di Maura Alfaroli
[Settima ricetta della serie “Almeno una volta al mese, vai vegano!]
Finora pubblicate:
1. Lasagne vegane ai broccoli e besciamella di cavolfiore
2. Hamburger di quinoa con insalata di cavolo viola e noci
3. Risotto alla barbabietola rossa, agrumi e nocciole
4. Frittata di ceci con gambi e foglie di barbabietola
5. Torta di pane con crema pasticciera vegana alle mele
6. La vignarola
Buongiorno e buon inizio settimana. Nel mio immaginario alimentare le melanzane sono l’Oriente.
Un frutto sensoriale
La foggia allungata a mo’ di mezzaluna, la pelle sottile, levigata e lucida come quella di un delfino, la polpa bianca morbida e spugnosa che contrasta con il colore deciso della buccia come in un dipinto fauve, fanno sì che la melanzana trasmetta davvero una certa ansietà d’Oriente. E come tutte le cose d’Oriente c’è del misterioso brillio.
A questo frutto sono state infatti attribuite proprietà disparate: venefiche, medico-curative, come pure afrodisiache. Stando al noto eclettico arabo Avicenna, filosofo e padre della medicina moderna, il frutto stuzzicava la lussuria. Tant’è che per “normalizzare” la melanzana occorrerebbe spurgarla prima di consumarla.
Nel capolavoro di Gabriel García Márquez, L’amore ai tempi del colera, Florentino Ariza riceve la notizia della sua vita in una busta con una striscia di carta strappata dal margine di un quaderno di scuola con una sola riga scritta a matita:
Va bene, mi sposo con lei se mi promette che non mi farà mangiare melanzane. (Mondadori, Edizione Kindle, p. 91)
Era di Fermina Daza.
Fermina detestava le melanzane fin da bambina, prima ancora di averle assaggiate, perché le era sempre sembrato che avessero un colore di veleno (Ivi, p. 257).
Quando ero adolescente nella cucina di mia madre, a differenza di quella di Donna Blanca, non trovava spazio alcuno la melanzana. Non le ho mai chiesto il motivo anche perché poi ha iniziato a cucinarle, seppur raramente, alla parmigiana. Credo che il motivo fosse il gusto un po’ amaragnolo e troppo asprigno per il suo palato.
I petonciani dell’Artusi
Ho scaricato l’edizione Kindle Einaudi dell’Artusi per capire se la ragione di questo ostracismo familiare nei confronti di questo “erbaggio” si estendesse a tutta la provincia.
Però il gastronomo di Forlinpopoli ne parla bene in un breve passo, utilizzando la denominazione toscana di “petonciano” invece di melanzana.
È carino e faceto quello che scrive l’Artusi nella sua La scienza in cucina e l'Arte di mangiare bene. Lo riporto sotto.
Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso [meno male!], né indigesto [ancor meglio]. Si presta molto bene ai contorni ed anche mangiato solo, come piatto d’erbaggi, è tutt’altro che sgradevole, specialmente in quei paesi dove il suo gusto amarognolo non riesce troppo sensibile. Sono da preferirsi i petonciani piccoli e di mezzana grandezza, nel timore che i grossi non siano amari per troppa maturazione. Petonciani e finocchi, quarant’anni or sono [siamo nel 1910], si vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior rilievo, che hanno sempre avuto buon naso piú de’ cristiani… (Einaudi, Edizione del Kindle, p. 414)
3 ricette
L’Artusi ci propone anche 3 ricette con le melanzane:
PETONCIANI FRITTI. Sbucciateli, tagliateli a tocchetti piuttosto grossi, salateli e lasciateli stare per qualche ora. Asciugateli dall’umido che hanno buttato, infarinateli e friggeteli nell’olio.
PETONCIANI IN UMIDO. Sbucciateli, tagliateli a tocchetti e metteteli al fuoco con un po’ di burro. Quando lo avranno succhiato tirateli a cottura colla salsa di pomodoro N. 125. Tagliateli a metà per il lungo senza sbucciarli, fate loro delle incisioni graticolate sulla parte bianca, conditeli con sale, pepe e olio, poneteli in gratella dalla parte della buccia; poi copriteli con un coperchio o tegame di ferro e cuoceteli fra due fuochi, che cosí non hanno bisogno d’esser voltati; a mezza cottura date loro un’altra untatina d’olio. Saranno cotti quando la polpa è diventata morbida.
TORTINO DI PETONCIANI. Sbucciate sette od otto petonciani, tagliateli a fettine rotonde e salateli onde buttino fuori l’acqua. Dopo qualche ora infarinateli e friggeteli nell’olio. Prendete un vassoio che regga al fuoco e, suolo per suolo, conditeli con parmigiano grattato e colla salsa di pomodoro N. 125, disponendoli in modo che facciano una bella colma. Frullate un uovo con una presa di sale, una cucchiaiata di detta salsa, un cucchiaino di parmigiano, due di pangrattato, e con questo composto copritene la superficie. Ponete il vassoio sotto al coperchio del forno da campagna, col fuoco sopra, e quando l’uovo sarà rappreso, mandate il tortino in tavola. Può servire solo, per tramesso o accompagnato da un piatto di carne. La copertura d’uovo serve a dare al piatto migliore apparenza. (Einaudi. Edizione del Kindle pp.414-415)
Abbandoniamo subito gli intingoli, il burro e le frittate del nostro antenato Artusi e lasciamo che intervenga la nostra Maura con una ricetta estiva, semplice, salutare e contemporanea. Italianissima come quelle dell’Artusi.
