❇ 8° episodio della serie “I numeri nella storia”.
Articoli pubblicati
1. Armonie&Numeri
2. Nati nello stivale
3. Le magnifiche 21
4. La carneficina che torna
5. E non rimase nessuno
6. La dolce discesa alla pensione
7. L’età pensionabile di Bismarck
8. Scripta manent, verba volant
Buon giorno e buon fine settimana
Oggi molti grafici nel nostro consueto appuntamento ogni altro giovedì con la serie “I numeri nella storia”.
Nel nostro team la persona più specializzata in numerologia è Michele Giocondi che oggi ci intrattiene con alcune statistiche che potremmo definire culturali. In modo particolare ci soffermeremo su quelle relative all’alfabetizzazione degli italiani dall’unità ai nostri giorni.
Nel 2023 non abbiamo più questo problema nelle forme di quando l’Italia cessò di essere un’espressione geografica. Oggi esso si presenta in forme molto più sofisticate e subdole dell’obiettivo di saper leggere, scrivere e fare di conto.
Per esempio un indice moderno di alfabetizzazione potrebbe essere quello di saper pesare un contenuto che ci è servito dall’AI generativa. Capire, cioè, se è “allucinato” o “fondato”. Compito che alle volte si presenta davvero improbo.
Oddio, non è che l’analfabetismo classico sia una malattia completamente debellata in Italia come potete vedere anche nella grafica della copertina.
Nel mondo solo il Canada ha lo zero per cento di analfabeti. In questo meraviglioso paese fa discretamente freddo e quindi si dispone di maggior tempo per stare al chiuso a leggere, scrivere e far di conto.
Vi lascio adesso al nostro Michele Giocondi che ci consegna, come al solito, un post molto interessante che contiene anche una proposta messa in una bottiglia gettata nel mare della comunicazione. Ma c’è ancora qualcuno che raccoglie le idee?
Buona lettura!
Non è mai troppo tardi. L’analfabetismo in Italia dall’Unità a oggi
di Michele Giocondi
1861: iniziano i censimenti
Nel 1861 nasce il Regno d’Italia. Da allora, fra le tante novità che ogni nuovo stato si porta con sé, ne arriva una che verrà effettuata ogni dieci anni: il censimento generale della popolazione.
Esso fornirà informazioni e dati oggettivi su molti aspetti della vita del paese: sulla popolazione e sulle sue caratteristiche, nascite, morti, fasce di età, ecc.., sul clima, sulla sanità, sulla giustizia, sulla istruzione, sulla cultura, sulle attività economiche, sui trasporti, sul commercio, sul lavoro, sui prezzi, sulle finanze e così via.
Scorrendo questa marea di dati si può cogliere la continua trasformazione del paese, sia in senso positivo che negativo, da allora fino ai giorni nostri.
Tanti dati, inclusi quelli sulla cultura
Fra le tante indicazioni che ci forniscono i vari censimenti, rientrano anche quelle sulla cultura: la scuola, il numero di studenti e di docenti, i consumi culturali, il tasso di alfabetizzazione e così via.
Quest’ultimo rappresenta un dato sicuramente interessante per comprendere il livello di istruzione complessiva del paese, la base di partenza del lungo cammino per rendere effettiva l’alfabetizzazione a tutto il paese, e la sua evoluzione decennio dopo decennio.
Un appuntamento, insomma, quello dei censimenti decennali della popolazione, molto utile, che si svolse sempre ogni dieci anni, tranne che due volte: nel 1891 per mancanza di soldi, o di risorse, o di copertura finanziaria, come si tende a dire oggi per attenuare un po’ la crudezza dell’affermazione, e nel 1941 per la guerra.
Censimento del 1861
Nel 1861, si svolge dunque il primo censimento “nazionale”, con gli innumerevoli dati che pone all’attenzione dei politici e degli studiosi che vogliano indagare sulla realtà del nuovo stato.
Vediamo così che la popolazione complessiva risulta essere di 21.770.000 abitanti nei confini dell’epoca e 25.756.000 ai confini attuali, cioè con il Lazio e il Triveneto.
E osserviamo tantissime altre informazioni, quali, tanto per toccare un argomento oggi assai dibattuto, quello della presenza di giovani e di vecchi: 7.500.000 i primi, 900.000 i secondi.
Un paese quindi con una massa enorme di giovani e una esigua quantità di ultra sessantacinquenni: in percentuale oltre otto giovani per ogni vecchio.
