❇ 8° episodio della serie “In 5 minuti le idee che hanno cambiato il mondo”.
📖 Libro: Stefan Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, Mondadori, Milano, 2017 (1946), traduzione di Lavinia Mazzucchetti, p. 373. Titolo originale: Die Welt von gestern. Erinnerungen eines Europäers
Articoli pubblicati:
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2. Gustave Le Bon: psicologia sociale e psicologia individuale
3. Kurt Gödel: il cervello non funziona come un computer
4. Hilary Putman: il cervello nella tinozza
5. Karl Popper: le società aperte
6. Norman Angell: la grande illusione della guerra
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8. Stefan Zweig: il crollo della “prima globalizzazione”

Copertina
La grande Vienna, appunto, ha dato i natali allo scrittore Stefan Zweig. Vienna, oggi, non è più quella della sua era dorata, ma ospita alcuni tra i più grandi musei del mondo che testimoniano il suo grandioso passato culturale e artistico. Vienna è stata, infatti, per oltre un secolo la co-capitale di uno dei più estesi e potenti imperi dell’epoca moderna. Precursore, forse, dell’Unione europea. Ma forse è troppo revisionistico.
Il Kunsthistorisches Museum, nel cuore della città, raccoglie le collezioni della Casa degli Asburgo. Oltre a centinaia di capolavori vi si trova la più vasta collezione al mondo di dipinti di Bruegel. Da andare e sostare per ore.
Buon giorno e buon inizio settimana
Guglielmo Piombini, oggi, ci porta nel pensiero e nel mondo di uno spirito cosmopolita, aperto, umanista ed eclettico; una natura che accomuna gli intellettuali mitteleuropei della grande Vienna.
Si sta parlando di Stefan Zweig e di un libro autobiografico, uscito postumo, al quale lo scrittore, che si dice europeo già nel titolo, affida le sue amare riflessioni sul crepuscolo di una grande civiltà che è scesa nell’oscurità con gli spari di Sarajevo. Lui stesso chiama dolorosamente quel mondo perduto “Il mondo di ieri”.
Un mondo che si è suicidato. Una chiusa tragica che andrà anche a suggellare l’esistenza dello stesso Zweig. Il gesto estremo dello scrittore viennese è avvenuto nel 1942 all’apogeo della potenza della Germania nazionalsocialista. Una decisione che può essere vista come il simbolo della disperazione e della totale mancanza di speranza di molti intellettuali e artisti in quel terribile frangente nel quale tutto sembrava perduto… Ma non lo era, bastava aspettare solo qualche mese.
Il mondo di ieri
di Guglielmo Piombini
In 3 secondi: La Grande Guerra ha segnato la fine della civiltà europea.
Stefan Zweig (1881-1942) è stato, a cavallo fra gli anni Venti e Trenta, il maggior esponente della letteratura mitteleuropea e uno degli autori più letti e tradotti al mondo. Nessuno scrittore è riuscito meglio di lui a raccontare il catastrofico sconvolgimento del mondo provocato dallo scoppio della prima guerra mondiale, che segnò la fine dell’epoca del liberalismo classico e l’inizio dell’era dello Stato onnipotente. Nato nella Grande Vienna di fine secolo in una benestante famiglia della borghesia ebraica, Zweig visse la fine del rassicurante mondo della sua giovinezza come un trauma personale. L’avvento al potere del nazismo, che bruciò e mise al bando le sue opere, sconvolse per la seconda volta la sua esistenza tutta dedicata all’arte e ai valori della cultura. Dopo essere fuggito verso l’America, si suicidò in Brasile nel 1942. Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, uscito postumo, non è solo un’autobiografia ma anche una riflessione sugli avvenimenti della storia europea della prima metà del Novecento. Leggere la sua testimonianza significa fare un viaggio nel tempo nell’Europa di un secolo fa, immergendosi nel suo spirito, nelle sue passioni, nella sua vita.
In un minuto
Prima del 1914 gli europei hanno vissuto in un’epoca di grande libertà, sicurezza e ottimismo
La millenaria monarchia austro-ungarica appariva la suprema garante di quest’ordine
Lo scoppio della prima guerra mondiale mandò improvvisamente in frantumi questo mondo
Dopo il 1914 è cominciata la terribile era dello Stato onnipotente
In mezzo alle dilaganti passioni nazionaliste pochi intellettuali riuscirono a tenersi fuori dalla mischia
Il caos morale e sociale generato dall’iperinflazione del dopoguerra fu la causa principale dell’avvento del nazismo in Germania
Con le devastazioni e gli orrori della seconda guerra mondiale la grande cultura europea si è definitivamente suicidata
Lo Stato onnipotente ha ucciso la civiltà e la felicità
Per chi ha almeno 5 minuti
Nostalgia della libertà perduta
Il mondo precedente la prima guerra mondiale, racconta Zweig, fu l’età d’oro della sicurezza, in una maniera che i più giovani considerano inimmaginabile. Nell’impero austro-ungarico tutto pareva duraturo, e la monarchia millenaria appariva il garante supremo di tale continuità.
