📖 Recensione del libro: Slavoj Žižek, Chiedere l’impossibile, Ombre corte, Verona, 2013, pp. 144, trad. it. di Id., Demanding the impossible, Polity Press, Cambridge, 2013-Indigo Book company.
di Francesco Giacomantonio
❇ Secondo libro di dieci della serie “21° secolo”
Recensione pubblicate:
1. Zygmunt Bauman, La società liquida
2. Slavoj Žižek: Questioni del 21° secolo
3. Anthony Giddens: La democrazia sociale
4. Richard Sennett: La flessibilità del lavoro e i suoi coni d’ombra
5. Theodor Adorno & Co: La critica delle società complesse
6. Michel Foucault: Il laboratorio della modernità
7. Habermas e Derrida: La filosofia del terrore
— Prima parte: Jürgen Habermas
— Seconda parte: Jacques Derrida
8. Bobbio & co.: Politica, mettiamo un po’ d’ordine
9. Franco Cassano, Modernizzare stanca
10. Danilo Zolo: Guida critica alla globalizzazione
Francesco Giacomantonio: La condizione post-ideologica
I limite del possibile
Buon giorno e buon fine settimana. Siamo al secondo appuntamento con la serie “21° secolo”. Oggi vi proponiamo la recensione di un libro-intervista che verte sulle questioni decisive di questo secolo che già dispiega tutta la sua complessità.
Il nostro Francesco Giacomantonio, tra le molte e ardue opere di Slavoj Žižek, ha selezionato un testo di facile lettura nel quale il poliedrico ed estroverso pensatore sloveno, stimolato da una interlocutrice di rango, parla in modo diretto, provocatorio e anche ironico delle principali questioni del presente e delinea la sfida per superarle, che è quella contenuta nel titolo del libro.
Prima di lasciarvi alla recensione di Giacomantonio, vorrei attirare la vostra attenzione su un altro lavoro di Žižek, di natura differente, nel quale emerge anche il suo talento di intrattenitore e di giocoliere.
Qualcosa di più del reale
Se avete un po’ di feeling per il cinema vi consiglierei di dedicare qualche ora alla visione di una vera e propria perla di intelligenza, acume, ironia e capacità analitica, un documento visuale ideato da Žižek che collega la grande arte cinematografica al grande flusso del pensiero e della cultura sia “alta” che “popolare, nei confronti dei quali la settima arte effettua una intrepida sintesi.
Si tratta della Storia perversa del cinema condotta dallo stesso filosofo, divisa in tre parti e disponibile su Amazon Prime. Le schede dedicate ai film di Alfred Hitchcock e David Lynch sono geniali. Da meditare anche le considerazioni su Matrix.
La conclusione di Žižek è un autorevolissimo riconoscimento al ruolo del cinema nel nostro tempo. Egli dice:
«Per capire il mondo odierno noi abbiamo davvero bisogno del cinema. Solo nel cinema noi troviamo la dimensione cruciale che non siamo pronti ad affrontare nella realtà. Se cercate nella realtà qualcosa di più reale della realtà stessa, rivolgetevi alla finzione cinematografica».

Slavoj Žižek è uno dei maggiori referenti del dibattito intellettuale del XXI secolo; muovendosi tra filosofia, psicoanalisi, sociologia e politica, sulla scia di Hegel, Marx e Lacan, ma attraverso anche elementi della Pop culture, ha proposto una serrata critica del modello neoliberista nella società contemporanea.
34 saggi brevi
Nel corso degli anni 2000, Slavoj Žižek ha prodotto numerosi testi rilevanti per l’analisi sociale e politica dell’epoca attuale; lo studioso sloveno è però un’intellettuale poliedrico e difficilmente catalogabile in modo univoco e definitivo, poiché, in varia misura, assomma in sé le figure del filosofo, sociologo, pensatore politico, psicoanalista, massmediologo, critico cinematografico, storico e conferenziere: di conseguenza, spesso i suoi testi sono densi e articolati e richiedono al lettore una notevole preparazione culturale e apertura mentale visti i numerosi riferimenti e punti prospettici che egli mette in gioco.
