Buon fine settimana. Torniamo il giovedì con qualcosa di speciale, in attesa che Paolo Manca ci mandi un nuovo contributo. Oggi lo incontro e saprò dirvi.
Ho chiesto alla mia amica Ada Ascari, che dal post odierno capirete di che cosa si occupa, se può prepararci un contributo al mese sull’arte di scrivere di se stessi. Una faccenda, per me importantissima per molteplici ragioni.
Saper guardare dentro se stessi e sapere raccontare con ordine e metodo il panorama che si è visto è qualcosa di essenziale nel processo di conoscenza e comunicazione di sé e, anche, di comprensione del mondo.
[Questo preambolo può essere sicuramente saltato. Potete iniziare subito a leggere dopo il foliage.]
Il metodo dell’autoanalisi
Mi sono fatto questa convinzione riflettendo sulle fonti della teoria di Freud, del quale mi sono occupato diversi anni fa relativamente ai suoi scritti su Leonardo da Vinci e sul Mosè di Michelangelo.
Due saggi di 100 pagine tanto perspicaci quanto fantasiosi, proprio perché, abilmente sottotraccia – come nota anche il suo biografo Ernest Jones – vi si può leggere una sorta di immedesimazione del grande terapeuta viennese con i due sommi artisti del Rinascimento.
L’analisi del Mosè, principalmente, specchia il suo travagliato rapporto interiore con Jung e il movimento psicanalitico.
Un’autodescrizione
Nel saggio su Leonardo, invece, prevale il tema dell’omosessualità e dell’impronta della nascita illegittima sull’opera del pittore di Vinci, come mettono ben in evidenza Rudolf e Margot Wittkover nel loro brillante studio sugli artisti nati sotto Saturno, recentemente ripubblicato da Einaudi.
Ma è ancora Jones a centrare il bersaglio:
La sensazione – scrive Jones – che molto di ciò che Freud disse internandosi nella personalità di Leonardo era al tempo stesso un’autodescrizione di sé; certo egli dovette identificarsi in larga misura con Leonardo.
Penso che il nocciolo del pensiero di Freud sia stato costruito proprio sull’autoanalisi, cioè sulla capacità di guardarsi dentro, analizzare il materiale grezzo, disboscare parte del territorio dell’inconscio e, soprattutto, sapere narrare ciò che si è trovato. Alle volte Freud utilizza questo materiale con artificio a supporto della sua teoria o dei suoi obiettivi.
Una ragione di più perché i racconti di sé vadano presi le pinze.
A proposito di pinze
Zeno Cosini è bravissimo a raccontare se stesso. Bravo a tal punto che neppure ci viene il minimo sospetto che stia dicendo un sacco di balle. Lui le racconta all’analista, ma l’analista si astiene dal metterci in guardia. È come sui social media, è una narrazione non moderata.
Zeno si fa passare per inetto, quando è uno stratega provetto quasi del talento di Mr Ripley (ma non così efferato, santo Dio!). La strategia per provocare la disgrazia economica e il suicidio di Guido Speier, allo scopo di portare a sé Ada Malfenti, vale il Napoleone di Austerlitz. Poi mente un po’ su tutto: sul fumo, sull’amante e via dicendo. Bravissimo Svevo, anche lui era stato a scuola da Freud. Ma qui finiremmo troppo lontano.
Lascio quindi spazio al contributo di Ada.
Segnatevi i libri
Se non avete 7 minuti per leggerlo, prendete almeno nota dei libri che Ada menziona:
Julio Cortázar, Storie di cronopios e di famas, 1971, Einaudi, 172 pp. (appena!, ma non c’è per Kindle)
Robert M. Pirsig, Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, 1990, Adelphi, 402 pp. (appena 6,99, la versione Kindle).
Massimo Gramellini, L'ultima riga delle favole, 2018, TEA, 258 pp. (7,99 euro per Kindle)
Paola Mastrocola, Che animale sei? Storia di una pennuta, 2013, Guanda, 204 pp. (7,99 euro per Kindle)
Austin Kleon, Ruba come un artista, 2013, Vallardi, 160 pp. (6,99 euro per Kindle)
Di cosa mi occupo
In questa estate strana, post pandemica, ma non troppo, le giornate scorrono lente e calde. Tranne quando arrivano improvvisi acquazzoni che ora assomigliano più a cicloni che temporali estivi. La mia casa è fresca tranquilla per cui ho tutto il tempo di pensare alle cose mie… che poi sarebbero le cose che mi frullano in mente come progetti a volte talmente astrusi che mi chiedo come sia possibile anche solo pensarli.
Io mi occupo di scrittura autobiografica; da quando sono andata in pensione nel lontano ’98 ho accantonato la mia vita precedente e intrapreso una nuova carriera che mi ha portato su una strada strana e poco conosciuta.
