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Da Verona-Pitigrilli: l’Italia dei “telefoni bianchi”
Da Verona-Pitigrilli: Il gioco degli specchi
Copertina
Alcuni fermo-immagine da La Signora di Shanghai (Chili, AppleTV, a noleggio), il film del 1947 diretto e interpretato da Orson Welles con la ex-moglie Rita Hayworth. La Hayworth è anche la protagonista della sparatoria nell'indimenticabile scena finale che si svolge nel labirinto degli specchi del luna Park. Qui Welles fa una scelta densa di significato che forse è la postilla alla fine della sua relazione con la magnetica attrice che ad Hollywood era conosciuta anche come “dea dell’amore”. Nei due tondi in basso, a sinistra Guido Da Verona e a destra Pitigrilli. Anche tra questi scrittori si svolge un gioco di specchi e di scambio identità nell’Italia tra le due guerre.
Buongiorno e buon fine settimana.
Con quest’ultimo post della serie “4 besteller italiani” Michele Giocondi completa il discorso sui due autori più popolari tra le due guerre, Guido Da Verona e Pitigrilli, ai quali ha già dedicato un post di introduzione.
Com’era avvenuto per il duo ottocentesco De Amicis-Collodi, anche la coppia bestseller Da Verona-Pitigrilli si proietta in un gioco di specchi sottile, ma clamoroso nel suo epilogo. Com’è plateale, e anche letterale, il gioco di specchi che avviene, palesandosi pienamente nell’inarrivabile finale, ne La Signora di Shanghai, il film di Orson Welles del 1947 con l’ex-moglie Rita Hayworth.
Quella tra Da Verona e Pittigrilli non è un finale meno spettacolare e sbocca in un rovesciamento di ruoli e di personalità tra, per dirla alla Eco, un integrato e un apocalittico.
Buona lettura
Guido Da Verona
di Michele Giocondi
Il declino
Dalla fine anni Venti la figura di Da Verona comincia a scricchiolare, a registrare qualche falla che col tempo diventa sempre più profonda.
Cosa succede? Intanto gli ultimi titoli non fanno più breccia, come i precedenti, nel cuore dei lettori, e si fermano a poche decine di migliaia di copie, rispetto ai maggiori che ne vendevano 200-300.000 e più. Oddio!
Qualche passo falso, dopo tanti successi, ci può pure stare, ma all’interno del regime fascista il suo nome comincia a venir guardato con un certo sospetto.
Una parodia troppo canzonatoria
E poi c’è la parodia dei Promessi sposi a determinare un solco con il regime. Nel 1929 pubblica infatti una irriverente parodia del capolavoro manzoniano presso la casa editrice Unitas, che sta dirigendo un giovane Valentino Bompiani, già segretario di Arnoldo Mondadori e in futuro grande editore in proprio.
In questa parodia troviamo, fra le altre cose, una Lucia che fuma, che ha molte ambizioni non proprio verginali, che si concede a tutti tranne che a Renzo, e via così. Don Abbondio va a letto con la Perpetua e fa speculazioni finanziarie sui titoli di stato, la monaca di Monza manifesta tendenze queer, e tante altre amenità.
I manzoniani scotti
Il nostro Da Verona non può prendere così pesantemente per i fondelli il primo mostro sacro della nostra letteratura. Non può passare indenne al vaglio della critica, né della censura, né a quello dei vertici del regime.
E infatti suscita polemiche e perplessità sempre crescenti a tutti i livelli. Ne viene fuori una bagarre non solo “letteraria”, ma per certi versi anche sociale.
Ci sono perfino incidenti con gruppi di studenti che si dichiarano difensori del capolavoro manzoniano e che vogliono vietare la vendita di questo ridicolo rifacimento. Roba mai vista!
Alcuni addirittura ravvisano nell’opera una sottile e neanche troppo velata presa per i fondelli del regime e di chi lo guida. Guardate un po’ in che guaio si è infilato l’autorevole, sicuro e stimato scrittore dei primi tempi!
Dalle stelle alle stalle
Da Verona avverte il clima di ostilità che sta montando nei suoi confronti; la sua opera intera è finita addirittura nell’Indice dei libri proibiti, già dal 1929.
E allora il nostro scrittore, forte del suo passato e della lunga conoscenza con il duce, tenta un riavvicinamento col regime. Richiede un colloquio con Mussolini stesso, forte del sostegno da lui sempre dichiarato e manifestato verso chi guida il paese, e gli viene concesso nel 1931.
Ma lo scrittore non ottiene l’effetto sperato, non si verifica nessun recupero dell’antica stima; per lui nessun ritorno fra i personaggi influenti del regime è più possibile. Oramai l’ex-idolo delle folle è caduto in disgrazia.
“Critica fascista”, la celebre rivista diretta da Giuseppe Bottai, integerrimo difensore dell’ortodossia fascista, finisce per recensire la sua parodia dei Promessi sposi come un insulto al paese e al vero romanzo, e taccia lo scrittore di essere un antifascista, un ebreo e un omosessuale. Peggio di così!
