COPERTINA
Dall’alto in senso orario.
Stazione di Ragusa. Un curioso cartello segnala i servizi igienici, benché chiusi. A San Francisco neanche quel tipo di bagni pubblici hanno. A Tokyo è tutta un'altra musica.
Tokyo. Il bagno pubblico progettato dall’architetto di statura mondiale Tadao Ando. È stato costruito, nell’ambito del progetto Tokyo Toilet, nel quartiere di Shibuya. Ve ne sono altri 16, progettati da archistar. Leggo che il costo medio di una struttura si aggira sui 650mila dollari.
The Perfect Days. Il protagonista Kōji Yakusho nella parte di Hirayama, addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Shibuya. Yakusho è candidato all’Oscar come miglior attore protagonista e il film di Wim Wenders lo è quale miglior film straniero. Li meriterebbero entrambi, ma la concorrenza è agguerrita.
I 7 Samurai. Il film di Akira Kurosawa compie 70 anni. È una delle opere più seminali della storia del cinema. Oggi possiamo finalmente vederlo (Prime Video) nella sua integralità anche in italiano. Riduzioni e tagli hanno fatto dire al regista, quando il film fu presentato a Venezia alla mostra del 1954, che gli spettatori “invece dei sette samurai ne avevano visti tre e mezzo”.
Il Castello (Das Schloss) di Kafka. Il manoscritto del romanzo di Kafka, con gli interventi dell’autore, è visibile, insieme a molti altri, in una interessantissima mostra sull'arte dell'editing dal titolo Write, Cut, Rewrite alla Bodleian Library di Oxford. Quest'anno cade il centenario della morte di Kafka sul quale torneremo spesso.
Buongiorno e buon inizio settimana.
Iniziamo con delle sfide. Nella finale del Superbowl San Francisco ha ceduto di misura a Kansas City (23-25). E i San Francisco 49ers potevano anche prevalere sui Kansas City Chiefs, dando un bel dispiacere a Taylor Swift.
Se i 49ers hanno sfiorato la loro sesta vittoria nel Superbowl, la città di San Francisco ha ricevuto una sonora lezione da Tokyo in un’altra sfida, quella dei bagni pubblici.
Restiamo a Tokyo per spegnere le 70 candeline sul dolce di compleanno de I sette samurai di Akira Kurosawa.
Agli amanti dei libri, della scrittura e della lettura dal 29 febbraio viene dato un appuntamento cruciale, a Oxford.
Il grafico della settimana documenta un’Europa lanciata in una corsa agli armamenti che ha tenebrosi precedenti.
Il toiletgate di San Francisco e il Tokyo Toilet Project
Sappiamo che uno dei maggiori problemi di San Francisco, insieme alla crisi degli alloggi e al fentanyl, sono le imbarazzanti evacuazioni per strada dei molti senzatetto. Tanto che c’è un’app per localizzarle, si chiama SnapCrap.
È candidamente acclarato che tenere dei bagni pubblici è un costo che il Comune della opulenta città californiana, portato per bocca per la sua inefficienza, non è in grado di sostenere.
Eppure ha un budget di 14 miliardi di dollari e impiega 30mila persone. L’aspirante presidente e governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha deciso di venirgli incontro dando dei soldi al Comune.
È quindi partito il progetto per la costruzione di un bagno pubblico nella Noe Valley Town Square, una frequentata piazza nell’omonimo elegante e quieto quartiere ai piedi di Twin Peaks. Un vano di appena 14 mq.
Quando si è saputo che il costo previsto ammontava a 1,7 milioni di dollari, cioè 120 mila dollari al metro quadro, la gente si è indignata e il progetto è diventato subito il “toiletgate”.
Per una settimana non si è parlato d’altro in città e l’imbarazzo è stato tale che Gavin Newsom ha ritirato i fondi e l’amministrazione comunale ha cancellato il progetto lasciando, peraltro, del pacciame nell’elegante piazza.
Per gli abitanti della città californiana sarà un’umiliazione andare al cinema e vedere nel bellissimo film di Wim Wenders, Perfect Days, con quale amore la città di Tokyo si prende cura dei propri bagni pubblici.
Nel quartiere di Shibuya il Comune di Tokyo ha costruito 17 bagni pubblici progettati da 16 architetti giapponesi di prestigio mondiale come Tadao Ando, Shigeru Ban e Kengo Kuma. Piccoli gioielli architettonici e tecnologici.
E intanto nella liberal San Francisco, la seconda città più ricca del mondo, l’unica opzione è la strada.
Editor, chi?
Come la sceneggiatura nel cinema l’editing di manoscritti è un lavoro negletto. Se chiediamo per strada di nominarci 5 sceneggiatori o 5 editor otterremo “zero tituli”. L’editor risulterà un lavoro ancor più arcano dello sceneggiatore.
Forse scrittori come Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Thomas Wolfe non sarebbero diventati delle star se non si fossero imbattuti in Maxwell Perkins.