La moneta, la corona austriaca, circolava in pezzi d’oro e garantiva così la sua stabilità. Chi possedeva un capitale era in grado di calcolare con esattezza il reddito annuo corrispondente.
Chi possedeva una casa la considerava asilo sicuro dei figli e dei nipoti; fattorie e aziende passavano per eredità di generazione in generazione.
In quel periodo di crescente prosperità in cui i risparmi fruttavano alti interessi e lo Stato chiedeva solo una minima percentuale di tasse anche ai redditi più elevati, una rigorosa condotta di vita era sempre garanzia di miglioramento economico.
Nessuno credeva a guerre, a rivoluzioni e sconvolgimenti. Ogni atto radicale, ogni violenza apparivano impossibili.
Viaggiare in un mondo senza frontiere
In quel mondo molto più globalizzato di oggi si poteva viaggiare liberamente da un paese all’altro senza bisogno di documenti o formalità burocratiche.
Nulla forse rende più evidente l’abisso in cui è caduto il mondo dalla prima guerra mondiale in poi, scrive Zweig, come la limitazione della libertà di movimento. Prima del 1914 ognuno andava dove voleva e vi rimaneva finché voleva. Non c’erano permessi né concessioni né lasciapassare.
Zweig è particolarmente colpito dalla “meravigliosa libertà” degli Stati Uniti d’America d’inizio secolo, che offriva opportunità di lavoro praticamente illimitate. Nei suoi due primi giorni di permanenza aveva trovato senza difficoltà ben cinque impieghi.
Anche per la Svizzera, questo “paese grandioso” che riusciva a far convivere nazioni diverse nello stesso spazio senza alcuna ostilità, Zweig ha parole di grande amore e ammirazione.
Fece anche un viaggio in Unione Sovietica, al termine del quale evitò di dare giudizi avventati come avevano fatto numerosi altri intellettuali. Sapeva bene di aver visto molto poco, e solo quello che le autorità gli permettevano di vedere.
Non gli sfuggirono però le lunghe file della gente davanti ai negozi, le interminabili attese per ogni cosa, la burocratizzazione pervasiva che ritardava ogni operazione, facendo sì che nulla funzionasse bene.
Gli spari di Sarajevo e l’inizio della catastrofe
Agli inizi del ‘900 l’Europa scoppiava dunque di salute. Tutto progrediva a una velocità mai vista prima, e da mille indizi si sentiva che l’agiatezza cresceva e si diffondeva.
Si era diffusa una beata spensieratezza: che cosa infatti avrebbe potuto interrompere quel progresso, fermare quello slancio?
Mai l’Europa fu più forte, più ricca, più bella, mai più fervidamente credette in un ancor miglior avvenire.
Tutta questa esaltazione nascondeva però anche dei pericoli culturali e psicologici. Il progresso, osserva Zweig, era stato forse troppo rapido, gli Stati si erano troppo rapidamente rafforzati, e la coscienza della forza seduce sempre uomini e Stati a farne uso o abuso.
Se oggi ci si chiede con pacata riflessione perché l’Europa nel 1914 è entrata in guerra, non si trova nessun motivo ragionevole e determinante. Non c’erano contrasti ideali né questioni di confini.
Zweig non trova altra ragione che questo eccesso di forza, tragica conseguenza di quel dinamismo interno accumulatosi negli ultimi quarant’anni e destinato a uno sfogo violento.
Ogni Stato ebbe d’un tratto coscienza di essere forte, dimenticando che anche lo Stato vicino aveva uguale orgoglio.
L’infatuazione della guerra
Nel corso della guerra pochi riuscirono a sottrarsi all’odio isterico e generalizzato contro il nemico diffuso dalla propaganda. In quelle prime settimane di guerra del 1914, osserva lo scrittore austriaco, diventò impossibile scambiare una parola ragionevole con qualcuno.
Anche i più pacifici e bonari erano presi dall’ebbrezza del sangue. Amici sempre conosciuti come decisi individualisti e anzi come anarchici intellettuali, si erano di colpo trasformati in patrioti fanatici e poi anche in annessionisti insaziabili.
A Zweig non rimase che trarsi in disparte e tacere fino a che gli altri erano in preda alla febbre e alla furia. In quegli anni di isolamento e di volontario esilio in patria, Zweig mantenne l’impegno di non prendere mai posizione su questioni politiche.
