COPERTINA
Dall’alto in senso orario.
Una scenetta familiare, creata pezzo dopo pezzo con mattoncini Lego. La caratteristica di questi blocchi è la loro compatibilità universale: ogni mattoncino può essere combinato con un qualsiasi altro, dando vita a infinite situazioni immaginarie. Non a caso, Lego è il più grande produttore di giocattoli al mondo, con sede a Billund, in Danimarca.
La famosa copertina dell’album “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd, uscito nel 1970, è opera di Storm Thorgerson. Il graphic designer e fotografo britannico ha saputo catturare l’essenza dell’album con l’immagine tanto semplice quanto potente di una mucca. A Thorgerson si devono molte altre copertine degli album dei Pink Floyd.
Il cappellino da baseball rosso con la scritta “Make America Great Again” che in genere indossa Donald Trump durante i suoi comizi. Questo tipo di copricapo è diventato il simbolo della sua campagna elettorale. Il candidato democratico alla vicepresidenza Tim Walz ha usato il termine “weird” per definire la personalità dell’ex-presidente.
Nel film del 1974 diretto da Jack Clayton, Robert Redford interpreta Jay Gatsby, il misterioso milionario di “Il grande Gatsby” di Fitzgerald. Secondo alcune statistiche il libro del 1925 è il romanzo contemporaneo più letto. Gatsby, un ex gangster, diviene ricco e riesce a coronare il sogno della sua vita, ma la sorte sarà crudele con lui.
Negli occhi di Leila Hosseini (Harienne Mandi), nell’oblò di sinistra, e di Maryam Ghanbari (Zan Amir Ebrahimi), si legge tutta la tensione di “Tatami”, il poderoso film co-diretto dalla stessa Zan Amir Ebrahimi e da Guy Nattiv. Presentato e premiato a Venezia 2023, il film è ora disponibile in streaming su MYmoviesONE. Imperdibile!
Buon giorno e buon inizio settimana.
Quest’oggi andremo subito in Danimarca dove è successo qualcosa di “weird”. Una parola dalle molte sfumature che è risuonata molto nella campagna elettorale americana e ha scatenato un torrente di meme.
Mentre a Venezia è in corso il festival, il servizio di streaming MYmovieONE propone alla visione uno dei più bei film passati alla scorsa edizione della kermesse, “Tatami”. Pure in esso risuona un’attualità impattante.
Infine il grafico della settimana mostra i risultati di una inchiesta per rispondere alla domanda: “con quanto patrimonio mi posso considerare ricco?”. Un quesito, che pur non toglendo il sonno, tutti ci siamo posti.
Buona lettura e buona visione!
La Danimarca che svetta
Secondo il futurologo Francis Fukuyama il concetto più “sopraffino” di democrazia trova il suo inveramento in Danimarca. Il paese nordico primeggia anche in tutte le classifiche di virtuosità.
La Danimarca è anche la patria della Lego, il più grande produttore di giocattoli al mondo, e della Novo Nordisk, un’azienda farmaceutica con la maggiore capitalizzazione di mercato In Europa.
Nell’ottima e convulsa serie “The bear”, e anche nella realtà, gli aspiranti cuochi stellati vanno a Copenhagen a imparare il modo di entrare nella Guida Michelin. Lì c’è lo chef René Redzepi, da anni al vertice della cucina mondiale.
In Danimarca un lavoratore del settore della ristorazione o di primo impiego a McDonald’s ha un salario non inferiore a 20 euro l’ora, 6 settimane di ferie pagate, un anno di congedo di maternità e un piano pensionistico.
Anche in letteratura, la Danimarca occupa un posto di primo piano. Accanto a Ulisse, Amleto è il personaggio di fantasia più noto. Amleto era il principe di Danimarca quando si tormentava sul senso dell’esistenza.
Dalla Danimarca provengono grandi personalità del cinema, come Dreyer, Von Trier, Vinterberg, Susanne Bier. Nel 1992, la Danimarca ha vinto a sorpresa il campionato europeo di calcio (film “Estate 92”).
Ora che non c’è più “marcio in Danimarca”, possiamo interpretare sotto una luce del tutto nuova una misura recentemente adottata dal governo danese, che non è destinata soltanto a migliorare il decoro o il bon ton del Paese.
La flatulenza prodotta dagli allevamenti di bovini e suini sarà soggetta a una tassa: 100 euro per capo all’anno, ovvero 120 corone (16 euro) per tonnellata di emissioni di anidride carbonica equivalente generata dal bestiame.
I ruminanti degli allevamenti sono responsabili dell’11% delle emissioni totali di CO2, mentre l’intera filiera alimentare vi contribuisce per il 25%, superando anche le emissioni dell’intero sistema dei trasporti (auto, aerei, navi).
Beh, forse è arrivato il momento di fare qualcosa. Ed è ancora la Danimarca a essere sola al comando.
Tatami, chi va al tappeto?
Bianco e nero nitido, porte che si aprono e si chiudono, gente che osserva in silenzio e una tensione irrisolta: sembra un film di Robert Bresson. E invece è “Tatami”, una produzione iraniana diretta da un duo registico insolito.