Se qualcuno non sa chi sia costui, beh a dirvelo c’è un film del 2016, Genius, (Prime video) con Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Dominic West, Guy Pearce e Laura Linney. Un cast stellare.
Anche il nostro Beppe Fenoglio deve molto a Calvino, quando questi era a Einaudi. Deve molto anche TS Eliot a Ezra Pound per The Waste Land. O Mary Shelley al marito Percy Bysshe per Frankstein. Editor questi d’eccezione.
Il 29 febbraio 2024, fino al 5 gennaio 2025, alla Bodleian Library di Oxford si apre una mostra sull’arte dell’editing dal titolo Write, Cut, Rewrite. Se non potete recarvi a Oxford c’è il bel catalogo disponibile anche su Amazon.
I materiali della mostra provengono dalla straordinaria collezione di manoscritti della Biblioteca stessa. Richard Ovenden, il Bodley’s Librarian, introduce così la mostra curata da due professori di storia dell’editoria:
“Il processo editoriale, passaggio fondamentale nella creazione di grandi opere letterarie, è invisibile al lettore. La nostra mostra porta alla luce quei tagli e quelle riscritture che hanno reso un manoscritto un classico”.
Un esempio. Il castello di Kafka ci è arrivato scritto in terza persona (K.). Le pagine del manoscritto evidenziano l’indecisione del praghese tra la terza (K.) e la prima persona (Ich). Poi risolta per la terza.
Sull’editing Stephen King è adamantino. Il suo consiglio ai colleghi è “Kill your darlings!”. “Sbarazzati dei tuoi gioielli” anche se, parole di S. King, “il tuo piccolo egocentrico cuore di scritturicchio sarà infranto”.
I 70 anni dei “I 7 samurai”
I sette samurai di Akira Kurosawa, 1954 (Prime Video): 3 ore 27 minuti di cinema apicale. Ci sono tutti i generi e tutti i temi. Difficile dire quanti autori abbia ispirato.
Tra questi c’è anche il nostro Sergio Leone che non fece mistero dei tributi a Kurosawa tanto da far adirare il maestro giapponese che attraverso la sua casa di produzione gli fece causa. Lo racconta Morricone nella sua autobiografia.
Il numero 7 e poi diventato la cifra per scremare le eccellenze. In borsa, per esempio, abbiamo i “magnifici sette” (Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet, Amazon, Meta, Tesla).
Notissimo è l’adattamento occidentale del film, I magnifici sette. Chi non ricorda la colonna sonora di Elmer Bernstein? Leggo che Marlboro e Coca Cola l’hanno usata nelle loro pubblicità.
Certamente non è da meno la colonna del film di Kurosawa composta da Fumio Hayasaka. Inizia con un tambureggiamento che echeggia la Quinta di Beethoven. Un riferimento a Churchill?
Anche se I sette samurai ha un’impronta elitaria, quasi leninista del piccolo gruppo coeso e specializzato che cambia uno scenario acquisito, il suo senso universale è veicolato dalla potenza del linguaggio visuale di Kurosawa.
Di fronte a un atto di sopraffazione estrema, una comunità marginalizzata e operosa, come un villaggio di contadini, ha sempre un’opzione alla vessazione o all’espediente: la resistenza.
Una tesi che un pacifismo radicale ed evangelico come quello di Tolstoj respinge senza appello, e forse ha ragione a farlo. Resistere costa troppe vite e distruzione, anche se a guidare la difesa c’è uno stratega compassionevole.
“Difendersi è più difficile di attaccare… Per vincere, però, non basta solo difendersi” dice Kambei Shimada, il samurai calvo (come Yul Brinner nel western di Sturges) ai terrorizzati contadini.
Uno stratega ci vuole sempre. Ma ci vuole anche un Kikuchiyo (Toshirō Mifune), cioè qualcuno che tenga su il morale. Un film da adottare come libro di testo nelle business school che formano i manager.
Brothers in arms
Leggo che il primo mandato di Ursula Von Der Leyen si è fondato sul “Green deal”, ma che il tema del secondo mandato, per il quale si è già candidata, sarà ben diverso.
Sarà la sicurezza collettiva, cioè rendere l’Europa una potenza militare con una propria forza armata da affiancare alla NATO. Questa strategia era già nell’aria dopo il febbraio 2022.
È successo così che la crescente domanda di armi ha prodotto un aumento significativo degli ordini per le aziende del settore, come BAE Systems, Leonardo e Saab.
Le spese globali per la difesa hanno raggiunto un record di 2,2 miliardi di dollari, con un aumento in Europa di 388 miliardi. Si tratta di livelli mai visti dalla Guerra fredda.
Questa situazione ha provocato un’impennata considerevole dell’insieme di ordine e commesse appannaggio delle principali aziende europee. Si è superato i 300 miliardi di dollari.
Le azioni delle industrie che producono armamenti sono uscite dal letargo e hanno iniziato a correre. C’è una prateria di fronte a loro. Guardate, per esempio, il grafico sulla crescita del valore delle azioni delle imprese dell’industria bellica.