità del capitalismo
Che cosa fa Marx? Marx dimostra che il sistema capitalistico non è eterno, che prima di lui ci sono stati altri sistemi, l’economia di allora era quella che era perché non c’era un sistema capitalistico, nonostante quello che pensa Braudel sulla nascita del capitalismo.
Il sistema capitalistico inizia con la prima Rivoluzione industriale inglese, tutto ciò che c’è prima non è capitalismo. Chi ha espresso molto bene questa tesi è Ruggiero Romano con la sua definizione di “lungo feudalesimo”.
Il sistema capitalistico non c’è sempre stato; prima di lui ci sono stati sistemi di produzione diversi, ma tutti erano fondati sul dominio e sull’estrazione del valore-lavoro delle persone sottoposte alla gerarchia.
La criticità del capitalismo
Il sistema capitalistico rende la creazione di plusvalore più efficiente, più elevata; però, ed è qui è l’altra parte più discussa del pensiero di Marx, che il capitalismo può incontrare una caduta del saggio di profitto che si verifica quando c’è troppo capitale costante e poco capitale variabile.
In questa situazione non c’è più la possibilità di spremere plusvalore, e soprattutto non essendoci sufficiente capitale variabile, non c’è la composizione organica nel consumo, non si forma mercato interno e quindi si verifica una crisi di sottoconsumo. È la crisi che vediamo dispiegarsi oggi.
Da profitto a rendita
Perché Marx è straordinariamente attuale? Perché oggi si verifica una caduta tendenziale del saggio del profitto. Il profitto finanziario, come diceva Minsky, che poi è un profitto a leva finanziaria (levarage), è un rischio, un debito che produce una rendita.
Non è pertanto un profitto capitalistico, è qualche cosa di diverso che si chiama per l’appunto rendita finanziaria. I fisiocratici l’avrebbero messa nel lavoro inutile, improduttivo che non produce prodotto netto e consente ai capitalisti di acquisire beni sul mercato dei beni di consumo.
Raffaele Mattioli (AD dell’allora Banca Commercial Italiana/Comit) annotava su un foglietto “libri che non mi posso permettere”. Era il 1960 e Mattioli era l’uomo più potente d’Italia, ma scriveva questa cosa perché guadagnava l’equivalente di 200 mila euro di oggi.
Oggi un manager può comprarsi un’isola intera con la sua retribuzione! La ricchezza finanziaria non crea circolazione del prodotto netto in formazione, anzi provoca la disuguaglinanza immensa che vediamo dispiegarsi in tutto il mondo.
La caduta del saggio di profitto
C’è una mancanza di circolazione e di valorizzazione del capitale a partire dalla grande impresa capitalistica. Un esempio: le dieci grandi imprese emergenti europee. Tutte hanno finalmente firmato un manifesto contro la politica della libera concorrenza in Europa.
Qual è il succo? Troppa competizione, crollo dei margini, non guadagniamo più niente, dicono. C’è una caduta tendenziale del saggio del profitto, perché non si riesce a creare capitale costante e valorizzazione tale da consentire il reinvestimento. Il risultato?
Oggi la marginalità scende. Come sopravvivono le imprese? Attraverso la leva finanziaria, attraverso le banche trasformate in macchine produttrici di eccesso di rischio finanziario. Non c’è più la formazione di capitale, la creazione di prodotto netto.
Esistono meno raffinerie di vent’anni fa. Questo vorrà pur dire qualcosa?
La ricchezza che non cresce
Nel frattempo sorgono mercati immensi, aumenta la produzione di acciaio, ma la ricchezza non cresce. Quello che è in discussione non è solo la caduta tendenziale del profitto, ma è anche la formazione del prodotto netto. La deindustrializzazione avanza, per questo c’è tanta disoccupazione giovanile.
La disoccupazione non è, come pensavano i socialisti ricardiani, una maledizione dei padroni non benevolenti. Rosa Luxemburg l’aveva capito. Nell’Accumulazione del capitale scriveva che non si può parlare di Marx senza parlare dell’accumulazione del capitale.
Il capitalismo risponde alle sue crisi ampliando la circolazione del capitale, cercando nuovi mercati.
Rosa Luxembourg lo scrive nel 1904 dalle carceri zariste dove era prigioniera politica; pensate come si stava meglio sotto lo zarismo che sotto lo stalinismo. Nelle carceri zariste si poteva scrivere in cella, in quelle comuniste c’erano il lavoro forzato e le percosse.
Vorrei vedere chi scrive l’Accumulazione del capitale in un gulag, invece lo zar lo consentiva e in questo avevano ragione i menscevichi a pensarci due volte prima di liberarsi dall’aristocrazia russa che aveva costruito l’Hermitage mentre quelli asiatici dei bolscevichi hanno creato una dittatura burocratica a monopolio terroristico di stato.
Prima di andare
Draghi o il caos. È l’ultimo libro di Sapelli scritto con l’amico Lodovico Festa e pubblicato da Guerini e goWare. Già su Amazon la versione digitale. Quando ne ha parlato dalla Palombelli lunedì scorso, Giulio è stato interrotto nel bel mezzo della sua spiegazione della “mucillagine peristaltica”, la condizione esistenziale odierna della nostra repubblica.
Libro importante. Un archeologo David Wengrow e un antropologo David Graeber hanno scritto un bel libro di storia, del tipo Homo Sapiens di Harari. È un libro iconoclasta e irrivirente, a tal punto che il “New York Times” lo recensisce con questo titolo What if Everything You Learned About Human History Is Wrong?. Si tratta di The Dawn of Everything: A New History of Humanity. Spero che qualcuno lo traduca in italiana. A caso: Mondadori.