❇ Extra della serie “5 fotografe fuoriclasse”
Profili pubblicati
1. Letizia Battaglia: La donna con la macchina fotografica
2. Chiara Samugheo: Ciak si scatta
3. Le reincarnazioni di Lisetta Carmi
4. Il decostruttivismo fotografico di Joana Choumali
5. Il velo dipinto di Shirin Neshat, un’artista in esilio
6. Newsha Tavakolian: Io resto qui

Buon giorno e buon inizio settimana.
Finalmente trovo l’occasione per proporvi questo fuori sacco che arricchisce, con un nuovo contributo di Susanne John, la serie sulle fotografe fuoriclasse che ha riscosso un buon successo come post e anche come libro.
Mi riferisco a Messe a fuoco. Storie e battaglie di 40 donne fotografe della stessa John con Giovanna Sparapani. Le due autrici stanno raccogliendo i materiali e lavorando per dare un seguito a questo libro. Stanno infatti raccogliendo le informazioni per elaborare un altrettanto cospicuo gruzzolo di profili di fotografe fuori categoria.
Da questo nuovo gruzzolo Susanne ne ha estratta una che mi pare meritevole di particolare interesse non solo per la sua pregevole arte, ma anche per la sua scelta, che dire coraggiosa, non è dire abbastanza.
A proposito di scelte
A proposito di scelte di donne, visto che sono su questa lunghezza d’onda. Mi fa piacere raccomandarvi due film che senz’altro avete già visto.
Il primo è un film drammatico, nel senso più vero di questo termine. È La scelta di Sofia (su NowTV) di Alan Pakula del lontano 1982 con Maryl Streep. Il film è tratto dal romanzo omonimo di William Styron. Oscar e Golden Globe a una strepitosa Streep.
L’altro è un film francese del 2020. È La scelta di Anne – L'Événement (su Mubi) che si è aggiudicato il Leone d’Oro alla 78° Mostra del cinema di Venezia. Una storia coinvolgente e sconvolgente raccontata nel romanzo autobiografico di Annie Ernaux e portata sullo schermo da un’altra donna, Audrey Diwan.
Mi piacerebbe parlare di un altro paio di film, ma così vado troppo fuori tema e sarà il caso di tornare alla nostra Newsha Tavakolian.
La scelta di Newsha
La scelta della fotogiornalista e artista visuale iraniana, per dirla con il titolo di una famosa canzone dei Clash, è contenuta nel dilemma “Should I stay or should I go?”. E la decisione è stata di rimanere, vivere e lavorare nel proprio paese, l’Iran degli ayatollah.
La rivoluzione islamica, che ha travolto il regime di Reza Pahlevy e insediato quello di Khomeyni, è avvenuta nel 1979, appena due anni prima della nascita di Newsha.
La donna è quindi cresciuta in un paese teocratico, ostile al modo di vita occidentale e con idee molto radicali sul ruolo e sulla morale delle donne in una società orientata alla sciaria.
Noi occidentali siamo piuttosto spicci e altezzosi nei confronti della cultura e della civiltà sviluppatasi nella regione pre-indiana. Come sostiene, la Tavakolian non riusciamo a capire fino in fondo. Neanche Alessandro Magno la capiva benissimo, ma ne amava lo sfarzo, ed è forse l’occidentale che più le si è avvicinato.
Una grande civiltà
Sappiamo però che in questi luoghi è fiorita una delle più grandi civiltà del pianeta. Una che aveva un sistema di concepire il mondo opposto a quello ellenistico. Si è trattato di una civiltà immensa che continua a mandare riverberi nel contemporaneo, come nel cinema e nell’arte dove non è seconda a nessuno.
Anche nei grandi musei europei ci sono testimonianze storiche straordinarie di questa civiltà. Alcuni esempi? La Porta di Ištar al Pergamonmuseum nella stupefacente Isola dei musei a Berlino, i bassorilievi assiri e la Rahim Irvani Gallery al British Museum, i materiali conservati al Louvre e all’Institute du Monde Arabe a Parigi e molti altri.
Considerato tutto questo non può destare tanta meraviglia la scelta di Newsha di restare in Iran e non sradicarsi da lì per correre a New York, Londra o Parigi. Una scelta che ha quindi un grande ed esemplare signifcato per la causa del suo popolo e delle donne iraniane. Combattere dall’interno.
Destinazione Iran
Tavakolian è stata molto corteggiata dagli occidentali che le hanno rivolte proposte e riconoscimenti. In tutte le occasioni, anche a pena di essere sgarbata, l’artista ha ribadito che il suo lavoro non è rivolto al pubblico occidentale e non porta alcuna impronta significative del canone occidentale. E come tale deve essere rispettato e accolto.
