❇ 4° episodio della serie “I numeri nella storia”.
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1. Armonie&Numeri
2. Nati nello stivale
3. Le magnifiche 21
4. La carneficina che torna

Copertina
21 febbraio 1916: I tedeschi sferrano un violento attacco a Verdun, una città roccaforte a duecento chilometri da Parigi. Loro obiettivo è il crollo del fronte occidentale. In un solo giorno viene sparato un milione di proiettili. I francesi, dopo un primo sbandamento, riescono a bloccare l’offensiva nemica.
19 dicembre 1916: 300 giorni di battaglia. 50 milioni di proiettili sparati. 700.000 vittime, quasi equamente divise fra le due parti, provocate in buona parte dal massiccio impiego dell’artiglieria e dei gas asfissianti. Numeri mai visti. Per quale risultato? 0. Neanche un metro guadagnato da nessuna delle due parti: una inutile carneficina.
24 febbraio 2022: La Russia invade l’Ucraina con notevole dispiego di forze. Gli ucraini resistono e riescono a respingere l’invasione e a limitare le perdite territoriali. Presto il conflitto si trasforma in una guerra di attrito del tutto analoga a quella combattuta a Verdun.
24 febbraio 2023: 365 giorni di guerra. 25 milioni di proiettili sparati. 350 mila vittime, quasi equamente distribuite e con un numero di civili significativo dovuto all’impiego dell’artiglieria, di missili e droni. Per quale risultato? 0. A Bakhmut, nella regione di confine del Donbass dove si sono concentrati i combattimenti, si conquistano e si perdono solo pochi metri di terreno ghiacciato: una inutile carneficina.
Buongiorno e buon fine settimana,
Torniamo questo giovedì con la serie “I numeri della storia” e con un déjà vu. È qualcosa di familiare come ci rammenta un film che ci schiaccia con il peso della storia, quella che toglie l’appetito.
Andiamo su Netflix
Niente di nuovo sul fronte occidentale, il film del 2022 del regista tedesco Edward Berger prodotto da Netflix, si è aggiudicato meritatamente quattro Oscar. È la seconda riduzione cinematografica del romanzo del 1928 di Erich Maria Remarque.
La prima riduzione cinematografica del 1930 di Lewis Milestone se ne aggiudicò due, quello per il miglior film e quello per la migliore regia. Il film era americano. Fino allo scorso anno i tedeschi non se l’erano sentita di mettere il romanzo in immagini. Raccontava una roba che faceva ancora male.
Sono trascorsi 95 anni tra i due film, ma le immagini che scorrono sullo schermo non paiono così remote, anzi sono proprio quelle che si vedono sul TG1. Ci si ammazza per qualche metro di terra ghiacciata a colpi di cannone, mitragliatrice e baionetta.
Il film di Berger si apre con una sequenza à la Terrence Malick. Albeggia su un paesaggio boschivo e montano, cuccioli di volpe si allattano al seno della madre, la luce del giorno filtra attraverso un cono formato dalla cima degli alberi. È pace.
Fermo macchina. Poi il campo si restringe lentamente, la cinepresa scende, la nebbia si dirada. Avvolto nel fumo, si stende un ampio spazio spoglio e annerito. È punteggiato di cadaveri. Unico suono, gli spari che crivellano il terreno e gli scoppi di mortaio. Benvenuti nell’inferno della guerra d’attrito.
I tre documenti
Im Westen nichts Neues (Niente di nuovo sul fronte occidentale) è uno dei romanzi più importanti e significativi del secolo breve. Scritto da un tedesco, nato Remark, che, però, ha voluto che si scrivesse alla francese, Remarque. C’è già in nuce l’Europa, qui.
Come lo è anche nel Discours à la nation européenne (che goWare ha ripubblicato in traduzione italiana); il libro di Julien Benda scritto pressappoco negli stessi anni. Poi nel 1941 sarebbe venuto il Manifesto di Ventotene.
