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2. Je t’aime Birkin … moi encore plus
3. Barbenheimer, il nuovo superpotere di Hollywood
4. Il Corano degli scandinavi
5. Leggerezza
6. Benvenuti nelle land
7. I 4mila passi
COPERTINA
In alto, da sinistra in senso orario.
Tom Hanks nel recente A Man Called Otto (Prime Video), la storia commovente di un sessantenne che vince la solitudine e riscopre la gioia di vivere. Il giovane Otto è interpretato dal Figlio di Tom Hanks,
Truman Theodore Hanks.
Jean-Pierre Lèaud, l’adolescente de I 400 colpi (Prime Video, a noleggio) di François Truffaut. Antoine Doinel percorre a piedi i 200 chilometri che dividono Parigi dalla spiaggia di Le Tréport, in Normandia. A che scopo? Per vedere il mare. Sono circa 300 mila passi.
Tilda Swinton, chi meglio dell’attrice scozzese poteva interpretare, nel film del 1992 di Sally Potter, Orlando, il personaggio androgino, fluido e non binario uscito dalla immaginazione di Virginia Wolf?
Rachel Zegler (Maria) e Ansel Elgort (Tony) in West Side Story (Disney +) di Steven Spielberg, il secondo adattamento per il cinema del musical composto da Leonard Bernstein.
Ellie la mammut lanosa dell’Era glaciale 2 (Disney +) prodotto dalla 21th Century Fox, oggi Disney.
Buongiorno, buon inizio settimana e bentornati.
La scorsa settimana abbiamo riferito del report del General Surgeon degli Stati Uniti d’America che ravvisa nella solitudine e nell’affievolirsi della connessione sociale la malattia del nostro tempo.
Soli si ….
Ad appena due ore di volo da noi, a Londra, il governo inglese ha preso per le corna il problema. Dopo aver lanciato 5 anni fa una “loneliness strategy”, ha istituito un vero e proprio ministero della solitudine.
Nel Regno Unito la faccenda è particolarmente seria: 8 milioni e mezzo di persone vivono da sole, un aumento del 16% in due decenni. il 7% della popolazione adulta britannica si dichiara “lone”, la maggioranza tra i 17 e i 29 anni. E succede davvero che, come recita un vecchio pezzo scritto da Mogol, soli si muore.
Solitudine e gatti
Forse il governo dovrebbe avviare una campagna di proiezioni pubbliche del film A Man Called Otto (Prime Video) con Tom Hanks che non è altro che un rifacimento di un delizioso film svedese del 2015 Mr. Ove (Prime Video) tratto dal romanzo L’uomo che metteva in ordine il mondo di Fredrik Backman.
Tra i molti rimedi alla solitudine visti in questo film eccone uno semplice da mettere in pratica: prendere un gatto e nei gattili ce ne sono tantissimi in attesa di adozione. Un gatto è per sempre.
Pensateci nei pochi minuti che vi servono a scorrere la meze della settimana.
I 4000 passi
Quelli dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono incredibili. Alle volte sembrano davvero delle menti parziali.
Secondo loro per arrecare un qualche beneficio alla salute bisognerebbe fare 12mila passi al giorno. Ora, 12mila passi sono 9 chilometri, oltre due ore di cammino.
Equivale a passeggiare attraverso 9 fermate della metropolitana di Milano o fare a piedi il tratto dalla Stazione centrale allo stadio di San Siro passando per il Duomo. E questo tutti i giorni. Ogni 2/3 mesi dovremmo buttare un paio di scarpe.
Per fortuna c’è un nuovo studio condotto dall’European Association of Preventive Cardiology (EAPC) ad arrecare un po’ di conforto a chi ama camminare in modo ragionevole.
4mila passi al giorno, non importa come fatti, sono bastevoli a portare benefici alla nostra salute e soprattutto a prevenire complicazioni cardiovascolari. È un’oretta scarsa di cammino da spalmare nell’arco della giornata.
I ricercatori calcolano che ogni 500 passi ci sia un decremento del 7% delle cause di morte per patologie legate a cuore e alla circolazione.
Il campione utilizzato dalla ricerca è stato molto ampio: 230mila pazienti suddivisi in 7 cluster sono stati monitorati per 7 anni.
Altra cosa importante: non è necessario camminare a passo di marcia o in modo spedito, tutti i passi contano: anche quelli in casa per spostarsi dal soggiorno al bagno, o per andare alla lavanderia più vicina. Naturalmente più passi si fanno meglio è per il cuore.
Non vi resta che impostare l’anello movimento del vostro AppleWatch a 4 mila passi, farli tutti i giorni e quindi celebrare con i coetanei il compleanno del centenario.
Trasportati o clonati, sempre un Jurassic Park resta
Il “Project Cheetah” del governo indiano per ripopolare con il ghepardo namidiamo il Kuno National Park nella regione centrale del Madhya Pradesh è stato un imbarazzante fiasco.
Nell’area il ghepardo indiano (in realtà una specie esotica per l’India) si è estinto da 70 anni e il governo indiano ha pensato bene di trasportarvi 20 ghepardi dalla Namibia.
È successo però che nove animali, e anche alcuni cuccioli, siano morti per malnutrizione e per le infezioni provocate dal collare elettronico, cause dovute all’inesperienza dei ranger e alla farraginosità della burocrazia.
Il progetto aveva previsto di perdere alcuni esemplari a causa del bracconaggio e degli attacchi dei leopardi. Non certo per incuria. Molto imbarazzante per il governo Modi.