L’essere inestricabilmente radicata nella storia, nei costumi e nella vita civile del suo paese fa sì che la sua opera parli prima di tutti agli iraniani e sia una rappresentazione personale e veritiera dell’Iran nel quale vive.
In una intervista ha dichiarato:
“Sono ancora in Iran perché è l'unico posto in cui posso esprimere tutti i miei sentimenti: rabbia, felicità, preoccupazione ecc. Le mie foto dell'Iran sono le più forti”.
Il progetto
Parlando di una delle sue mostre più apprezzate, Look, la Tavakolian ha definito chiaramente la peculiarità della sua ricerca e della sua poetica.
“Il mio progetto è guardare in profondità nelle vite di coloro che mi circondano e che conosco da anni e anni e che, addirittura, vivono nel mio stesso condominio. Voglio ritrarre la storia di una nazione di giovani della classe media che ogni giorno fanno i conti con loro stessi, con la società isolata e conformista nella quale vivono, con la mancanza di speranza nel futuro e con le loro storie individuali".
Appunto quella classe media giovane e determinata, fatta soprattutto di donne, che sta mettendo a durissima prova il regime teocratico iraniano.
Ora vi lascio al profilo dell’artista di Susanne John.
Buona lettura!
Il fotogiornalismo non funziona più. Se ricevo un incarico lo adoro, ma cerco di essere creativa perché devi esserlo: il mondo è inondato di immagini, immagini buone. Quindi mi chiedo: Come posso trovare uno spazio intermedio che attiri l'attenzione?
La potenza dei reportage fotografici e della fotografia artistica di Newsha Tavakolian
di Susanne John
Battagliera e anticonformista
Nel 2014 Neshwa Tavakolian si rifiuta di accettare un importante premio da lei vinto con la serie fotografica Pagine bianche di un album fotografico iraniano nell’ambito del Carmignac Photojournalism Award, indignata dal fatto che qualcuno suggerisse di cambiare il titolo e i testi che accompagnavano gli scatti, al fine di renderli più fruibili all’occhio di osservatori occidentali.
La fotografa con coraggio e determinazione afferma di pretendere un totale ed esclusivo controllo artistico sui suoi lavori, accettando il premio soltanto quando vengono rispettate le sue esigenze.
Battagliera e anticonformista, Neshwa Tavakolian, la più famosa fotogiornalista iraniana contemporanea, ha una personalità lontanissima dallo stereotipo della donna iraniana oppressa e sottomessa: i suoi scatti coraggiosi raccontano da anni al mondo intero e soprattutto agli stessi connazionali la realtà e la società attuale dell’Iran.
Per coinvolgere il pubblico emozionalmente, i suoi lavori si concentrano spesso sulla vita quotidiana della classe media iraniana e sulle giovani generazioni, la cui vita nota essere pesantemente condizionata da solitudine e isolamento.
Per poter indagare a fondo e con concretezza i vari aspetti socioculturali e politici del suo paese, Tavakolian ha operato una scelta precisa: ha deciso di voler rimanere a lavorare in Iran, convinta che per poter realizzare reportage autentici che sappiano rispecchiare la realtà, dovrà necessariamente vivere in mezzo ai suoi connazionali.
Nata sotto la sciaria
Newsha Tavakolian, nasce nel 1981 a Teheran dove cresce in una famiglia da lei stessa definita scherzosamente ‘molto borghese’, con un padre uomo d’affari e una madre casalinga. La sua infanzia si svolge durante gli anni di un radicale cambiamento all’interno del paese che vede l’islamizzazione delle leggi e delle scuole e la sostituzione di un’economia capitalista con politiche economiche e culturali populiste, al fine di vietare ogni influenza occidentale.
Sono anni che vedono sparire la libertà personale delle donne, sempre più discriminate sia nell’ambito del diritto di famiglia sia del codice penale, costrette a indossare il velo islamico e a dovere tornare a vivere nell’ombra degli uomini, perdendo anche la libertà di movimento.
All’età di 16 anni Newsha Tavakolian su consiglio della madre scopre l’interesse per la fotografia che comincia a sperimentare come autodidatta e quasi come fototerapia per superare un suo forte disagio scolastico, causato, come si scoprirà solo anni dopo da una forma di dislessia; inizia così giovanissima a lavorare come fotoreporter per il quotidiano femminile iraniano ZAN e in seguito per molti altri giornali riformisti iraniani prima della loro soppressione.
L’estate del 1999
Nel luglio del 1999 scende in piazza insieme ai ragazzi della sua generazione durante l’insurrezione studentesca e diventa a 18 anni la più giovane fotografa a documentare la lotta dei giovani iraniani e la brutale soppressione della rivolta da parte del regime, riuscendo a far pubblicare diversi dei suoi scatti.
