1. Zygmunt Bauman, La società liquida
Le instabilità sociali del mondo moderno nella lucida analisi di Bauman
📖 Recensione del libro: Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari, 2002, pp. 272, trad. it. di Id., Liquid Modernity, Polity Press, Cambridge e Blackwell Publishers, Oxford, 2000.
di Francesco Giacomantonio
❇ Primo libro di dieci della serie “21° secolo”
Recensione pubblicate:
1. Zygmunt Bauman, La società liquida
2. Slavoj Žižek: Questioni del 21° secolo
3. Anthony Giddens: La democrazia sociale
4. Richard Sennett: La flessibilità del lavoro e i suoi coni d’ombra
5. Theodor Adorno & Co: La critica delle società complesse
6. Michel Foucault: Il laboratorio della modernità
7. Habermas e Derrida: La filosofia del terrore
— Prima parte: Jürgen Habermas
— Seconda parte: Jacques Derrida
8. Bobbio & co.: Politica, mettiamo un po’ d’ordine
9. Franco Cassano, Modernizzare stanca
10. Danilo Zolo: Guida critica alla globalizzazione
Francesco Giacomantonio: La condizione post-ideologica
Buon giorno e buon fine settimana. Torniamo al giovedì con una nuova serie, piuttosto robusta, curata dal giovane filosofo e sociologo Francesco Giacomantonio. Lo scopo di questa nuova iniziativa è molto semplice, pur nella complessità del contesto che va a trattare.
Dopo il secolo breve
Già agli inizi del secolo breve, nel 1909, Norman Angell, un giovane giornalista e attivista inglese, pubblicava in un libro epocale, La grande illusione (cfr. anche il film di Jean Renoir con Jean Gabin, su Chili a noleggio). A beve uscirà la traduzione italiana integrale pubblicata da goWare.
Bene, in questo libro Angell, insignito del premio Nobel per la pace nel 1933, sosteneva che la società del suo tempo (l’età dell’imperialismo) era entrata in un’età globale: «un raffreddore a New York, diventa una bronchite a Parigi e a Berlino e una polmonite a Londra».
Era iniziata l’età della interdipendenza economica, finanziaria e geopolitica delle nazioni. Si era alla vigilia della Grande guerra. Poi è passata molta acqua sotto i ponti, ma la tendenza del capitalismo a mondializzarsi si è intensificata.
Nei 22 anni che ci separano dalla fine del secolo breve (grande libro dello storico inglese Eric Hobsbawm, ma anche La storia del XX secolo di Giuliano Procacci o Nella Storia mondiale del nostro Giulio Sapelli) c’è stata una inflazione a due cifre di libri, afferenti alle cosiddette discipline delle scienze umane, che hanno iniziato a riflettere sul senso e le conseguenze della globalizzazione contemporanea.
Senso critico, ultima risorsa
La complessità della società umane del 21° secolo si è subito fatta sentire in modo drammatico già dal primo biennio del duemila in maniera assimilabile a quella della caduta di un cipresso di 10 metri su un veicolo che si sta tranquillamente portando verso casa, com’è accaduto alla mia amica C, fortunatamente incolume.
Infatti, non era ancora finita la festa dell’euro che un squadriglia di jet-bomba ha colpito obiettivi simbolici dell’ordine mondiale a New York e a Washington. Contemporaneamente si irradiavano gli effetti dello scoppio del bubbone di Internet che, già da allora si doveva capire, non era una Valinor, ma una terra simil-Arda.
Abbiamo allora chiesto al giovane filosofo Francesco Giacomantonio, autore, tra molti altri, di un libro dal titolo Letture su società e politica nell’età della globalizzazione. 90 recensioni per comprendere il mondo attuale, di selezionare e parlare di 10 libri di filosofia, sociologica e politica usciti in Italia negli ultimi 20 anni che, a suo giudizio, hanno rappresentato, interpretato, criticato, delineato in modo efficace il contemporaneo.
Non si tratta di letture facili come i libri di Fabio Volo (simpaticissimo e acutissimo scrittore e testimone dell’oggi) così come sono impegnative anche le recensioni del nostro Francesco.
