COPERTINA
Dall’alto in senso orario.
Au hasard Balthazar. Nel film di Robert Bresson del 1966 la giovane contadina Marie è l’unica a prendersi cura e a provare compassione per l’asino Balthazar, che volutamente deriva il suo nome dal re magio portatore di ricchezza.
EO. Nel film di Jerzy Skolimowski è la giovane circense Kasandra a prendere a cuore la sorte dell’asino EO.
Shrek. Nella versione originale del film della DreamWorks Animation Ciuchino si chiama semplicemente “Donkey” ed ha la voce inconfondibile di Eddie Murphy.
Pane amore Fantasia. Nel film di Luigi Comencini del 1953 troviamo l’asinello Barone inseparabile compagno della Bersagliera (Gina Lollobrigida). Nel sequel, Pane amore e gelosia (1954), Barone resterà vittima del terremoto spezzando il cuore della Bersagliera che dirà: «Hai lavorato più degli uomini, riposa in pace amico mio».
Pippo Rizzo. Treno notturno in corsa, 1926, Archivio Pippo Rizzo, Palermo. Fino allo scorso 4 febbraio il dipinto si poteva vedere a Roma alla Galleria d’arte moderna e contemporanea nell’ambito della mostra PIPPO RIZZO. Palermo/Roma andata e ritorno.
Refik Anadol. Per realizzare questo dipinto, Artificial Realities: Coral che simula un immaginario habitat sottomarino, l’artista turco-americano ha utilizzato un modello di AI chiamato Large Nature Model. Lo si potrà esperire fino al 7 aprile alla Serpentine Gallery di Londra.
Buongiorno e buon inizio settimana.
Oggi tre cose che bisognerebbe mettere in pratica da subito: far rispettare gli asini, fare acquisti consapevoli online e viaggiare di più in treno anche per piacere. Tre cose che richiedono un po’ d’impegno.
Poi incontreremo un artista turco che lavora a Los Angeles dipingendo con un copilot di intelligenza artificiale.
La prossima settimana non riceverete la NL perché sarò a visitare l’Alhambra.
Asini e panda
L’asino è un interprete d’eccezione. Due grandi autori, Robert Bresson e, più recentemente, Jerzy Skolimowski, l’hanno portato molto in alto, anche sulle passerelle dei grandi eventi del cinema.
Il primo con Au hasard Balthazar (1966, DVD San Paolo) e il secondo con EO (2022, principali piattaforme), premiato a Cannes e candidato all’Oscar come miglior film internazionale.
Ma ci sono pure Ciuchino, il personaggio di Shrek (NowTV, Netflix) e Francis il mulo parlante di Arthur Lubin. E infine c’è Barone, il compagno fedele della Bersagliera (Gina Lollobrigida) in Pane amore e fantasia (RayPlay).
Recentemente è arrivato il delizioso film francese Io lui e l’asino (2021) di Caroline Vignal con uno stupendo asino grigio del Parco nazionale delle Cévennes, nel Massiccio centrale in Francia.
In questi giorni ho letto qualcosa di molto triste sugli asini. La popolazione asinina dell’Africa si è dimezzata in appena 10 anni. Il 60% degli asini di tutto il mondo stazionano e lavorano in quel continente.
Si dà il fatto che gli asini africani facciano gola alla classe media cinese. La pelle dell’asino contiene una sostanza molto ricercata dal comparto del lusso in Cina. Se ne ricava una gelatina chiamata eijao.
L'industria cosmetica, farmaceutica e alimentare cinese consuma tra i quattro e i sei milioni di pelli d'asino ogni anno. Nella provincia dello Shandong c’è uno stabilimento modernissimo e mostruoso con 3700 dipendenti.
La compagnia, quotata a Shanghai, fa oltre mezzo miliardo di euro (4.050 milioni di Yuan) di giro d’affari realizzati in Cina. Il valore all’origine di una pelle d’asino è pari a 160 dollari.
Con l’aumento vertiginoso della domanda di eijao il traffico e la macellazione degli asini africani ha raggiunto livelli insostenibili. Tanto che se ne teme l’estinzione, denunciano le organizzazioni ambientaliste.
Per di più la specie si riproduce lentamente: un’asina partorisce un cucciolo unico ogni due anni. L’Unione africana ha vietato il commercio delle pelli d’asino, ma i governi africani sono lenti ad applicare il divieto.
Io mi chiedo: ma gli asini non sono come i panda? Verrebbe in mente a un africano di scuoiare un panda per fare dei biscotti? E allora chi è l’asino? L’asino è che l’asino fa direbbe Forrest Gump (NowTV).
Rendi e getta
Un’azione semplice come restituire un acquisto online o sostituirlo può essere veramente deleteria e poco consapevole. Mi riferisco al reso alle piattaforme di e-commerce.
Secondo alcune stime, in America, i resi di e-commerce sono raddoppiati, passando dall'8% del 2019 al 16% del 2022. Peraltro restituire è facilissimo: basta infatti cliccare su “Restituisci” e scansionare un codice QR.
Nell’online i resi avvengono a una velocità tripla rispetto ai negozi di città.