Tale percentuale si sarebbe poi nel corso del tempo ribaltata completamente fino ad arrivare alla drammatica situazione demografica di oggi che vede circa 7 milioni e mezzo di giovani e 14 milioni di vecchi.
L’analfabetismo: una battaglia da affrontare quanto prima
Tra i tanti dati che ci vengono forniti da questo primo censimento del neonato Regno c’è quello sulla presenza dell’analfabetismo.
E qui la situazione appare subito molto pesante: il 75% della popolazione italiana nel 1861 risulta analfabeta. E di conseguenza è esclusa da qualsiasi tipo di consumo culturale.
Per primo quello della lettura di qualche giornale o di qualche romanzetto popolare, che poteva essere l’unico “lusso” culturale alla portata delle masse popolari, afflitte, come è ben noto, da una profonda miseria.
Appariva pertanto assai lungo il cammino da percorrere per entrare a buon diritto, anche sull’alfabetizzazione, fra le nazioni europee più evolute, con le quali siamo soliti confrontarci.
Confronti con l’Europa
Ricordiamo infatti che alla stessa data, il 1861, la Germania aveva quasi vinto questa onorevole e benemerita battaglia, in quanto l’indice di analfabetismo era molto contenuto.
In altri paesi, come Francia, Inghilterra e Olanda alla stessa data esso si aggirava fra il 20 e il 30% della popolazione, una percentuale, come vedremo, cui l’Italia sarebbe pervenuta sessanta anni dopo.
Solamente fra gli anni Venti e Trenta del Novecento infatti si sarebbe raggiunta la stessa percentuale di analfabetismo di quei paesi: 27,4% nel 1921, e 20,9% nel 1931.
Censimento del 1871
Nel censimento successivo, quello del 1871, registriamo un primo, iniziale passo verso la riduzione di questo deprecabile indice: il tasso di analfabetismo scende al 68% della popolazione.
In un decennio si è ridotto di 10 punti e le varie misure legislative, legge Casati e Coppino per prime, messe in campo per un’istruzione quanto meno elementare, fanno sperare in un suo ulteriore abbassamento.
La cosa si verifica regolarmente, anche se troppo lentamente, decennio dopo decennio, sia pur con percentuali di abbattimento meno “ampie” dei primi dieci anni.
All’inizio del nuovo secolo, nel 1901, per esempio, questo deprecabile indice è sceso al 48,5 % della popolazione: in un trentennio un 20% in meno di analfabetismo.
Siamo calati di poco più del 6% a decennio. In buona sostanza pertanto ai primi del Novecento un italiano su due non sa ancora né leggere né scrivere.
Una realtà ancora insoddisfacente
La realtà in materia di analfabetismo è però ancora peggiore di quella riscontrata dalle stesse fonti ufficiali per almeno due motivi.
Il primo perché molti di quelli registrati come “alfabeti” in realtà sanno solo “scrivere” la propria firma, quasi fosse un disegno, ma sono ben lontani da un sia pur elementare possesso della lingua.
Il secondo perché il dato nazionale dell’analfabetismo è il risultato di una media regionale estremamente diversificata fra il Nord e il Sud del paese.
Profonde differenze regionali
Se infatti nel 1861 in Piemonte, in Lombardia e in Liguria il tasso di analfabetismo supera di poco il 50% della popolazione, in Sardegna è del 90%, in Sicilia dell’89, in Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Abruzzo dell’86%.
Tale sproporzione fra il Nord e il Sud del paese sarebbe poi andata crescendo con il passare del tempo, anziché ridursi, segno ulteriore delle due diverse velocità con cui marciavano le due aree della penisola.
Nel 1911, ad esempio, con un tasso medio di analfabetismo nazionale del 40% della popolazione, in Piemonte esso scende al 11,6%, in Lombardia al 13%, in Liguria al 17%, mentre in Calabria si attesta ancora al 70%, in Basilicata al 65%, in Puglia al 60%, in Sardegna, Sicilia e Abruzzo al 58%.
E così di seguito, decennio dopo decennio. Tanto che nel 1971, mentre registriamo un tasso di analfabetismo nazionale sopra il 5%, in Lombardia, Liguria e Piemonte si attesta intorno all’1%, mentre è ancora sopra il 9% in Calabria e Basilicata, oltre il 6,3% in Sicilia, sopra il 5% in Puglia, Campania, Abruzzo e Sardegna.