L’affinamento del senso critico, anche con letture come quelle proposte, è, come dicono i francofortesi, la “risorsa di ultima istanza” per passeggiare, smarriti, nel labirinto del mondo attuale.
Iniziamo con Zygmunt Bauman (1925-2017). Sociologo polacco di formazione marxista, a lungo docente universitario in Inghilterra, è stato uno dei protagonisti più rilevanti del dibattito contemporaneo su globalizzazione e modernità: celebri i suoi numerosi testi e interventi critici sulla società liquida e le aporie ad essa associate.
Buona lettura! È richiesta una certa concentrazione.
Liquidità
In questo testo che si può considerare l’anello di congiunzione tra due altre opere di Zygmunt Bauman, La solitudine del cittadino globale (Feltrinelli, Milano, 2000) e La società individualizzata (Il Mulino, Bologna, 2002), il sociologo polacco descrive la società attuale sulla base dell’idea della liquidità.
L’autore vede ogni dimensione del sociale attraversata da una forte instabilità, da una sorta di fluidità appunto. L’argomentazione si sviluppa lungo cinque capitoli dedicati all’emancipazione, all’individualità, al tempo e allo spazio, al lavoro, alle relazioni sociali.
1. Il problema della libertà moderna
Nel primo capitolo si affronta il tema della libertà moderna.
La modernità ha affrancato gli uomini da molte dipendenze, ma tale liberazione è un bene o un male? Già Hobbes e Durkheim sottolineavano che la sottomissione dell’individuo alla società, attraverso le norme, era condizione, paradossalmente, della sua liberazione.
Oggi, ricorda Bauman, l’individuo, che mai è stato così libero, tuttavia si sente perso, proprio perché slegato da ogni vincolo. Si mostrano, allora, i tratti che distinguono il moderno tradizionale dal moderno attuale.
In entrambi i casi gli uomini cercano di superare i propri limiti, ma nella condizione attuale due sono i tratti nuovi:
a) il fatto che sia crollata «la convinzione che la strada lungo cui procediamo per superare i limiti abbia un fine raggiungibile» (p. 19);
b) la deregolamentazione e privatizzazione dei compiti (p. 20).
Questi elementi sono all’origine della crisi della cittadinanza, già discussa, anche attraverso categorie più riconducibili alla filosofia politica, ne La solitudine del cittadino globale.
Su tali basi si ritiene che il compito di una teoria critica sia, nella odierna società, destinato a mutare: la teoria critica e la filosofia in generale non hanno più di fronte il problema di una ingerenza totalitaria delle istituzioni e della politica sulla vita degli individui, quanto piuttosto la questione della sfera pubblica che deve essere difesa dall’invasione del privato, «al fine di accrescere, non ridurre, la libertà individuale» (p. 48).
2. Lo stato delle individualità
Correlato ai problemi della libertà è lo stato dell’individualità affrontato nel secondo capitolo. Bauman introduce l’idea di un passaggio da un capitalismo pesante a uno leggero, ossia da un capitalismo weberianamente orientato a enfatizzare il momento della scelta dei mezzi e della burocrazia, a uno che invece pensa ai fini da perseguire.
Conseguentemente, anche la fase del consumismo muta: l’attività del consumatore più che identificarsi nel soddisfacimento di bisogni articolati, coincide con l’ambito del desiderio. Il consumo diventa elemento di costruzione delle identità.
3. Spazio, tempo
La dimensione della modernità liquida si caratterizza anche per un particolare sfondo spazio-temporale, delineato nel terzo capitolo.
Innanzitutto, molti luoghi delle società contemporanee tendono, nelle realtà urbane, a esiliare l’altro, oppure ad annullare la diversità (è il caso delle aree di consumo); inoltre, alcuni luoghi si configurano, come nota anche l’antropologo francese Marc Augé, come non-luoghi: è il caso di alberghi o aeroporti, essi sono «spazi privi di espressioni simboliche di identità, relazioni e storia» (p. 113).
Anche la sfera temporale presenta nuove caratteristiche: la modernità liquida ha, attraverso l’aumento della velocità delle comunicazione e degli spostamenti, reso molte esperienze accessibili con immediatezza e proprio questa centralità dell’immediato nel mondo attuale mina fortemente gli elementi della memoria del passato e la fiducia nel futuro che sono stati sinora «i ponti culturali e morali tra fugacità e durabilità» (p. 147) e «tra assunzione di responsabilità e filosofia del carpe diem» (ibidem).