Stanno anche arrivando le leggi sulla razza
E poi Da Verona è ebreo, come del resto molti altri personaggi vicini al regime, fra i quali Margherita Sarfatti, amica e amante del duce e autrice di una sua diffusissima biografia, Dux, uscita nel 1926 e ristampata a getto continuo per tutto il ventennio, tanto da risultare uno dei principali best seller del regime.
Ma anche lei, da fine anni Trenta, comincia ad essere allontanata dalla cerchia del vertice che guida il paese, e questo avviene sempre più via via che si diffonde il verbo nazista. Alla fine la Sarfatti verrà colpita dalle leggi razziali del 1938 e finirà in Sud America, da dove rientrerà solo a guerra finita.
La tragica fine
Con la diffusione delle leggi razziali del 1938 poi la sua posizione diventa sempre più precaria, addirittura insostenibile, secondo alcuni è ridotto alla miseria, alla fame, tanto che nel 1939 Da Verona porrà fine alla sua esistenza con un colpo di rivoltella.
Almeno questa la versione ufficiale delle autorità, anche se il gesto è rimasto sempre controverso e non manca chi accredita altri scenari.
Pitigrilli
di Michele Giocondi
Da mezzo-sovversivo …
Pitigrilli è invece lo scrittore scandaloso che ad ogni nuovo libro suscita preoccupazione al regime, rappresenta il nemico da abbattere, il personaggio che non rientra per niente, neanche lontanamente, nei canoni del regime.
Anche lui poi è ebreo, ma nei primi anni, e poi anche in quelli successivi, non ci si fa per niente caso. Anzi!
Ed è su questa immagine trasgressiva e polemica nei confronti delle istituzioni, che qualcuno pensa che Pitigrilli possa essere la persona adatta per fare qualcosa.
Che cosa? Per svolgere una delicatissima questione: fare la spia, perbacco! E per tale ruolo viene segretamente reclutato dall’OVRA, la polizia politica del regime.
… a spia del fascismo
Così lo scandaloso scrittore diventerà un informatore del fascismo. Figura azzeccatissima: nessuno può sospettare che il trasgressivo Pitigrilli lavori in segreto per Mussolini, e pertanto può infiltrarsi nei gruppi di intellettuali che contestano il regime.
Chi può immaginare una cosa simile? E così il nostro uomo compila bollettini e informative sugli antifascisti, specialmente sugli intellettuali torinesi, con i quali entra in contatto. Ne descrive le azioni, i programmi, le intenzioni, i metodi di lotta, l’ambiente, gli incontri, i collaboratori.
Le “vittime” inconsapevoli
Tutto insomma. E numerose teste “calde” vengono arrestate e imprigionate, senza che si rendano minimamente conto di chi li può aver traditi e denunciati. Un’opera preziosissima per il regime.
Vengono grazie a lui arrestati fior fiore di intellettuali antifascisti, come Leone Ginzburg, Massimo Mila, Cesare Pavese, Carlo Levi e suo fratello e altri membri della cellula torinese di “Giustizia e Libertà” e dell’antifascismo in genere. E molti altri ancora.
Il trasgressivo scrittore è una spia al soldo del fascismo!
Il gioco di specchi
Sembra uno scherzo: Guido Da Verona, lo scrittore più in linea col regime, finisce distrutto dal regime stesso e si suicida.
Pitigrilli, lo scrittore trasgressivo, irriverente e scandaloso, in odio al regime, è in realtà stipendiato dall’OVRA, pare a 5.000 lire al mese, stipendio all’epoca altissimo. Chi ricorda la canzone “se potessi avere 1.000 lire al mese”?
E fa arrestare illustri e meno illustri intellettuali antifascisti.
Il gioco di specchi diventa un labirinto
Ma non finisce qui. Dei due, dunque, Da Verona scompare, ma l’altro, Pitigrilli, ha una storia ancora molto lunga da vivere. Da fine anni Trenta inizia anche per lui la fase di crisi col regime, che diventa sempre più profonda col passare degli anni. Comincia a pesare anche la sua origine ebraica, che adesso non è più uno scherzo, e determina un allontanamento progressivo dal regime.
Lui cerca di rimediare, tenta di ricucire e fino a inizio 1943 ci prova in ogni modo; chiede un incontro col duce, anche per mostrargli le immagini della sua casa torinese bombardata dagli alleati, come molte altre nel torinese e in tutt’Italia, ma non l’ottiene, neanche in virtù del ruolo di spia svolto per tanti anni per il regime.
Non c’è niente da fare. E allora, resosi conto di come si stiano mettendo le cose, si riposiziona e dagli ultimi mesi del 1943 comincia a scrivere articoli contro il fascismo. Però il regime è ancora presente nel Nord Italia con la Repubblica di Salò, e allora Pitigrilli ripara in Svizzera.
Finita la guerra lo scrittore emigrerà in Argentina, dove resterà una decina di anni e dove si rifarà una nuova vita come scrittore. Compone infatti libri e articoli per giornali e riviste locali, anche collaborando in qualche modo col regime argentino di Peron e di sua moglie Evita.