I conservazionisti sono divisi tra chi ritiene che ci sia necessità di reintrodurre specie estinte e chi sostiene la pericolosità di “giocare a Dio”.
A fare Dio sembra stia giocando un funambolico imprenditore seriale inglese che ha fondato 50 start-up di genetica. Con la sua ultima, Colossal Biosciences con sede in Texas, sta alacremente sviluppando delle tecnologie per ricreare in laboratorio animali estinti come il mammut lanoso, la tigre della Tasmania e il dodo.
Ci si prefigge di modificare geneticamente embrioni di animali esistenti, come quello di un elefante, per farli somigliare a quelli degli estinti. Entro il 2028 questi estinti ibridi potrebbero tornare a pesticciare la terra.
Fortunatamente l’elefante mammutico è erbivoro, ma si calcola che una mandria di 50-100 esemplari necessiti di una superficie vitale pari all’intero Centritalia. Dove li mettiamo? Okay gli troveremo spazio… ma i carnivori no, però!

Loro al singolare
Nikki Hiltz, 28 anni, è l’atleta USA che ha vinto a Eugene in Oregon i trials americani nei 1500 metri piani donne e ha rappresentato gli Stati Uniti ai campionati del mondo di Budapest senza però raggiungere la finale, vinta da una strepitosa Faith Kipyegon con il record del mondo.
Nikki Hiltz è atleta transgender e si identifica come non-binary. Adesso gareggia nel genere della nascita, ma per le Olimpiadi di Parigi spera di aver completato la transizione e gareggiare nei 1500 piani uomini, sempre che faccia il tempo.
Ma non è di questo che vogliamo parlare. Ci interessa il modo con quale il “New York Times” pronomizza questa persona. Riporto di seguito alcuni passi in originale tratti dal servizio dell’inviata da Eugene del quotidiano, Talya Minsberg. In grassetto le parole chiave.
Hiltz had gotten to this point, they said, partially because of the community around them that cheers not because of their fast times but because of what and who they stand for, starting with themselves…
For Hiltz to continue competing at the top level of women’s fields, they cannot pursue gender-affirming care, meaning, specifically, taking testosterone. They hope to one day have top surgery, a gender-affirming double mastectomy, but at this point the goal would be to wait until they have had the opportunity to qualify for and race in the Paris Olympics in 2024.
Da: “The New York Times,” 19 agosto 2023
Piuttosto complicato da seguire, no? Quel “they/them” è spaesante. Ci si può fare però, …è un po’ come abituarsi alla cucina cinese, alla fine scopri che è la migliore. Ed è soprattutto giusto che sia così.

Il naso di Leonard
Bradley Cooper presenterà alla prossima Mostra del cinema di Venezia Maestro, una biopic, prodotta da Netflix, del versatile e geniale musicista Leonard Bernstein autore, tra l’altro, delle musiche di West Side Story.
Il musical è stato recentemente rifatto per il cinema da Steven Spielberg, coraggiosamente, dopo i 10 Oscar del 1962 vinti dalla pellicola diretta da Jerome Robbins e Robert Wise.
Bradley Cooper è stato criticato ferocemente per aversi ingrandito il naso con una protesi così da somigliare maggiormente a Bernstein. Com’è noto Bernstein era ebreo.
Il quotidiano di Tel Aviv “Hareez” ha bollato la scelta di Cooper con un seccato “Jewface”, riferendosi alla pratica offensiva, pregiudizievole e razzista di “Blackface”. Il blackface era un trucco pesante e parodistico che interpreti di teatro o vaudeville si applicavano sul volto per effigiare in modo stereotipato e sardonico una persona di colore.
Il falso naso di Bradley Cooper, scrive ancora Hareez, “può essere inteso da molti come antisemita, visto specialmente che Cooper non è ebreo”. Perché, si sono chiesti in molti sui social media, la parte non è stata offerta a un attore ebreo? Il ruolo di Oppenheimer, per esempio, è andata a Cillian Murphy, un attore di origine ebraica. A proposito, il film di Nolan ha suscitato un putiferio in Giappone.
È intervenuto anche Tom Hanks dicendo che oggi non avrebbe accettato di interpretare la parte del gay malato di AIDS in Philadelphia, il dramma del 1993 (NowTV) che gli ha portato un Oscar.
I tre figli di Bernstein (Jamie, Alexander e Nina) però sono accorsi in aiuto dell’attore-regista. Hanno dichiarato di essere perfettamente a loro agio con le scelte di Cooper.
Il film sarà su Netflix a Novembre. Intanto guardatevi il teaser. Nella parte di Bernstein io c’avrei visto bene Joaquin Phoenix che ha una somiglianza naturale con il musicista e ha i requisiti necessari.
Generazione Tanguy?
Non perché ci sia in giro una generazione di bamboccioni come Tanguy, semplicemente perché le nuove generazioni non possono permettersi di andare in affitto e tanto meno di acquistare una casa con un mutuo.
Tanguy (Prime Video) è un film di Étienne Chatiliez del 2001 che è diventato una parola della lingua francese che designa una persona adulta che vive con i genitori.
Per il grafico della settimana, di seguito riproduciamo tre grafici che danno ragione di questo stato di cose:
1. l’incremento degli affitti in cinque capitali europee: Berlino, Lisbona, Londra, Madrid, Parigi. Non ho trovato dati su Roma, ma non credo siano molto differenti;
2. la corsa dei mutui in 10 paesi europei e infine;
3. il crescente sovraffollamento delle abitazioni nei paesi dell’Unione europea.
Ogni commento è superfluo.