4. Lavoro
Nel quarto capitolo l’attenzione si indirizza sul momento del lavoro.
L’attività lavorativa si fondava in passato sull’idea che essa potesse aiutare a migliorare, si legava cioè all’idea della fiducia. Anche tale idea si è venuta progressivamente sciogliendo.
Viene meno la fiducia nella politica, a causa della crisi delle istituzioni, in primis lo Stato, incapaci di guidare efficacemente le società attuali; viene meno la fiducia nella scienza che ora scopre «l’indole endemicamente indeterministica della natura del mondo» (p. 155).
Il lavoro, in questa condizione di insicurezza di tipo «individualizzatrice» (p. 170), assume un significato principalmente estetico: «Ci si attende che sia gratificante di per sé anziché essere valutato in base a effetti reali presunti che arreca al prossimo o al potere della nazione e del paese» (p. 160).
5. Senso della comunità e ruolo del sociologo
Nel capitolo conclusivo l’autore si sofferma sull’attenzione, posta da alcuni teorici, sulla dimensione della comunità come possibile rifugio per gli individui moderni che tante incertezze e difficoltà esistenziali affrontano.
Anche qui, tuttavia, si denota una mancanza di solidità: il legame tra Stato e nazione viene visto in fase di dissoluzione e si afferma piuttosto l’idea di «comunità guardaroba o carnevalesche».
Considerando la situazione della politica internazionale (in particolare in riferimento alle aree calde del pianeta, ad esempio i Balcani, si veda pp. 217-235), il sociologo afferma, infatti, che le comunità attuali «tendono a essere effimere (…), incentrate su un unico aspetto o finalità. Il loro arco vitale è breve (…). Il loro potere emana non dalla loro durata prevista ma, paradossalmente, dalla loro precarietà e incertezza del futuro, dalla vigilanza e dall’investimento emotivo che la loro fragile esistenza reclama a gran voce» (p. 235).
6. Il ruolo del sociologo
Il testo si chiude con un contributo sull’attività dello scrivere di sociologia.
Bauman crede che il ruolo del sociologo di fronte all’insieme dei problemi, che sono stati descritti sopra, possa avere un valore non trascurabile: egli deve porre al centro della sua attenzione, l’autocoscienza, la comprensione e la responsabilità individuale.
Non si tratta tanto di scegliere tra una sociologia impegnata e una neutrale, perché «il solo compito della sociologia è far sì che le scelte siano realmente libere» (p. 256).
E questo finale sembra schiudere uno spiraglio di speranza al termine di una ricostruzione dai toni piuttosto gravi, che tuttavia sembra essere applicabile più alle dimensioni urbane delle società occidentali più avanzate che all’intera società contemporanea, a meno che non si voglia istituire un’equazione tra le due dimensioni.
(da Francesco Giacomantonio, Letture su società e politica nell’età della globalizzazione. 90 recensioni per comprendere il mondo attuale, goWare, Firenze, 2019, pp. 251-254)
Prima di andare
La lingua italiana en marche. Vi invito a leggere questo servizio del “Post” sul nuovo vocabolario della lingua italiana Treccani. È vero che c’è del marketing e del FOMO nelle scelte della casa editrice e dei curatori, come dice il nostro incombente sidolizzatore, ma c’è anche del giusto, a mio parere.
Quiet quitters. Secondo un’indagine di Gallop, metà dei lavoratori negli Stati Uniti d’America sono “quiet quitters”, cioè persone che sul lavoro non vanno né sopra, né sotto di quello che gli viene richiesto e si limitano strettamente a rispettare le proprie mansioni. Altro che start-up nation!
Però Sarah O’Connor sul “Financial Times” non vede niente di male in ciò e pensa che sia meglio avere dei quiet quitters che fronteggiare una orda di lavoratori ossessionati dagli obiettivi e annichiliti dal superlavoro. Scrive: «Che ne dite di un semplice rapporto contrattuale di rispetto reciproco e di obblighi chiaramente definiti? Lo chiamerei lavoro per adulti». Sensato!