Mai tradì la sua concezione dell’arte come mezzo di elevazione dello spirito umano sopra gli istinti belluini e lo spirito di parte.
L’iperinflazione e l’avvento di Hitler
La sua tragedia purtroppo si ripeté, in forma ancor peggiore, vent’anni dopo con lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Di tutte le ragioni che provocarono l’avvento di Adolf Hitler al potere, Zweig mette al primo posto il caos morale causato dall’iperinflazione che colpì prima l’Austria e poi, più gravemente, la Repubblica tedesca di Weimar.
La distruzione del valore della moneta causata dalla dissennata politica monetaria di quei governi sconvolse da cima a fondo la convivenza sociale e le norme morali.
Chi per quarant’anni aveva risparmiato diventò un mendicante, chi era carico di debiti se ne trovò liberato, chi si atteneva alle regole moriva di fame, chi corrompeva era sazio. Non v’era più altra virtù fuorché essere abile, duttile, spregiudicato, capace di balzare in groppa a un cavallo in corsa per non lasciarsi travolgere e calpestare.
Dopo che l’umanità con le trincee aveva regredito sino all’età delle caverne, essa rinunciò anche alla civiltà millenaria del denaro, per ritornare al metodo primitivo del baratto.
Lo Stato onnipotente ha ucciso la civiltà e la felicità
Il collettivismo burocratico trascinava con sé milioni di individui, che non potevano fare nulla per modificare la propria sorte:
«Di continuo bisognava subordinarsi alle esigenze dello Stato, farsi preda della più stolta politica, adattarsi ai mutamenti più inauditi; eravamo sempre incatenati alla sorte comune; per quanto ci si difendesse, questa ci portava sempre con sé» (p. 7).
Il destino di centinaia di milioni di individui era nelle mani di dieci o venti persone che fino ad allora non avevano dato prova di particolare intelligenza o abilità, ma che nei palazzi del potere prendevano accordi su questioni completamente ignorate dalla gente comune.
La fine dell’Europa
L’Europa, conclude Zweig, non sarà mai più quella che è stata prima della grandi guerre mondiali. Ci sarà qualche progresso nel campo sociale o in quello tecnico, ma non vi è nazione che non abbia perduto la sua passata serenità e gioia di vivere.
«I popoli europei non sanno più quanta libertà e quanta gioia abbia succhiato loro dalle midolla e dal profondo dell’anima il fantoccio spietato e cupido dello Stato» (p. 113).
Era troppo doloroso assistere nuovamente a questa orribile devastazione. L’Europa, «nostra sacra terra natale, culla e tempio della civiltà occidentale mi apparve destinata a morire per la sua stessa follia» (p. 339).
Poco dopo aver scritto queste righe il grande scrittore austriaco prenderà l’estrema decisione, togliendosi la vita insieme alla sua seconda moglie.
CITAZIONE RILEVANTE
Il suicidio di una civiltà
«Nel periodo prebellico ho conosciuto il grado e la forma più alta della libertà individuale, per vederla poi al più basso livello cui sia scesa da secoli … Tutti i cavalli dell’Apocalisse hanno fatto irruzione nella mia vita, carestie e rivolte, inflazione e terrore, epidemie e emigrazione; ho visto crescere e diffondersi sotto i miei occhi le grandi ideologie delle masse, il bolscevismo in Russia, il fascismo in Italia, il nazionalsocialismo in Germania, e anzitutto la peste peggiore, il nazionalismo che ha avvelenato la fioritura della nostra cultura europea. Inerme e impotente, dovetti essere testimone dell’inconcepibile ricaduta dell’umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata» (p. 6).
Prima di andare
Le nazioni più depresse. A proposito di futuro. Ipsos Mori, una società di ricerche britannica, ha pubblicato i risultati di una indagine volta a stabilire l’umore dei cittadini di 29 paesi sullo stato della loro condizione economica nell'immediato futuro. Ecco la classifica dei “pessimisti”, dal maggiore al minore pessimismo.
Rosa Luxemburg. Percorrendo gli anni che fecero seguito alla Prima guerra mondiale è difficile non imbattersi in una magnifica donna che è diventata un simbolo e anche un modello per le generazioni successive. goWare ha rimesso in circolazione la traduzione italiana, curata dal filosofo Marzio Vacatello, di una delle più apprezzate e accurate monografie di Rosa Luxemburg scritta dallo studioso amico e militante Paul Frölich. Già nel 1925 Frölich si era preso il compito di curare l’edizione completa delle opere di Rosa. Il libro di goWare contiene anche gli scritti di Simone Weil e Hannah Arendt sulla vita della Luxemburg e un intervento di Sergio Dalmasso sul suo messaggio. Bello!!! Diponibile in ebook e print-on-demand su tutte le piattaforme e nelle librerie fisiche.