
Buongiorno e buon inizio settimana. Nella scorsa newsletter c’era la California (l’icona liberal dell’America), questa settimana, per parità, vi propongo il Texas (l’icona libertaria dell’America) e nemesi politica del “Golden State”. Sia quest’ultimo che il “Lone Star State” sono due grandi laboratori della modernità e sarebbe infantile giudicarli in un’ottica meramente ideologica.
Magnetico Texas
Il Texas occupa un posto importante nel mio immaginario. L’ho sempre identificato con il Western, e il Western con la corsa verso il nuovo. Appena ho imparato a leggere c’è stato il ranger bambino Capitan Miki che portava la giustizia nelle terre “senza tetto né legge” [su Prime Video] del Texas (o era il Nevada?).
Lasciamo perdere! L’orizzonte narrativo del western è comunque il Texas.
Poi c’è stato un film: La Battaglia di Fort Alamo con John Wayne e Linda Cristal, nel quale ritrovavo il meme “eran trecento, eran giovani e forti e sono morti” che buttavo giù a memoria per il maestro Bellini.
Quindi è arrivata la favolosa città di Houston dove nel 1969 apparvero i maghi dello spazio e quelli dei cuori artificiali. In quegli anni a Houston lavorava anche Mark Rotkho a creare le 14 pitture nere della cappella che porta il suo nome che lo consacra come uno dei maggiori artisti moderni.
Da più adulto sono stati i teschi e i fiori di cactus della sofisticata Georgia O’Keeffe a ricaricare il magnete Texas. Ancora una volta: non era il Texas (dove la O’Keeffe, però, dipinse degli straordinari acquerelli del Palo Duro Canyon) ma il New Mexico. Sempre lì siamo.
The Duke, l’icona
Il volto del Texas, però, è “The Duke”, John Wayne, nato però in Iowa. Sappiamo che il cinema nutre immensamente l’immaginario ed è, come aveva intuito Mussolini, l’arma più potente per la plastica dei cervelli. Oggi lo chiamiamo soft power.
Quando nel 1999 stavamo progettando MYmovies, Gianluca e io, negli ariosi uffici di Thesis di Milano, abbiamo incontrato Pino Farinotti per avere il suo dizionario di tutti i film e la sua collaborazione.
“Va bene” ci ha detto Pino. Poi con un’aria di sfida ha aggiunto “I miei attori preferiti sono Alan Ladd e John Wayne. Qualcosa in contrario?”. Gianluca non ha battuto ciglio, io lo avrei abbracciato.
MYmovies nasceva libertario, vagamente texano, completamente fuori dal coro degli epigoni tardo godardiani (grandissimo cineasta) e radical-chic che dominavano il panorama della critica italiana.
MYmovies respirava aria fresca. Con Ladd e Wayne sarebbe stato nazional-popolare. Avrebbe giudicato con pari imparzialità sia i film di Lars Von Trier o dei frère Dardenne che il dispregiato prodotto hollywoodiano. Il suo motto, vagamente populista, era ed è “Il cinema della parte del pubblico”.
L.B. Johnson, l’apostata
L.B. Johnson, texano, è stato uno dei presidenti più riformatori della storia americana. È stato sommerso dal Vietnam, ma una poderosa e accurata biografia (3 voll.) dello storico Robert A. Caro gli ha reso giustizia. E adesso anche l’opinione pubblica guarda all’eredità dell’amministrazione Johnson senza più gli occhiali del Napalm o quelli degli spari di Dallas.
In un film HBO del 2014 (su Prime, 3,99 euro), interpretato da un ispirato Bryan Cranston (premiato con un Tony Award), è filmato il momento cruciale della presidenza Johnson. Nella stanza ovale un turbato Johnson confessa all’olimpico vice, Hubert Humphrey, di aver sottratto per sempre ai democratici il sud del Paese, e in particolare il suo Texas: c’era la sigla LBJ sul Civil Rights Act.
E così è stato. Dal 1980 in poi il Texas è diventato il fortino dei repubblicani.
Greg Abbott va a Washington
Adesso il capitano di questo fortino, Greg Abbott di Wichita, sta organizzando i texani per tornare a Washington con il piano di tenere lo Stato fuori dagli affari degli americani e raccogliere l’eredità di Trump su armi, immigrazione, cambiamento climatico, “frodi elettorali” e politiche di genere.
C’è però molto traffico sulla via di Washington. Sotto le bandiere del GOP viaggiano anche Trump stesso e Ron DeSantis, governatore della Florida, che batte il chiodo con lo stesso martello di Abbott.
Inoltre, nell’aprile 2022, Abbott dovrà respingere la probabile sfida nelle elezioni di governatore del Texas del mercuriale e statuario attore Matthew McConaughey, il protagonista del superpremiato Dallas Buyers Club (su Chili, 2,99 euro) e di un eccezionale cameo in The Wolf of Wall Street (su Netflix).