Lui, Guy Nattiv, israeliano, e lei, Zar Amir Ebrahimi, iraniana. Presentato a Venezia nel 2023, il film arriva ora in streaming su MYmovieONE, che offre anche i film proiettati in questi giorni al festival di Venezia.
La judoka Leila Hosseini (interpretata da Harienne Mandi) è consapevole delle sue potenzialità e sa di poter vincere la medaglia d’oro ai campionati mondiali di judo femminile che si svolgono a Tbilisi in Georgia.
Tuttavia, con ogni probabilità, dovrà affrontare in finale una judoka israeliana di pari valore, Shani Lavi (interpretata da Lir Katz). Tra le due donne c’è un rapporto, seppur nella rivalità, di rispetto e di stima.
La guida suprema dell’Iran e la federazione di judo della repubblica islamica non vogliono che questo incontro avvenga e ordinano alla Hosseini, tramite la sua allenatrice, un’ex-judoka di spicco, di ritirarsi dalla competizione.
La scelta che compirà Leila, una donna impavida e al tempo stesso fragile, richiama, sebbene con minore drammaticità, quella di Sofia nel film di Alan J. Pakula del 1982 che valse a Meryl Streep il suo secondo Oscar.
Il valore di “Tatami” non risiede solo nella denuncia di un orribile abuso, ma sta nella sua qualità cinematografica. Nella cura delle inquadrature, degli ambienti e nel taglio potente delle scene risuonano i thriller di Hitchcock.
È vero che Leila va al tappeto sotto il fardello della sua scelta, ma al tappeto va soprattutto il regime degli Ayotollah. Viene da chiedersi: “perché Israele e Iran invece di scambiarsi missili, non potrebbero vedersela sul tatami?”.
Weird, quante sfumature!
Forse abbiamo il termine che meglio racchiude il pensiero e l’azione di Donald Trump: è “weird”. Non è affatto un’offesa né un epiteto, anzi! Volete altri esempi di “weird”. Vincent Van Gogh , Pontormo, Charles Bukovsky.
Lo storico dell’arte Rudolf Wittkower, insieme alla consorte, ha scritto un libro sugli artisti “weird” che loro chiamano i “Nati sotto Saturno”. Non esiste una parola italiana che renda appieno il suo significato. Forse “strambo”? Ma no!
Ricordo che c’era un negozio nella Silicon Valley chiamato WeirdStuff. Era un vero e proprio bazar di apparati, dispositivi e ferraglia introvabile. Riparavano anche l’impossibile. Tutta roba “weird”.
Nel negozio si potevano cercare anche le valvole termoioniche dell’ENIAC, il primo computer della storia. Questo negozio, una vera e propria reliquia, ha chiuso i battenti a Sunnyvale nel 2018.
In effetti, come scrive l’opinionista del “New York Times” e linguista della Columbia, John McWhorter, “weird” è una parola che affonda le radici nella storia profonda della lingua e non si presta a un uso facilone.
Nell’antico inglese la parola “weird” significava “destino”. Le “weird sisters” del “Macbeth” di Shakespeare predicevano il futuro. Poi la parola ha perso questo senso e ha preso a indicare qualcosa più di “peculiare” che di sinistro.
Ma Trump non si sente “weird”. Ha dichiarato: “Dicono che JD (Vance) e io siamo ‘weird’. Penso che siamo persone estremamente normali, esattamente come voi”. Piuttosto sobria come replica rispetto a quelle a cui ci ha abituati.
Matt Gaetz, parlamentare repubblicano della Florida, su X è stato più tagliente di Donald e ha scritto “No!, siete voi ‘weird’!”. L’unica replica possibile per un termine dal significato così sfuggente.
Grafico della settimana. Il patrimonio che ti fa sentire ricco
Un recente sondaggio ha rivelato che mediamente ci vogliono 2,5 milioni di dollari per considerarsi una persona ricca. L’entità della cifra varia notevolmente tra le generazioni, come mostra il grafico sotto.
Per sentirsi “finanziariamente a posto”, si ritiene che occorrano 778.000 dollari. Inoltre, il campione del sondaggio reputa di dover mettere da parte un milione e mezzo di dollari per la pensione. Buona fortuna!
Il sondaggio mostra un certo ottimismo sulle aspettative patrimoniali delle giovani generazioni americane: il 29% degli intervistati pensa che diventerà ricco. Quasi a uno su 3. Ottimismo del mondo nuovo.
Il direttore della ricerca condotta dalla Charles Scwab Corporation ha richiamato l’attenzione sul differente significato che le persone possono dare alla ricchezza. Per esempio è ricchezza anche avere tante persone amiche o essere in salute.

Prima di andare. in questo momento il film più visto su Mubi è “Il sacrificio” di Andrej Tarkovskij, recentemente restaurato in 4K. Questo restauro esalta il lavoro di Sven Nykvist, il direttore della fotografia dei principali film di Ingmar Bergman.