L’arte letteraria di sé
Da vent’anni ciò che faccio oscilla – come su un’altalena – tra la letteratura di sé e l’informatica io cerco di barcamenarmi in bilico tra l’una e l’altra. A volte mi sento come un Giano bifronte che guarda in più direzioni e non guarda da nessuna parte.
Ho imparato alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari a servirmi meglio della scrittura, meglio rispetto a quello che facevo prima della pensione, mentre ho scoperto l’Università di Pisa dove sono arrivata adulta tra giovanissimi per imparare il lato umano dell’informatica. Mai mettere limiti alle proprie aspirazioni.
Ma torniamo ai miei pensieri impossibili che sto cercando di concretizzare in progetti che siano fattibili e soprattutto accettati da chi ormai sa come sono fatta e anche da chi non lo sa.
Ci vuole l’dea
Ideare laboratori autobiografici a 360 gradi in cui partendo da un’idea si arrivi alla fine ad un libro, un volume, un testo da condividere non è impresa da poco.
Prima di tutto ci vuole l’idea, per tracciare un percorso che porti chi scrive di sé a costruire un qualcosa di coerente anche se frammentato.
Scrivere in un laboratorio non è come mettersi a tavolino e scrivere la propria autobiografia, un laboratorio è un percorso plurale e condiviso dove gli scritti di ciascuno servono da stimolo agli scritti degli altri, o delle altre, perché chi frequenta questi percorsi è solitamente donna.
Come arriva l’idea
L’idea può arrivare da qualsiasi parte, occorre solo afferrarla e renderla possibile, trasformarla in un percorso a tappe con una partenza e un arrivo.
Dicevo che può arrivare da qualsiasi parte, da un articolo, da un libro, da qualcosa che ha fatto qualcun altro. Si può copiare, ma ricordarsi di copiare bene; anche copiare è un’arte, afferrare l’idea, farla propria, trasformarla così che diventi un’altra cosa. A questo proposito consiglio di consultare il libro di Austin Kleon dal titolo esplicito Ruba come un artista.
Bisogna sempre tenere gli occhi e le orecchie bene aperti perché non si sa mai quando la lampadina si accende.
A volte alcuni romanzi possono fare da scaletta ad un laboratorio perché hanno in sé una struttura che offre un percorso articolato visibile probabilmente solo a me.
Ho fatto laboratori seguendo le tracce di Cortazar, Pirsig, Gramellini e Mastrocola; nei loro libri ho trovato ispirazione e sostegno.
Cortazar
Cortazar ha scritto un libro che si intitola Storie di cronopios e di famas, che attraverso le ambiguità e le opposizioni dei due popoli riesce a dare uno spaccato assurdo della società, i suoi non sense riflettono le manie ma anche i sogni che in forma latente sono parte di ciascuno. Qui un breve brano tratto dal libro letto da Julio Cortazar stesso.
Per chi scrive di sé imparare a guardare anche la parte un po’ pazzerella del proprio modo di essere può essere un grande insegnamento.
Lo consiglio vivamente a chi voglia sorridere, ma anche riflettere, credo che sia il capolavoro di Cortazar, anche Calvino ne fece una recensione entusiastica, io ci sono arrivata attraverso di Lui.
Per conoscere meglio Cortazar una bella biografia raccontata da Giovanna Taverni su “L’Indiependente”, che non vuole dire ‘l’indipendente’. Se non sapete che cosa vuol dire ‘Indie’ ve lo spiego un’altra volta!
Pirsig
Pirsig con suo romanzo Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, porta chi vuole scrivere di sé sulle strade del viaggio reale e metaforico. il viaggio non è la meta ma la strada che si fa per arrivarci.
Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta è l’unico romanzo di Robert M. Pirsing, come se tutta la sua creatività si fosse asciugata dopo la scrittura di questo libro. È un vero e proprio viaggio di formazione, seguirne le tappe è ogni volta una scoperta, dietro ogni curva, ogni salita c’è un pezzetto di vita da affrontare con entusiasmo.
Qui Fabio volo omaggia Pirsig parlando del libro in occasione della sua morte.
Gramellini
Gramellini ha scritto molti libri, anche autobiografici sulla sua vita e la sua infanzia, ma quello che ho trovato più stimolate dal mio punto di vista è L'ultima riga delle favole, il primo suo romanzo, in cui il protagonista si trova ad affrontare un viaggio simbolico all’interno di una specie di stabilimento termale che a poco a poco lo purifica e lo rende cosciente delle proprie capacità e talenti e lo porta a scoprire l’amore.
Il percorso autobiografico segue la trama del romanzo e porta chi scrive di sé a ritrovare se stesso.
Forse non è il romanzo più facile di Gramellini, ma dal mio punto di vista geniale. Per chi non se lo ricordasse, l’ultima riga delle favole è “…e vissero felici e contenti!”, ma è propio così?