McConaughey, democratico, si è già guadagnato l’appellativo di “governatore Bongo”, dopo una sorta di bunga bunga, ritmato dalla personale percussione del bongo: un festino nella sua dimora di Austin che lo ha portato dritto alla stazione di polizia dopo che i vicini avevano chiamato lo sceriffo.
Texani in marcia
Ma Abbott si è già messo decisamente in marcia con un segnale fortissimo: una legge sull’interruzione della gravidanza, denominata orgogliosamente “heartbeat bill” (legge sul battito cardiaco), che sembra ispirata alla teocrazia di Gilead.
In Texas l’aborto sarà reato penale per la donna dopo appena sei settimane di gestazione. Ci sarà una ricompensa dello Stato texano a chi denuncerà una persona coinvolta in un atto teso a favorire l’aborto dopo questo termine. Torneranno i “Wanted” nelle strade texane. Le cliniche hanno già fatto la serrata.
Dopo il nulla osta della Corte Suprema a questa legge (si dice per ragioni procedurali), Abbott è diventato un razzo nell’universo degli elettori del GOP che somigliano sempre più a una mandria di bisonti infuriati.
Deve però stare molto attento il lanciatissimo Abbot: anche il suo predecessore Rick Perry sembrava un razzo, ma alla prima occasione importante fuori dalle mura di casa si è poi rilevato un petardo bagnato.
Il techxodus
Ma Abbot ha messo a segno un altro strike. Sta portando via dalla Silicon Valley start-up e primarie imprese tecnologiche, come pure intelligenze e competenze nel settori innovativi.
Sarà anche un fortino ultraconservatore, ma i tecnologi liberal iniziano a preferire Austin e Dallas a San Francisco e a San José: un gruppo abbastanza folto di persone e di aziende vi si sta trasferendo.
I due uomini più ricchi del mondo hanno spostato le loro attività in Texas. Elon Musk adesso è a Austin dove costruirà la nuova fabbrica Tesla. Ha detto che Austin sta diventando “the biggest boomtown that America has seen in 50 years”. Blue Origin, il nuovo moonshot di Jeff Bezos, ha sede in Texas.
Samsung sta costruendo a Austin un impianto di microprocessori da 17 miliardi di dollari. La rivale Apple vi sta aprendo un campus con un investimento di 1 miliardo.
HP completerà il trasferimento della sede nel 2022 da San José a Spring, 30 km da Houston. Anche Oracle sta trasferendo il suo quartier generale da Redwood City nella Silicon Valley proprio a Austin.
L’indice del Financial Times sulle imprese con il maggiore tasso di crescita ve ne colloca ben 10.
Imbarazzo Texas
Il quotidiano di Londra individua varie cause del boom di Austin. La principale sembra essere il basso costo degli alloggi e della vita rispetto a San Francisco, Boston o New York.
Però, come la mettiamo con l’aborto, le armi, il gerrymandering, la restrizione dei diritti elettorali e i transgender? Per ora c’è molto imbarazzo. La speranza è che, alla fine, le cose cambino, perfino in Texas.
Solo Marc Benioff, capo di “Salesforce”, si è esposto: “Salesforce” è disposta ad accogliere tutte quelle donne che vogliono uscire dal Texas.
“Stanno accadendo molte cose in Texas. Vedremo”, gli ha replicato Michael Dell.
Forse Dell che è un texano DOC sa che il Texas può sorprendere perché è il prisma che scompone tutti i colori del nostro tempo. E in questa molteplicità di cromie sta il suo fascino.
Contenuto espanso #1: Lo shock dei nuovi arrivati in Texas
Prima di andare
Peter Singer. Nel precedente post vi ho proposto una lettura del bioeticista di Princeton. Mi è stato fatto giustamente notare che Singer è un assertore dell’eutanasia di neonati con forti disabilità. Detto così fuori contesto, e anche in un qualsiasi altro modo, è raccapricciante. Forse, di ciò di cui non si può parlare è meglio tacere.
Bitcoin. Il New York Times ci informa, in un editoriale di Binyamin Appelbaum, che il 20% dei bitcoin (valore attuale 140 miliardi di dollari) è andato in fumo perché si è smarrita o non è più accessibile la password per accedere agli account. In proposito leggi anche questo reportage.
Film. 20 anni fa usciva La città incantata di Hayao Miyazaki, uno dei più grandi film di tutti i tempi. Nigel Andrews, il critico senior del Financial Times, che al tempo lo celebrò con sei stelle su cinque, lo commemora in un articolo che abbiamo tradotto per voi. Da oggi è disponibile anche un anniversary box.
Contenuto espanso #2: Ipnotizzati dallo spirito di Miyazaki, di Nigel Andrews.
Al sidolizzante Tanzini il “modernismo” del Texas non appare molto chiaro: anche MM gli sta alla larga e parla di Iowa, Nevada e New Mexico. Capitan Miki? Poco interessante. Fedele seguace del Navajo “Aquila-Della-Notte”/Tex, preferisce invece l’Arizona…