COPERTINA
Da sinistra in senso orario.
L’elefante che trasporta Adela (Julia Davis) e il Dr. Aziz (Victor Banerjee) nel film del 1984 “Passaggio in India” diretto da David Lean e tratto dall’omonimo romanzo di E.M. Forster. Ben 11 candidature all’Oscar con due premi, uno dei quali a Julia Davis.
In “Cruising” (1980), diretto da William Friedkin, Al Pacino nei panni dell'infiltrato Steve Burns. Questo thriller, ambientato in gran parte nel Meatpacking District di New York prima del suo rinnovamento, rappresenta uno dei momenti salienti della Nuova Hollywood.
Tomi Hirayama (Chieko Higashiyama) e Shukichi Hirayama (Chishû Ryû) in un suggestivo momento del film del 1953 “Viaggio a Tokyo” del maestro giapponese Yasujirō Ozu. Da molti è considerato il film più importante della storia del cinema.
Il simbolo del Tribunale di Waitangi in Nuova Zelanda-Aotearoa. Nau Mai, Haere Mai è l’organismo che vigila sul rispetto dello spirito del Trattato di Waitangi del 1840 il quale regola le relazioni tra i Māori e i colonizzatori europei.
Buon giorno e buon inizio settimana.
Chi è stato alle Mauritius conosce la magia che avvolge questo luogo. Ebbene, qui è accaduto qualcosa di molto simbolico, sebbene irrilevante nell’attuale scenario mondiale.
Sui 58 atolli dell’arcipelago conosciuto come British Indian Ocean Territory (BIOT) non sventolerà più l’Union Jack ma la bandiera arcobaleno della Repubblica delle Mauritius.
Poi ci trasferiremo nel West Side di Manhattan per visitare la mandria di elefanti migranti che ha invaso una delle aree più eleganti della città, il Meatpacking District. Sembrano venuti dal film “Passaggio in India”.
Nella lontana Nuova Zelanda è accaduto un evento dinastico che merita una certa considerazione oggi che l’eredità coloniale inizia a pesare molto sulla reputazione e la posizione dell’Occidente.
Infine, viaggeremo fino a Tokyo per scoprire una nuova tendenza della gioventù single della capitale giapponese: abitare in un hotel piuttosto che in un appartamento.
Già 70 anni fa, un film pietra miliare del cinema, “Viaggio a Tokyo” di Yasujirō Ozu, ha mostrato come la società giapponese sia una miscela misteriosa, affascinante e ponderata di tradizione e rinnovamento.
Buona lettura!
La quiete del tramonto
C’era una volta un impero sul quale il sole non tramontava mai, almeno fino a ieri. Era l’Impero britannico. Ora, questo impero potrà finalmente godersi la quiete del tramonto.
Dopo decenni di trattative, il nuovo governo laburista del Regno Unito ha riconosciuto la sovranità di Mauritius sulle isole Chagos, un arcipelago di 59 atolli nell’Oceano Indiano, il più noto dei quali è Diego Garcia.
L’arcipelago insieme alle Mascarene, di cui fa parte l’isola di Mauritius, fu trasferito dalla Francia alla sovranità britannica con il Trattato di Parigi del 1814 dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia.
Successivamente il Regno Unito aveva separato le isole Chagos come un territorio autonomo prima che Mauritius ottenesse l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1968.
Tra il 1967 e il 1973, gli abitanti dell’isola furono sfollati con la forza per far posto alla costruzione della base militare di Diego Garcia che è una piattaforma ideale per operazioni nello scenario indo-mediorientale.
Infatti, per la sua posizione a metà strada tra il Madagascar e l’Indonesia, è di eccezionale rilevanza dal punto di vista geo strategico sia per Londra che per Washington.
Per questo l’accordo odierno include una clausola cruciale: il Regno Unito manterrà il controllo della base per un periodo di 99 anni. Nel frattempo, Mauritius avrà il diritto di ripopolare le isole dell’ex-Territorio.
Viene da chiedersi a questo punto se anche le Isole Falkland e Gibilterra saranno restituite all’Argentina e alla Spagna che, come Mauritius, reclamano da tempo questi territori.
Difficile a dirsi soprattutto per le Falkland sulle quali incombe il convitato di pietra della Thatcher.
Gli elefanti di New York
In questo momento, alcuni amici stanno visitando New York e forse è davvero la stagione migliore per farlo. Li inviterei a scoprire il Meatpacking District dove troveranno un’inattesa sorpresa: 100 elefanti indiani.
Oggi, il Meatpacking District è un quartiere di tendenza noto per la sua vita notturna, le gallerie d’arte e la sua alta residenzialità. Affittare un appartamento con una camera può costare fino a 7.000 dollari al mese.
Oltre al Whitney Museum of American Art, c’è la High Line, un camminamento sopraelevato ricavato da una ferrovia dismessa che si snoda tra i grattacieli a grandi vetrate con giardini e opere d’arte.
Al Meatpacking, nella fiction di successo “Sex and the City”, abita Samantha Jones. Tuttavia, prima di essere il quartiere più glamour di New York, l’area era sede di macelli e stabilimenti industriali per il trattamento della carne.