Tre documenti che annunciavano un’epoca nuova per il vecchio continente. E per tanti anni c’è stata la speranza, poi è arrivata l’Ucraina a riportarci sotto terra.

Niente
Mi sono più volte chiesto che cosa potesse significare il titolo del romanzo di Remarque, un immediato best seller, tradotto in più di 30 lingue. In un anno lo acquistarono 2 milioni di persone. Per l’epoca un’enormità. E non era un libro che piaceva a tutti.
Mussolini ne bloccò la distribuzione in Italia e l’edizione di Mondadori del 1930 uscì con la dicitura in copertina “Edizione per l’estero”. Circolò solo nella Svizzera italiana.
"Im Westen nichts Neues” è il testo di uno degli ultimi dispacci dell’alto comando tedesco dal fronte poche ore prima dell’armistizio che pose fine alla prima guerra mondiale. Si legge tutto questo nel libro e lo si vede nel film.
La guerra è finita, ma un quarto d’ora prima del cessate il fuoco Erich Ludendorff, il tronfio capo di Stato maggiore della Wehrmacht, ordina un attacco della residua fanteria tedesca alla postazione dei francesi che stanno smobilitando.
Quel “niente” nel titolo sta semplicemente a significare “morire per niente a 19 anni”. È questa l’età del protagonista, andato volontario in guerra a combattere e morire per qualche metro di terra ghiacciata.
Ecco Il conto che la storia ha presentato al popolo tedesco nel 1918. E quello stesso conto potrebbe essere presentato al popolo russo nel 2023.
Una logorante guerra di posizione. Lunghe e sanguinose battaglie. Il 1916-1917 come il 2022 e il 2023.
Ecco che il nostro Mario Matteini ci parla brevemente dell’inutile carneficina della prima guerra mondiale, una carneficina che torna. Ricorso della storia che non insegna mai niente.
1914-1918, l’inutile carneficina
di Mario Matteini
1914: Due fronti
La Germania, che deve agire su due fronti e mira a concludere rapidamente la guerra sul fronte occidentale, il 20 agosto 1914 invade il neutrale Belgio e penetra in territorio francese.
I francesi riescono ad arginare l’attacco tedesco e a bloccare anche una seconda offensiva. Il fronte occidentale si stabilizza e ha inizio una lunga e sanguinosa guerra di posizione.
Intanto sul fronte orientale le truppe russe e quelle austro-tedesche si affrontano con alterne vicende. Anche qui ha inizio una logorante guerra di posizione.
1915: Perdite gravissime su tutti i fronti
Agli inizi del 1915 le truppe francesi, affiancate da quelle britanniche, fronteggiano le 120 divisioni tedesche, con perdite gravissime da entrambe le parti.
Sul fronte orientale i russi sono in difficoltà per le enormi perdite subite ad opera degli austro-tedeschi e per l’impossibilità di ricevere aiuti dagli alleati attraverso lo stretto dei Dardanelli, chiuso dalla Turchia, alleatasi con la Germania.
Sui mari, la flotta inglese e quella tedesca si affrontano in scontri circoscritti, ma il 7 maggio l’affondamento del transatlantico inglese “Lusitania” ad opera dei sottomarini tedeschi suscita un clamore enorme. La morte di 1195 persone, tra cui 128 cittadini statunitensi evidenzia il coinvolgimento dei civili nella “guerra totale” e rafforza la propaganda antitedesca.
Ancora nel 1915: L’ingresso in guerra dell’Italia
Il 24 maggio 1915 l’Italia, dopo un serrato confronto fra neutralisti e interventisti, entra in guerra.
Numericamente le truppe italiane sono superiori, ma non riescono a sfondare l’efficace sistema difensivo austriaco, fatto di fortificazioni costruite sui rilievi, trincee, reticolati, campi minati, mitragliatrici, realizzato durante il periodo di neutralità italiana.