Solo pochi anni dopo sarà uno dei primi fotografi a documentare la guerra dell’Iraq, realizzando reportages in Libano, Siria, Arabia Saudita, Pakistan e Yemen. L’incontro con il fondatore di Polaris Images di New York, J.P.Pappis , nel 2001 durante un festival di fotografia in Francia le cambia la vita professionale.
Inizia a documentare per la stessa agenzia i vari aspetti dell’attualità in Iran, per cominciare nel 2004 a lavorare come fotografa free lance anche per The Times. Con la crescente notorietà di Newsha molti fotografi iraniani professionisti cercano di sminuire il suo successo riducendolo al semplice fatto di essere una donna che sfrutta a suo vantaggio le questioni delle donne.
Solo nel 2015, quando Newsha Tovakolian diventerà membro di Magnum Photos, il suo lavoro sarà definitivamente riconosciuto come eccellente.
Le serie fotografiche
Dopo le caotiche elezioni presidenziali del 2009 a Newsha Tavakolian viene tolta temporaneamente la tessera stampa e per continuare a lavorare si vede costretta a guardare oltre il reportage, iniziando a sviluppare dei progetti artistici personali: i suoi lavori, grazie alla sensibilità del suo occhio fotografico, si distinguono per un forte impatto emotivo e politico.
Spiccano fra i suoi progetti i seguenti
Mothers of Martyrs del 2006. la prima serie fotografica che propone intensi ritratti di madri iraniani con in mano la fotografia incorniciata di un figlio caduto in guerra;
Listen dedicato alle cantanti professionali iraniane costrette fin dal 1979 ad abbandonare le loro carriere per sottostare ad un principio islamico che vieta alle donne di cantare per gli uomini;
Maria del 2007 la serie fotografica che documenta la vita quotidiana di un transessuale a Teheran;
Ocalans Angels dedicato alle coraggiose donne dell’Unità di Difesa militare siriana YPS che combattono l’ISIS;
Look del 2011 che indaga il senso di isolamento e disillusione dei giovani iraniani attraverso gli intensi ritratti di ragazzi del suo stesso condominio. Guarda anche il video.
Il contemporaneo
Nel 2015 sviluppa per il Time Magazine il reportage Contemporary Iran catturando diversi aspetti della vita quotidiana iraniana.
Per Magnum Photos realizza nel 2017 il reportage Tunisia’s Youth Champion che racconta la storia dell’avvocatessa-attivista tunesina Asma Kaouech impegnata nella difesa dei diritti umani.
Nel 2019, sempre per Magnum Photos compone con estrema delicatezza e sensibilità la serie fotografica I ragazzi dell’ISIS, un empatico racconto che indaga i traumi subiti da parte dei ragazzi rapiti quando erano bambini dall’Isis e liberati soltanto dopo tanti anni.
Nel marzo 2020 National Geographic pubblica il suo portfolio Era come un film di paura realizzato durante il periodo del lockdown a Teheran, mentre il Time include una sua fotografia nell’albo del migliore fotogiornalismo dello stesso anno.
Sguardo in avanti
Da sempre Newsha Tavakolian guarda avanti cercando di captare con i suoi scatti gli aspetti più significativi del mondo che la circonda, come racconta nel febbraio del 2015 in un’intervista a socialinform:
“Ogni volta che tengo in mano una macchina fotografica immagino sia la mia prima volta. […] Non penso mai al passato. Affronto il futuro. Ogni volta che arrivo alla fine, comincio da zero.”
Le opere di Neshwa Takalovian sono esposte e raccolte presso importanti musei internazionali fra cui il British Museum, il Victoria and Albert Museum e il Museum of Fine Arts di Boston.
Per approfondire il lavoro della fotografa è possibile consultare la pagina dedicata alla fotografa iraniana sul sito web www.magnumphotos.com e il sito personale della fotografa Newsha Tavakolian Photography .
Prima di andare
Un grande libro di storia. In un post precedente ho già parlato di un libro che mi appare molto importante per il taglio e il contenuto del lavoro. Si tratta di The Earth Transformed: An Untold History, Bloomsbury, 2023 di Peter Frankopan, professore di storia globale a Oxford e direttore dell’Oxford Centre for Byzantine Research. Ieri Peter Frankopan è intervenuto con un saggio breve sui temi trattati nel libro. Il saggio è stato pubblicato sul dorso “Life&Art” dell’edizione del weekend del “Financial Times”. Ho tradotto questo intervento per chi fosse interessato a conoscere meglio le tesi di questo studioso di altissimo livello. Lo trovate qui.