L’atmosfera e l’estetica cruda, sporca e autenticamente urbana del Meatpacking originario rivivono in molti film di Scorsese e in pellicole come “Un uomo da marciapiede” di John Schlesinger o “Cruising” di William Friedkin.
Dallo scorso venerdì fino al 20 ottobre, una mandria di 100 elefanti realizzati con una pianta invasiva staziona pacificamente nelle piazze e nelle strade del distretto, come accade nelle città indiane.
Questa installazione di 1.200 mq, “The Great Elephant Migration”, intende sensibilizzare il pubblico sulla necessità di un rinnovato panteismo e della necessaria coesistenza tra esseri umani e animali.
Le sculture, messe in vendita a partire da 8000 dollari, sono state create da artigiani indigeni e i proventi saranno destinati a progetti di conservazione in tutto il mondo.
Siamo certi che il più celebre tra i newyorkesi, Donald Trump, non sarà tra i visitatori. Facile intuirne il motivo.
Ngā Wai Hono i te Pō
Attualmente, le regine regnanti si contano sulle dita di una mano. Tra queste c’è Ngā Wai Hono i te Pō, la ventisettenne nuova regina dei Māori, recentemente succeduta al padre.
Discendente diretta del primo re Māori incoronato nel 1858, la giovane regina, seconda donna a ricoprire questa carica dopo la compianta nonna, è chiamata a proseguire l’opera di sette regnanti che l’hanno preceduta.
Il suo compito non è solo quello di preservare la cultura e la lingua Māori, che la giovane donna padroneggia, ma anche di sostenere, in modo pacifico, le rivendicazioni del suo popolo, nate all’indomani del Trattato di Waitangi.
Questo accordo del 1840, una sorta di leasing stipulato con la corona britannica, riconosceva la sovranità della Regina Vittoria che, in cambio, garantiva ai Māori la proprietà delle loro terre e delle risorse naturali dell’isola.
Purtroppo, questi accordi furono spesso disattesi, sfociando in due sanguinose guerre tra Māori e colonizzatori che causarono gravi perdite da entrambe le parti e portarono alla confisca di gran parte delle terre Māori.
Nonostante ciò, il Trattato di Waitangi ha lasciato un’impronta indelebile sull’identità nazionale con ricadute anche a livello costituzionale come testimoniano alcune decisioni della Corte suprema.
Il trattato è considerato un documento fondante del Paese e un principio guida delle relazioni sociali. Nella formazione degli All Blacks finalista ai mondiali di rugby in Francia c’erano ben 4 giocatori di origine Māori.
Per garantire il rispetto degli accordi, nel 1975 è stato istituito il Tribunale di Waitangi. Questo organismo ha il compito di verificare la compatibilità delle leggi e delle politiche governative con lo spirito del trattato.
Il complesso lascito del colonialismo ha avuto in Australia un esito ben diverso. In un recente referendum, infatti, gli australiani hanno respinto la proposta di introdurre un’istituzione, The Voice, simile al Tribunale di Waitangi.
Oggi la regina Māori dovrà affrontare le sfide poste dal nuovo governo conservatore, sostenuto dal partito New Zealand First, che potrebbe limitare i progressi raggiunti in termini di diritti dei Māori.
Il grafico della settimana: vado a vivere in albergo
Il “Nikkei “segnala una nuova tendenza tra le persone single di Tokyo. Sempre più spesso, invece di affittare un appartamento o comprare casa, scelgono di abbonarsi a servizi che offrono soggiorni prolungati in albergo.
Come accade, per esempio, con Netflix, questi abbonamenti offrono un’ampia scelta di soluzioni e permettono di recedere facilmente qualora se ne presenti la necessità.
Tale tendenza non è dettata tanto dall’alto costo degli affitti (che a Tokyo è abbastanza ragionevole), quanto dal desiderio di uno stile di vita dinamico e adatto a una mega metropoli vivace ed efficiente.
A differenza di molte città occidentali, Tokyo sembra rispondere positivamente alle esigenze delle nuove generazioni. Abitare in un hotel non è un lusso, come potrebbe sembrare, ma una scelta pratica e accessibile.
Il costo di soggiornare a lungo termine in un albergo è simile a quello di un bilocale, con il vantaggio di non dover sottostare ai vincoli dei contratti di affitto e senza affrontare le spese per le utenze e le tariffe condominiali.
Nel prezzo di una camera d’albergo sono incluse le utenze, il WiFi, il servizio di pulizia e, con un piccolo extra, anche la lavanderia. Inoltre, il cibo a Tokyo è economico e molto diffuso è l’asporto con consegna a domicilio.
I giovani e le giovani single scoprono così che, oltre a risparmiare denaro, guadagnano in flessibilità: gli hotel offrono una maggiore scelta in termini di posizione, arredamento e vita sociale circostante.
Senza considerare forse l’aspetto più cruciale, cioè la possibilità di cambiare residenza facilmente in base alle esigenze lavorative o familiari che una grande città pone continuamente.
Dopo il fenomeno del co-working vedremo quello dell’hotel-housing. Pertanto anch’io vado a vivere in albergo come ha fatto per molto tempo il padre di una mia cara amica.