Le quattro offensive lanciate nel 1915 dal generale Cadorna, sostenitore della tattica dell'attacco a oltranza, si concludono con scarsissimi risultati e con enormi perdite: 60.000 morti e 170.000 feriti, quasi un quarto del contingente mobilitato.
Anche il fronte italo-austriaco dunque, come gli altri, rimane bloccato su due linee continue, che si fronteggiavano lungo i crinali delle montagne del Friuli, del Veneto e del Trentino.
1916: Lunghe e sanguinose battaglie
Nel 1916, sul fronte occidentale, un’offensiva tedesca nell’area di Verdun e una successiva franco-britannica sulla Somme non hanno esiti decisivi e provocano un’immane carneficina.
Sul fronte italo-austriaco, dopo un fallimentare attacco italiano nel mese di marzo, alla metà di maggio gli austriaci lanciano una “spedizione punitiva” (Strafexpedition).
Riescono ad avanzare per più di venti chilometri in territorio italiano, ma ai primi di giugno sono costretti a dirottare parte delle truppe sul fronte orientale, per fronteggiare un’offensiva russa.
L’Italia riesce così a fermare la spinta nemica e a contrattaccare nella zona di Gorizia, riportando anche questo fronte a una logorante guerra di trincea.
Negli ultimi mesi del 1916 i comandi italiani, con tre offensive sull'Isonzo, consolidano le posizioni raggiunte, a prezzo però di enormi perdite.
Nel frattempo sul mare del Nord, presso la penisola dello Jutland, fra il 31 maggio e il 2 giugno, nella più importante battaglia navale della guerra la flotta britannica costringe quella tedesca a rientrare nelle proprie basi.
1917: l’anno decisivo
Nel 1917 le capacità di resistenza dei paesi belligeranti danno gravi segni di cedimento. Eserciti e popoli sono materialmente e psicologicamente esausti. Insubordinazioni e rivolte si verificano sia al fronte che all’interno.
Il cedimento più grave si verifica in Russia, dove provoca il crollo del regime zarista, seguito dall’uscita dal conflitto delle già collassate truppe russe.
Il disimpegno sul fronte orientale consente agli austro-tedeschi di attaccare con maggior vigore su altri fronti, allo scopo anche di battere gli avversari prima dell’arrivo delle truppe degli Stati Uniti, che, nell’aprile del 1917, spinti dalla indiscriminata guerra sottomarina tedesca e dai comuni interessi con i paesi dell’Intesa, sono entrati in guerra contro la Germania.
In Italia gli austriaci sfondano a Caporetto e in Francia i tedeschi avanzano verso Parigi, senza però ottenere successi definitivi.
1918: Il crollo degli imperi centrali e la fine della guerra
Nel 1918, il massiccio intervento americano sposta le sorti della guerra dalla parte dell’Intesa. Sul fronte occidentale, le truppe tedesche, dopo alcuni successi, sono costrette ad arretrare, mentre sul fronte interno scioperi e rivolte fanno traballare il trono imperiale.
Inizia a diffondersi tra le truppe al fronte l’epidemia di influenza spagnola e il contagio va a colpire eserciti già fortemente provati sul piano fisico e morale
Il crollo della Germania è accompagnato dalla capitolazione dei suoi alleati. Fra settembre e ottobre si arrendono la Bulgaria e la Turchia.
Anche l’Austria, bloccata dalla resistenza delle truppe italiane sulla linea del Grappa e del Piave, si trova in difficoltà. La controffensiva ordinata dal generale Armando Diaz, nuovo comandante dell’esercito italiano al posto del generale Cadorna, provoca il cedimento definitivo degli austriaci.
Le truppe italiane riconquistano i territori occupati ed entrano a Trento e Trieste il 3 novembre, mentre i comandanti militari, a Villa Giusti, vicino a Padova, firmano l’armistizio.
Intanto in Germania, sotto i colpi di ripetuti tumulti e insurrezioni, cede anche la monarchia. Il 9 novembre viene proclamata la repubblica. Due giorni dopo il governo provvisorio firma l’armistizio.