Il processo di restituzione è ben lontano dall’essere un circolo virtuoso di riciclo. In realtà questo atto ha un costo terribile, seppur nascosto. Infatti molti prodotti restituiti non vengono riciclati, bensì distrutti.
Secondo stime attendibili i resi online generano in un anno 16 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio, pari a 3,5 milioni di auto in circolazione. Chi tiene all’ambiente non può restare indifferente a questo dato.
Negli Stati Uniti, nel 2020, due milioni e mezzo di tonnellate di capi di abbigliamento restituiti sono finiti in discarica. Nel campo del vestiario i clienti restituiscono moltissimo: più di un capo su quattro torna indietro.
Alla base del problema c’è il comportamento leggero dei consumatori stessi. Il 63% degli americani ammette di comprare online diverse taglie dello stesso capo e poi restituire quelle che non vestono bene.
Una pratica che ha un nome: “bracketing” o “resi programmati”. Un'altra pratica discutibile è il “wardrobing”, cioè indossare un capo in una sola occasione, per esempio un matrimonio, e poi restituirlo.
Per il venditore è più economico smaltire l'articolo che controllarne l’integrità, riconfezionarlo e rivenderlo. Esistono delle startup che offrono servizi di intermediazione per indirizzare i resi verso l’usato o la beneficenza.
Ma è una goccia nel mare. È triste constatare che quando qualcosa è facile, gratuito e democratico, di solito ha un costo terribile per la collettività. Non dovrebbe essere così.
La bottega della pittura allucinatoria
Entrare da artista al MoMA di New York è come sedere da candidato nella sala degli Oscar al Dolby Theatre di Hollywood la seconda domenica di marzo. Il 38enne artista e designer turco Refik Anadol c’è riusciuto.
Un suo enorme dipinto-installazione, Unsupervised, è stato posizionato nella hall del museo che si affaccia sulla 53ª strada, tra la quinta e la sesta avenue, a New York.
Anadol, con la sua bottega di Los Angeles, ha sviluppato un modello di linguaggio avanzato per analizzare i metadati della vasta collezione d'arte del MoMA: 140.000 opere in un arco di 150 anni.
Tali informazioni sono state trasformate in forme, che incastrandosi e miscelandosi dinamicamente, formano nuove figurazioni, integrando anche gli stimoli sensoriali dello spazio pubblico circostante.
Più che frattali, i “dipinti” di Anadol sembrano paesaggi onirici nati da allucinazioni. Una sorta d’arte psicotica, ma grandemente suggestiva, alcuni la trovano addirittura ipnotizzante.
Una sua opera, Machine Hallucinations - Renaissance Dreams, si è vista anche nel cortile di Palazzo Strozzi a Firenze nel 2022 nell’ambito della mostra Let's Get Digital!.
Leggo che l’idea di fare pittura allucinatoria sia venuta ad Anadol dopo la visione di Blade Runner (1982, NowTV) quando Rachael, una replicante speciale, scopre che i suoi ricordi appartengono a qualcun altro.
“Da quel momento in poi – ha dichiarato Anadol –ho iniziato a chiedermi che cosa possa fare una macchina con i ricordi di qualcun altro?”. E che cosa può fare se non allucinazioni.
Fino al 7 aprile Anadol espone alla Serpentine North di Londra. Echoes of the Earth: Living Archive è una presentazione multi-canale e immersiva di opere che rielaborano i fenomeni naturali in mondi alternativi.
In fin dei conti l’allucinazione c’è sempre stata nell’arte. Niente di nuovo sul fronte occidentale (Netflix).
Grafico della settimana: aereo o treno?
Francia e Spagna hanno vietato i voli a corto raggio. Paesi Bassi e Danimarca stanno pensando a tasse più alte sui trasferimenti in aereo. Si vuole forse incentivare gli spostamenti in treno?
Sinceramente sembrerebbe di no, perché spostarsi in treno in Europa può essere un mal di testa. C’è però l’InterRail per tutte le età e adesso i trasferimenti e le prenotazioni si possono gestire direttamente da un app.
Ma non basta. Portare il pubblico a scegliere il treno piuttosto che un volo low cost è al momento una missione pressoché impossibile. Soprattutto per i costi e i tempi di percorrenza.
Uno studio di Greenpeace del 2023, che ha confrontato i prezzi dei biglietti su oltre 100 rotte tra le principali città europee, ha rilevato che i treni sono in media due volte più cari dei voli.
Un problema ancora più grande è che la rete ferroviaria non offre la connettività richiesta dai viaggiatori che invece trovano con le compagnie low cost come Ryanair che trasporta 200 milioni di persone ogni anno.
E non è neppure irrilevante che il settore aereo occupi 5 milioni di persone, contribuisca al PIL europeo con 300 miliardi di euro e muova 800 milioni di viaggiatori all’anno.
Percorso in salita quello del treno come si vede anche dalla grafica sotto.
Per ora consoliamoci con il fatto che la Banca europea per gli investimenti si è fatta garante di un pacchetto di 3,4 miliardi per sostenere la modernizzazione della linea tra Palermo e Catania.
Sono appena 178 km di una tratta regionale, il che mostra l’enorme scala di investimenti richiesta dall’ammodernamento delle ferrovie europee. Cina e Giappone però l’hanno fatto.