In seguito il tasso di analfabetismo è andato praticamente a scomparire, tanto che nel 2020 esso risulta sotto l’1% su base nazionale.
Una battaglia vinta, quindi, sia pur con notevole ritardo? Sicuramente sì, se guardiamo all’analfabetismo “tradizionale”, quello legato al solo saper leggere e scrivere, ma sicuramente no dinanzi alle nuove forme di analfabetismo.
Nuove forme di analfabetismo
La situazione infatti non è per niente rosea, in quanto oggi si riscontra la presenza di altre forme di analfabetismo, quali, per esempio, quello di ritorno, quello funzionale, o quello digitale, che colpisce, quest’ultimo, pesantemente le fasce più anziane della popolazione.
E queste nuove forme di analfabetismo possono raggiungere cifre assai consistenti, financo ben oltre il 20% della popolazione. Non sarebbe pertanto male se le nostre istituzioni si facessero carico anche di loro.
Un’idea
E un’idea, insieme a tante altre, potrebbe essere quella di riprendere, mutatis mutandis, una trasmissione della nostra televisione che iniziò nel 1960 e durò fino al 1968.
Fu realizzata per combattere l’analfabetismo di allora, presente ancora in maniera consistente: “Non è mai troppo tardi”, condotta dal “maestro” Alberto Manzi.
“Non è mai troppo tardi”
Fu una trasmissione dai grandi meriti che consentì a molti telespettatori, si ipotizza sul milione e mezzo, di vincere la loro personale battaglia contro l’analfabetismo.
Un qualcosa insomma da mettere in campo anche oggi, sia pur diverso nel contenuto e nel format, ma mosso dallo stesso spirito “educativo” di allora.
Esso potrebbe davvero contribuire a ridurre, per esempio, questo analfabetismo digitale, che colpisce così massicciamente la popolazione anziana, fino ad escluderla in gran parte dal mondo digitale.
E nello stesso tempo potrebbe contribuire ad accrescere la reputazione del servizio televisivo pubblico nazionale. Potrebbe essere un’idea!
Prima di andare
Cercasi medici disperatamente. Nel post dello scorso lunedì, nel presentare una lista di film e serieTV a tema medicale, parlavamo della carenza di personale medico, acuitasi a dismisura dopo la pandemia. Ieri il quotidiano finanziario “The Financial Times” ha pubblicato una statistica sull’età media del personale sanitario in alcuni paesi europei. Ditemi se non c’è da preoccuparsi per quello che potrà succedere tra qualche anno in Italia: oggi l’età media del 56% delle persone che esercitano la professione medica è superiore ai 55 anni.

Allucinazioni. Il modello linguistico di AI generativa, come sappiamo, è prone ad allucinazioni, cioè spara cazzate (bullshit) per non vuolere dire “non lo so”. Questa, tra le molte riportate dal “New York Times”, è carina. Alla domanda, già di per sé bizzarra, se Joyce e Lenin si siano mai incontrati, ChatGPT ha risposto: “James Joyce e Vladimir Lenin si incontrarono a Zurigo, in Svizzera, nel 1916. Entrambi gli uomini vivevano in esilio a Zurigo durante la Prima Guerra Mondiale. Joyce era uno scrittore e Lenin era un rivoluzionario. Si incontrarono al Café Odéon, un luogo di ritrovo popolare per artisti e intellettuali a Zurigo.” Come riferisce il giornale di New York Joyce e Lenin non si sono consapevolmente mai incontrati. Magari si sono semplicemente incrociati perché vivevano a Zurigo negli stessi anni. Ma non ne abbiamo evidenza. L’affermazione che si siano incontrati al Café Odéon è una inferenza allucinata. Probabilmente lo chatbot aveva l’indirizzo di entrambe le residenze dei due personaggi e all’epoca il luogo pubblico di ritrovo culturale di un certo rilievo, anche per la comunità di intellettuali espatriati, era il Café Odéon. Da qui la conclusione allucinata che Joyce e Lenin si siano incontrati in quel posto. Il problema che tale inferenza è talmente assertiva che non viene da dubitare che sia fabbricata. Rischiamo di diventare così dei portatori sani di cazzate. Bisogna fare attenzione a rimbalzare queste informazioni. Non per niente OpenAI, Microsoft, Google e tante start-up di AI stanno lavorando sul costruire fiducia intorno ai loro chatbot.