Qui Massimo Gramellini stesso racconta il libro.
Mastrocola
Infine Paola Mastrocola con il suo Che animale sei? Storia di una pennuta porta chi scrive di sé a identificarsi via via con tutti gli animali presenti nel libro, in una evoluzione che porta alla fine a riconoscersi per quello che veramente si è.
Il percorso della pennuta del titolo è in fondo quello che fanno tutti per trovare il proprio posto nel mondo, scoprire la propria identità nelle numerose sfaccettature: lupo o agnello? Castoro o talpa? fino ad accettare la propria natura, qualunque essa sia.
Dal libro è stata tratta una serie animata su Rai YoYo (in streaming su RaiPaly).
Un viaggio lento
Trovata l’idea bisogna scomporla in tanti passi, perché non si può correre subito ai nodi importanti dell’esistenza, occorre andare per gradi, arrivarci piano piano, portare chi si affida alla mia guida a ricostruire un po’ alla volta momenti da ricordare, sia quelli felici, sia quelli infelici, perché la vita di ognuno è sempre fatta di alti e bassi, di una gamma di sfumature di grigio tanto che a volte è anche difficile capire dove siamo posti.
Per aiutare nel percorso è necessaria una buona dose di citazioni, di letteratura, di poesia e di arte perché non basta dare il titolo del “tema” e lasciare che ciascuno si arrangi.
Al tema ciascuno va portato per gradi, senza però influenzare chi scrive.
A volte raccontando qualcosa di diametralmente opposto o mostrando qualche opera d’arte contemporanea che sembra non avere attinenza e che invece stimola, come un messaggio subliminale, il ricordo. Occorre portare chi deve scrivere a vedere le cose da diversi punti di vista, come dice la Sclavi “a volte occorre salire sul balcone per veder quello che succede là sotto”.
Il sentiero del ricordo
Occorre ogni volta portare chi scrive di sé sul sentiero del ricordo ad afferrare con tutti i sensi le piccole tracce che si credevano dimenticate.
Proust docet col profumo delle sue medeleines.
È un lavoro di fino, perché con i ricordi non si scherza, posso venire fuori momenti bellissimi, ma anche episodi dolorosi e fatali, possono uscire lacrime ma anche risate, ironia o malinconia. Sta a chi conduce dirigere l’orchestra delle voci e mai far prevaricare una all’altra.
Sì a volte mi sento proprio come un direttore d’orchestra, l’armonia delle storie di vita che si intrecciano è una musica da scoprire volta per volta.
Il termine dei viaggio
Quando poi si è giunti al termine resta sempre il desiderio di rileggersi, per trovare… anzi ritrovare, spesso con meraviglia, le proprie pillole di vita. A volte emerge lo stupore: “ma l’ho proprio scritto io?”, per questo è fondamentale la scrittura, una tecnologia che rimane, sulla carta o sullo schermo di un computer.
Anche a me capita spesso di rileggere quello che ho scritto qualche anno fa – fondamentale il diario giornaliero – e pensare che se quella che emerge sono io, nello stesso tempo sono un io diverso che si è evoluto negli anni e mi fa capire che si cresce, si cambia, non si resta mai uguali a se stessi.
Rimettere in bella
È alla fine che entrano in campo le mie conoscenze informatiche, la raccolta dei file, la correzione, la messa in bella, che non vuol dire stravolgere il senso o il contenuto, ma solo evitare gli errori fatali di ortografia – anche al migliore scrittore ogni tanto ne scappano – sistemare la punteggiatura, uniformare i font e le spaziature, fare insomma tutte quelle cose che rendono un testo gradevole alla lettura.
Poi impaginare, inserire eventuali immagini, sempre solo quelle pertinenti al testo, fornite spesso da chi ha scritto, scegliere e realizzare la copertina, trovare chi può stampare in modo decente il libro e infine dare alle stampe.
Ho scritto poche righe che sottintendono un lavoro certosino di limatura e valorizzazione del contenuto.
E così si arriva alla fine, dopo mesi di lavoro finalmente si ha tra le mani il prodotto di un percorso e la soddisfazione è vedere sui volti di chi ha scritto la felicità del riconoscimento della loro scrittura, ma anche pronta a ricominciare da capo. Perché le idee mi frullano sempre nel capo e non vedo l’ora di metterle in pratica. Magari la prossima volta ve ne racconterò altre. Se avete voglia di leggermi, naturalmente.
Post non sidolizzato da Tiziano Tanzini. Gli auguriamo una prontissima guarigione in modo che possa essere con noi già da lunedì. Il suo è un cameo che non può mancare. I post di Ada arrivano già ben lucidati, ma i miei hanno bisogno di un po’ di Sidol.