Alla luce di tale contesto, questo breve volume-intervista, presentandosi agile e scorrevole, costituito da 34 capitoletti, mediamente di tre o quattro pagine l’uno, costituisce una modalità più accessibile per confrontarsi con le idee di Žižek e una stimolante lettura per interrogarsi e riflettere su temi altamente influenti del mondo contemporaneo.
Ogni capitolo parte da una domanda posta a Žižek dalla curatrice dell’intervista, Yong-june Park (studiosa di un istituto di formazione in Corea del Sud di cui l’intellettuale sloveno è stato ospite) e attorno a ciascuna domanda Žižek sviluppa una sorta di breve saggio in ogni capitolo.
Questioni del XXI secolo
Trovano così spazio riflessioni sulla crisi finanziaria globale avviata nel 2007-08, considerazioni sulle vicende politiche di paesi problematici come la Cina e la Corea del Nord, sul populismo in America Latina, sul ruolo degli USA, sulle dinamiche rivoluzionarie in Egitto.
Attraverso i riferimenti a questi fatti e eventi, Žižek giunge a fissare l’attenzione, anche con ironia, su concetti e questioni teoriche più generali e di ampio respiro, che vanno dall’idea di politica a quella di responsabilità, dal ruolo dell’etica al senso del comunismo, dalla prospettiva della rivoluzione alla critica del paradigma liberale e della globalizzazione, dal multiculturalismo all’universalismo, dal senso della libertà all’importanza della teoria e del pensiero autentico e del loro significato, dalla violenza ai problemi del razzismo, sino alla questione del confine tra possibile e impossibile, realtà e immaginazione, utopia e futuro.
Per chi ha familiarità con alcuni dei volumi più importanti di Žižek (a partire da Il soggetto scabroso, Raffaello Cortina, Milano, 2003, sino a Vivere alla fine dei tempi, Ponte alle Grazie, Milano, 2011), è facile vedere in tutti questi temi la ripresa e ri-attualizzazione di discorsi molto cari allo studioso sloveno. Nondimeno, questo libro ha il merito di sintetizzare numerosi punti chiave del suo pensiero politico-sociale, permettendo di correlarli in modo immediato.
Il nodo della depoliticizzazione
Così, ad esempio, emerge innanzitutto la visione della politica in Žižek, intesa come qualcosa di alto e importante, che è ben più di una mera logica di potere, e si configura piuttosto come l’insieme delle decisioni responsabili che riguardano la nostra vita.
E, di conseguenza, ciò che egli teme e combatte con forza è la depoliticizzazione, ossia la fine di azioni sociali coordinate e della critica dell’esistente, sullo sfondo di una attività di amministrazione autoritaria latente.
Sotto accusa finisce il rapporto tra democrazia e capitalismo, che a suo avviso è ormai molto problematico e ambiguo, per quanto, nel cuore del XX secolo, molti studi politologici abbiano guardato a quel rapporto in termini positivi. In tale contesto, egli difende quindi il valore della teoria e del pensiero articolato, che sono in definitiva l’antidoto più importante contro le derive populiste che Žižek segnala ripetutamente in Russia, Italia, Cina, Sudamerica, ecc.
Assai emblematicamente, a proposito del pensiero autentico, egli osserva criticamente che si vuole che «le università producano fondamentalmente esperti in grado di risolvere i problemi, quelli definiti come tali dalla società, dallo Stato e dalle imprese» (p. 56). Ma per Žižek questo non è pensare.
Il vero pensare
«Qual è il “vero” pensare? Non è risolvere problemi. Il primo passo nel pensare è porre domande del tipo: “questo è davvero un problema?” “Come ci arriviamo?”. Questa è la capacità di cui abbiamo bisogno nel pensare» (ibidem).
Abbiamo quindi bisogno di coloro che, con una forma generale del pensiero, vedano i problemi da una prospettiva globale. Anche per questo motivo, Žižek difende l’idea dei beni comuni e in particolare l’idea dei prodotti intellettuali come beni comuni e sostiene che la priorità è oggi ripensare tutto.
Emancipazione e rivoluzione
È in ciò che sta la portata rivoluzionaria del contributo di Žižek, che condanna il narcisismo dominante nelle società complesse, che paralizza ogni azione, in cui la trasgressione perde ogni senso perché non vi sono in ultima analisi regole, leggi morali e norme da infrangere, e annacqua tutto in un politicamente corretto finto e fine a se stesso.