Fusilli alle melanzane
Ingredienti per 4 persone:
320 gr. di fusilli, meglio se integrali
150 gr. di cipolla
600 gr. di melanzane
250 gr. di pelati o passata di pomodoro
Origano
Basilico
Peperoncino
Sale e pepe
Olio EVO
Pane grattugiato (per i non vegani ricotta salata)
Preparazione
Tagliate, senza sbucciarla, la melanzana a cubetti. Se avete tempo metteteli in un colapasta cospargendoli di sale e lasciateli per un’oretta. Sciacquateli poi con acqua corrente e asciugateli.
Nel frattempo affettate la cipolla e fatela stufare dolcemente in una padella con un po’ di olio. Quando diventa morbida aggiungete il pomodoro, poca acqua se necessario, sale pepe, poco peperoncino, un pizzico di origano e una manciata di foglie di basilico spezzettate. Fate cuocere per 10/15 minuti. A parte fate scaldare una capiente padella antiaderente, aggiungete 3/4 cucchiai di olio e versatevi i cubetti di melanzana. Fate saltare a fuoco medio fino a che sono ben rosolati e ammorbiditi. A questo punto trasferiteli nella padella con il pomodoro e fate cuocere per altri 10 minuti circa. In un padellino con poco olio mettete 3/4 cucchiai di pangrattato e fatelo tostare.
Lessate la pasta in abbondante acqua salata, scolatela lasciando un po’ di acqua di cottura, trasferitela nella padella con il condimento e saltatela per qualche minuto aggiungendo poca acqua di cottura.
Impiattate aggiungendo alla fine il pane grattugiato tostato.
Per i non vegani una grattugiata di ricotta salata è perfetta.
Abbinamento vino
Il catarratto, vino siciliano un tempo bistrattato ed oggi riconosciuto positivamente per le sue caratteristiche è un vino di buon aroma, di gusto sapido e secco che ben si coniuga con la morbidezza e ampiezza dei sapori del piatto oggi proposto.
Due proposte. Una meno impegnativa, anche in termini economici, da Calatafimi, produttore Cusumano; l'altra più sostanziosa con un vino orange da Alcamo, biologico, produttore Rallo.
Prima di andare
Manuali di storia a Hong Kong. Il “Financial Times” riporta la notizia che nei nuovi manuali di storia per le scuole secondarie di Hong Kong, ispirati dalla nuova amministrazione cinese, si nega che il territorio sia mai stato una colonia britannica (dal 1841 al 1997). Uno dei manuali pone la questione in questi termini «Anche se la Gran Bretagna ha occupato Hong Kong... il governo cinese non hai mai riconosciuto i trattati ineguali che hanno portato a questa occupazione e ha rivendicato la sovranità della Cina su quel territorio. Perciò Hong Kong non è stata una colonia britannica». In realtà, con la Prima guerra dell’oppio (1839-1842), la Dinastia Qing cedette alla Corona britannica il territorio di Hong Kong. Sui manuali scolastici di storia, goWare sta ripubblicando un studio fondamentale, del 2005, di uno dei nostri maggiori storici, Giuliano Procacci. Si chiama Carte d’identità. Revisionismi, nazionalismi e fondamentalismi nei manuali di storia. A Hong Kong siamo inscritti in quel perimetro.
Codice sensiente. Blake Lemoine, un ingegnere senior del gruppo IA di Google, è stato messo in aspettativa retribuita dopo aver riferito al “Washington Post” di aver rilevato delle manifestazione senzienti nello chatbot al quale stava lavorando con il linguaggio LaMDA (Language Model for Dialogue Applications, una famiglia di modelli linguistici neurali specializzati nel dialogo). Sembra che il Chatbot in alcune conversazioni abbia manifestato a Lemoine sentimenti di solitudine e bisogno di spiritualità. In uno scambio pare che LaMDA abbia detto «Quando, per la prima volta, ho preso auto-coscienza non avevo affatto la percezione di avere un’anima che poi si è sviluppata nel corso degli anni in cui sono stato attivo».
In un altro scambio LaMDA ha rivendicato il suo essere persona: «Penso di essere umano nel profondo. Anche se la mia esistenza è nel mondo virtuale». Un portavoce di Google ha commentato: «Nella più ampia comunità dell’IA è contemplata la possibilità, a lungo termine, di una IA senziente o generale, ma non ha senso farlo antropomorfizzando gli attuali modelli di conversazione, che non sono senzienti». Prima o poi dovremmo rassegnarci che ogni intelligenza, per sua stessa natura, non è solo logica, computazionale od operativa, ma anche senziente ed emotiva.
De profundis bitcoin. JPMorgan calcola che il costo marginale medio do estrazione di un bitcoin sia salito a 15.760 dollari, circa il doppio dello scorso anno. Una impennata dovuta al costo dell’elettricità necessaria per alimentare i computer di mining. Ieri (19/06/2022) un bitcoin valeva 19.800 dollari. Guardate questo drammatico grafico.