Una nuova giravolta
Nel 1948 esce La piscina di Siloe: un libro nel quale il trasgressivo, anti regime e anti cattolico, pornografico Pitigrilli dichiara la sua conversione al cattolicesimo.
D’ora in poi, come è stato l’apostolo dei valori anti religiosi, così diverrà l’apostolo di quelli cristiani. Compone altri libri a carattere religioso, nonché diviene collaboratore della rivista francescana “Il messaggero di Sant’Antonio”.
Trascorsi 10 anni in Argentina, l’inesauribile Pitigrilli torna in Europa e si divide fra Parigi e Torino, dove muore nel 1975.
Come si può facilmente notare, anche nei due principali autori di best seller degli anni Venti e Trenta del Novecento, il gioco di specchi è profondo e ognuno dei due si rivela alla fine l’opposto di quello che era ritenuto comunemente all’inizio.
Prima di andare
Libri sotto l’ombrellone
di Alberto Saibene
Sono lieto di proporvi i consigli di lettura per il periodo feriale, e naturalmente non solo per quello, di Alberto Saibene, autore, editor, editore, grande appassionato di libri e lettore vorace e intelligente.
Cinema
Francesco Piccolo, Una bella confusione, Einaudi
Nel 1963 si girano due capolavori del nostro cinema: Il Gattopardo e Otto e 1/2. La rivalità tra Visconti e Fellini, i retroscena fino al pettegolezzo, sono ricostruiti con grande verve dall’autore, a cui interessa soprattutto mettere in luce il diverso genere di autobiografismo all’origine delle due opere.
Emiliano Morreale, L’ultima innocenza, Sellerio
Sei storie vere tratte da quell’enorme deposito di vicende che è stato il cinema nel Novecento. Un regista figlio di un capomafia, una diva americana del muto imprigionata a San Vittorie durante la guerra e così via. L’autore, critico cinematografico, si libera dalle catene della cinefilia per abbandonarsi al piacere del racconto.
Territorio
Esther Kinski, Rombo, Iperborea.
Il terremoto del Friuli (1976) ha finalmente il suo grande libro. A scriverlo è una scrittrice tedesca che orchestra, con grande raffinatezza, un racconto corale prima, durante e dopo un evento che ha cambiato il destino di un territorio, attenta agli aspetti naturali, fisici e umani.
Marco Albino Ferrari, Assalto alle Alpi, Einaudi.
Le Alpi, da idealizzato Eden hanno conosciuto nell’ultimo mezzo secolo uno sfruttamento di massa. Il cambiamento climatico ha fatto il resto. Come affrontare oggi le trasformazioni della montagna? L’autore, forse il massimo esperto su questi temi, offre in questo appassionato pamphlet, con esempi e narrazioni, qualche soluzione.
Guerra
Mara Fazio, Dal giardino all’inferno, Bollati Boringhieri
Un mannello di lettere di una famiglia della borghesia ebraica tedesca vengono montate e commentate da una discendente in un racconto che si stringe inesorabilmente verso un finale tragico. La forza dell’autrice è che riesce a farci sentir parte di quella vicenda.
Józef Czapski, La terra inumana, Adelphi
1941-43: decina di migliaia di soldati polacchi sono dispersi nell’URSS. L’autore, nella vita civile pittore e saggista, come ufficiale dell’esercito ha il compito di cercarli. Lo stile del racconto, una serie di tableaux vivant di impressionante nitore, lo rendono un libro unico sulle esperienze di guerra e sulla resistenza dell’uomo di fronte alla sofferenza.
Biografie
Domenico Scarpa, Calvino fa la conchiglia, Hoepli
Biografia e saggio si alternano per raccontare e ragionare sul maggior scrittore italiano del XX secolo. Un grande racconto, non solo letterario, sul secolo scorso, per restituire la complessità di un intellettuale che non ha cessato di sperimentare.
Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto, Il Saggiatore
Quale è il mistero dietro la figura Emily Dickinson, poetessa oggi universalmente riconosciuta, ma scomparsa senza aver pubblicato un verso? La nostra massima americanista ne indaga l’origine in un libro dal fascino ammaliante, superbo nell’analisi introspettiva e concreto nell’esegesi dei luoghi, prima ancora che della poesia.
Narratori italiani
Giorgio Falco, Il paradosso della sopravvivenza, Einaudi
La storia di Federico Furlan, detto “il ciccione”, dall’infanzia in un paesino del Trentino alla Milano dei mille lavori provvisori, è la rivendicazione di una diversità che non si piega alle aspettative del mondo. Falco si conferma uno dei migliori scrittori italiani offrendo, con la pazienza e la precisione di un entomologo, ogni volta uno sguardo di sbieco per raccontare la nostra società.
Andrea Canobbio, La traversata notturna, La Nave di Teseo
Alla ricerca dell’origine dei propri traumi, l’autore risale il proprio albero genealogico mettendo al centro della narrazione il padre, da un lato eroe del lavoro, dall’altro sabotatore di ogni felicità famigliare. Un grande romanzo etnografico in cui risalta la geografia di Torino tra gli assi ortogonali della città e le irregolarità della collina.