Dunque, la nuova politica di emancipazione non sarà più, per il filosofo sloveno, l’atto di un particolare soggetto sociale (come nel proletariato di cui parla Marx), ma una combinazione esplosiva di soggetti differenti.
La sfida etico-politica è di riconoscerci in questa figura; in un certo modo siamo tutti esclusi, dalla natura così come dalla nostra sostanza simbolica.
«Oggi siamo tutti homo sacer» (e qui Žižek riprende il concetto del filosofo romano Giorgio Agamben), ossia appunto esclusi, «la sola strada per impedirlo è divenire soggetti che agiscano preventivamente» (p. 105).
Violenza e disobbedienza civile
Certamente, quando si parla di pensiero rivoluzionario, si pone il problema inevitabile del rapporto con la violenza: questo è un altro punto assai importante che peraltro ha comportato spesso polemiche dovute a certe esternazioni di Žižek, il quale sostiene, infatti, la violenza nella forma di disobbedienza civile, ovvero una violenza difensiva in situazioni in cui c’è un regime autocratico, violento o terroristico.
Si tratta di una posizione provocatoria come del resto lo è quella che egli esprime soffermandosi sull’universalismo e sul multiculturalismo, quando dichiara che il modo migliore di combattere il razzismo sia «non reprimerlo, ma ammettere che si ha un certo clichè razzista, in modo scherzoso lo si accetta e ci si prende gioco di se stessi» (p. 131).
Il compito del pensiero
Dall’insieme del volume scaturisce molto chiaramente sia il senso generale del punto di vista di Žižek sia quello che egli ritiene costituisca oggi il grande compito del pensiero: «ridefinire e ripensare i limiti del possibile e dell’impossibile» (p. 138).
Al netto delle possibili polemiche, degli slanci istrionici, dello stile anticonformista e intrigante, il discorso di Žižek riattiva l’urgenza del dibattito politico e sociale nella sua forma più vivida e palpitante; forse, come reca il titolo di questo volumetto, esso vuole chiedere l’impossibile, esponendosi così alla critica del realismo più disincantato e del pragmatismo più analitico, oltre che del neoliberalismo più asettico; ma, forse, esso vuol mettere in luce, anche più modestamente, quanto oggi sia diventato difficile persino pensare il possibile.
In conclusione, naturalmente, non è su questo piccolo testo che possiamo valutare il pensiero politico di Žižek in modo compiuto e rigoroso, qui ne abbiamo solo un assaggio complessivo: resta però il fatto che tale pensiero può assumere un posto e una collocazione nell’ambito della filosofia politica contemporanea a patto di non esaltarlo oltremodo e nello stesso tempo di non bollarlo troppo semplicisticamente per certe forzature che alcuni critici possono anche considerare ideologiche e radicali.
Žižek porta il pensiero politico fuori da un contesto meramente normativo, crea contatti con le scienze sociali e gli studi culturali e storici in modo dinamico, ampliando gli orizzonti: è dunque anche attraverso la lettura di Žižek che possiamo comprendere più ampiamente la vicenda del mondo del 21° secolo.
(da Giacomantonio, F., Letture su società e politica nell’età della globalizzazione. 90 recensioni per comprendere il mondo attuale, edito da GoWare, Firenze, 2019, pp. 172-176)
Prima di andare
Milano. Se siete o capitate a Milano fate un salto nel quartiere di Città Studi al complesso delle Piscine Romano, una struttura sportiva costruita nel 1929 su progetto dell’architetto Lorenzo Secchi. Recentemente è stata restaurata e ammodernata. Negli spazi esterni del Centro Balneare Romano, la fondazione Nicola Trussardi ha allestito una mostra dell’artista newyorkese, di origine giamaicana, Nari Ward intitolata Gilded Darkness (Oscurità dorata). La mostra è costituita da opere inedite che affiancano sculture, installazioni realizzate con oggetti di uso comune – passeggini, carrelli da spesa, lacci di scarpe e anche rifiuti – fino a veri e propri scenari ambientali. I miei amici S., M. e L. l’hanno visitata e la consigliano vivamente. Fino al 16 ottobre.