Obbedisco! Breve storia del telegramma
2. Partiamo domani a mezzogiorno… e la storia cambiò di brutto
di Mario Matteini
[Secondo episodio di cinque della serie “Le parole nella storia”]
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Buongiorno. Ecco il secondo episodio della breve storia del telegramma. Stavolta Mario Matteini ci propone un documento su uno dei fatti più significativi, e per certi versi anche paradossali, della storia contemporanea: il telegramma del viaggio di Lenin, agli inizi di aprile 1917, da Zurigo a San Pietroburgo dove, con le tesi di Aprile, avviò la rivoluzione russa.
È un viaggio che attraversò tutto il territorio tedesco, una nazione in guerra con la Russia. Inconsapevolmente il kaiser, il cancelliere e l’alto comando tedesco, che tollerarono/autorizzarono il passaggio del capo rivoluzionario bolscevico, accesero la miccia nella polveriera russa.
Le conseguenze furono epocali per la stessa Germania, non proprio nel senso che si prefiggevano i prussiani, anche se sul momento si avvantaggiarono. La Russia bolscevica, infatti, concluse, un anno dopo, un precipitoso trattato di pace con gli imperi centrali sgravandoli del secondo fronte, quello orientale. Non servì, però, a molto. Presto arrivò la Spagnola a sconfiggere gli eserciti tedeschi. Nel 1919 la Germania dovette fare i conti anche con Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, figli del treno di Lenin.
Ironia della storia: nel gesto dei prussiani si trova, in nuce, la prima occorrenza del famoso slogan coniato dal pacifista Bertrand Russell al tempo della guerra fredda: “meglio rossi che morti”. Bene non dover scegliere.
Buona lettura!
Una svolta della storia in un telegramma ...
Lasciamo Lincoln e gli Stati Uniti e, facendo un salto in avanti di poco più di mezzo secolo, arriviamo nel cuore dell’Europa, a Zurigo, da dove, il 6 aprile del 1917, parte questo telegramma:

Partiamo domani a mezzogiorno [per] la Germania. Platten [ci] accompagna [al] treno. Ti prego di venire immediatamente. Copriremo le spese. Porta Romain Rolland se è d'accordo in linea di principio. Fai il possibile per portare [Charles] Naine o [Ernest-Paul] Graber.
telegraphiez volkshaus - Oulianoff'
Chi è che invia da Zurigo, il 6 aprile del 1917, questo telegramma? E dove sta andando? La firma e la data non dovrebbero lasciare troppi dubbi. Sì, è proprio lui: Vladimir Il’ič Ul’janov, noto con lo pseudonimo di Lenin.
Esule da diversi anni in Svizzera, ha da poco ricevuto la notizia della rivoluzione di febbraio in Russia, che ha travolto il regime zarista. Il leader dei bolscevichi, l’opposizione più radicale al regime zarista, comprende subito la portata dell’evento, pensa addirittura che possa essere l’inizio di una rivoluzione mondiale, ma è convinto che non ci debbano essere esitazioni e compromessi. Per questo deve tornare immediatamente in patria e riprendere la guida del partito.
L’unica strada possibile sembra essere quella via terra, ma deve attraversare territori di paesi in guerra contro il suo paese. Sorprendentemente – ma nemmeno poi tanto – proprio uno di quei paesi, la Germania, gli viene in aiuto, perché sa che il programma di Lenin prevede l’uscita della Russia dalla guerra, e questo le consentirebbe di disimpegnarsi sul fronte orientale. E così, con un treno fornito dalle autorità tedesche, Lenin lascia la Svizzera, attraversa la Germania, raggiunge prima la Svezia e poi la Finlandia, e di qui arriva a Pietrogrado il 16 aprile 1917.
L’inizio del secolo breve
Gli eventi successivi segneranno l’inizio di una nuova epoca. La rivoluzione d’ottobre e la nascita del primo stato socialista diventeranno punti di riferimento e modelli da seguire per i socialisti di ogni paese in Europa e nel mondo, mentre per i conservatori e i liberali rappresenteranno una minaccia da temere e combattere.
Speranza da una parte e paura dall’altra alimenteranno la conflittualità sociale e politica all’interno degli stati e nelle relazioni internazionali. Accantonata per la durata della seconda guerra mondiale e per la necessità di combattere uniti contro il nazifascismo, tale conflittualità tornerà a manifestarsi subito dopo la fine della guerra e caratterizzerà la storia mondiale fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991.
La Storia che va all’asta
Lenin, ovviamente, non poteva sapere tutto questo, ma era perfettamente consapevole dell’eccezionalità del momento. La sua euforia, il desiderio di condividere quella elettrizzante esperienza, ma anche l’impazienza e la determinazione traspaiono perfettamente dal suo telegramma, con il quale prega il socialista francese Henri Guilbeaux di accompagnarlo e di portare anche altri amici: Romain Rolland, un pacifista francese rifugiato in Svizzera; Charles Naine e Ernest-Paul Graber, due socialdemocratici svizzeri. Fritz Platten era il socialista svizzero che aveva negoziato con il ministero degli esteri tedesco le modalità del viaggio.
Che fine ha fatto questo straordinario documento, questa istantanea che ritrae un passaggio cruciale della storia?
Venduto dalla casa d’aste londinese Christie's, nel giugno del 2013, al prezzo di 78.000 dollari.
Prima di andare
Metaverso. Il “Financial Times” ieri ha scritto che Meta (ex Facebook) sta depositando centinaia di brevetti di molteplici tecnologie per gestire dati biometrici così da animare in modo mimico e realistico repliche/avatar/cloni delle persone. Con tali pseudoumani intende popolare il proprio metaverso. Nel frattempo Microsoft, per la cifra record di 75miliardi di dollari, ha acquisito Activision Blizzard, la casa di videogame che ha creato, tra l’altro, la saga Candy Crush. Le tecnologie di Activision Blizzard supporteranno la scalata di Microsoft al Metaverso. Adesso attendiamo le mosse di Apple.
The Tender Bar. Nelle righe che seguono ci sono due piccoli spoiler. Una cosa mi ha colpito più altre in Tender Bar, il delizioso film di George Clooney su Prime Video, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di JR Moehringer. È la perseveranza di JR, il giovane protagonista. Dopo essere stato scaricato per ben 9 volte dalla stessa ragazza con la medesima motivazione e dopo essere stato scaricato come giornalista anche dal “New York Times” continua a provarci con lei e continua anche a voler scrivere. Visto che, come lo informa lo zio, “un giornalista è solo un cattivo scrittore”, decide di continuare a scrivere solo da scrittore. La perseveranza è veramente tutto negli affetti come pure nel lavoro. Carina anche la scenetta col capo-redattore del “New York Times, il quale in deroga a tutti i manuali di stile, vuole che JR sia scritto con i punti fermi (J.R.) che imprime con vigore sul dattiloscritto (siamo negli anni ’60). La ragione? Al “New York Times” si fa così.