[12° ricetta della serie “Almeno una volta al mese, vai vegano!”]
Finora pubblicate:
1. Lasagne vegane ai broccoli e besciamella di cavolfiore
2. Hamburger di quinoa con insalata di cavolo viola e noci
3. Risotto alla barbabietola rossa, agrumi e nocciole
4. Frittata di ceci con gambi e foglie di barbabietola
5. Torta di pane con crema pasticciera vegana alle mele
6. La vignarola
7. Fusilli alla melanzana
8. Tofu con cipolle caramellate
9. Cous cous freddo di verdure
10. Lenticchie speziate
11. Polpette di lenticchie
Buongiorno e buon inizio settimana. Prima di tutto occupiamoci della copertina. C’è qualcosa da dire su questa composizione che, a una prima occhiata, vi lascerà perplessi. Semplicemente non esiste, ma esistono tutti i singoli tasselli.
Illustrazione di copertina
Dall-E
La copertina riproduce un’opera di realtà aumentata generata da DALL-E, un sistema di intelligenza artificiale generativo, che può produrre testo e immagini a partire da un certo input. È un primo punto d’arrivo per una AI ampiamente condivisa e umanistica. Chiunque può utilizzare DALL-E.
Quest’opera fittizia include il capolavoro di Jan Vermeer, La ragazza del latte (Rijksmuseum, Amsterdam) e altre di scuola fiamminga. L’ho scelta per la copertina di questo post perché tale accorpamento “artificioso” e geniale mi richiama la vista di Françoise intenta, tra la meraviglia degli astanti, a preparare la crema al cioccolato per la zia Lèonie e la famiglia di Marcel in Dalla parte di Swann di Proust che ha un ruolo importante nella ricetta di oggi.
La raffigurazione è servita all’agenzia Ogilvy Paris, che fa parte di WPP, la più grande società di ADV del mondo, per la campagna pubblicitaria della linea di prodotti “La Laitiére” della Nestlé destinata al mercato francese.
Il software DALL-E (nome derivato da WALL-E, il film Pixar su Disney+) è un tool open source in grado di creare spontaneamente un’opera d’arte fittizia fondendo, con un buon gusto estetico, porzioni di opere d’arte esistenti.
Jean-Paul Gaultier e Eike Schmidt
Anche Jean-Paul Gaultier avrebbe potuto utilizzarlo per creare le immagini di Venere e di Primavera ricavate da Botticelli per la sua nuova e intrigante collezione primaverile senza incappare nelle furie del bravo direttore degli Uffizi Eike Schmidt che vuole portarlo in tribunale, appunto, per violazione del diritto di riproduzione. Non credo che il Louvre abbia fatto causa a Marcel Duchamp per la Gioconda coi baffi. Non so, quindi, se Eike vincerà.
Per me è, ma non sono il giudice, è già abbastanza pazzesco che succeda un cosa del genere, anche se assolutamente legittima viste le norme vigenti. In via di principio le opere d’arte appartengono all’umanità e magari anche ai non-umani e alla natura stessa visto che spesso entrano nelle opere senza il loro permesso.
Sono d’accordo con il sidolizzatore nel dire che è difficile raccontarlo a chi, dopo averle regolarmente acquistate e pagate, se le sono viste, nel corso della storia, portare via a vario titolo, confiscare…
Ma sulla riproduzione delle opere d’arte è ora di cambiare politica come hanno fatto il Metropolitan Museum of Art e il Museum of Modern art di New York che hanno messo tutta la loro collezione di opere nel pubblico dominio. Hurrà per il MET e per il MOMA.
La facile e libera fruibilità dell’arte genera quasi spontaneamente un ciclo virtuoso di creatività e anche di ricchezza materiale. Tenerle in un hortus conclusus avvizzisce il giardino dell’arte.
Poi… gli Uffizi avrebbero di meglio da fare che brigare con gli avvocati.
Sopra un’altra creatività di DALL-E. Sempre una cucina, di vaga risonanza proustiana, con al centro la Ragazza con l’orecchino di perla, sempre di Jan Veermer (Mauritshuis, L’Aia), che sembra chiederci “che cosa preparo per cena?”. E la nostra pronta risposta è: “zuppa inglese”.
Guardate come lavora Dall-e 2.
Ho chiesto alla mia amica e chef Maura di preparare un dolce con la crema al cioccolato (vegana, ovviamente) allo scopo proporvi la lettura di un passo strepitoso di Proust proprio su questo preparato che naturalmente esce dalla cucina di Françoise, l’abilissima cuoca e domestica della zia Léonie a Combray in Dalla parte di Swann e poi chef, direi “ufficiale”, dell’intera Récherche.
Beh, penso che la nostra Maura si sia industriata un bel po’ per tirare fuori una versione “tendenzialmente e faticosamente” vegana del piatto del mese che vi proponiamo oggi per il quale ha voluto usare il cautelativo “quasi”. Ma si potrebbe senz’altro togliere.
La zuppa inglese
Credo che in Italia, sulla base della mia limitata conoscenza in materia, la zuppa inglese sia tutt’oggi un piatto regionale. Ma non ne sono proprio sicuro anche se leggo da più parti che si tratta di un dolce tipico delle cucine emiliana, romagnola, toscana e marchigiana.
Anche le sue origini sono avvolte nel mistero e quell’aggettivo “inglese” rimane alquanto oscuro. Una volta mia madre, che la preparava spesso con i savoiardi soffici, ne servì una bella porzione ad alcuni ospiti dalla Nuova Zelanda, che continuavano a chiedermi perché “English”. Mentre io mi affannavo a spiegarne la composizione, uno di loro se ne uscì con “Ah! trifle”.
Leggo però su Wikipedia, che gli dedica un’intera estesa voce, che potrebbero averlo inventato i francesi durante la Guerra dei cento anni (quella di Giovanna d’Arco) per irridere gli invasori inglesi. Ma non ne vedo il senso perché il dolce è veramente prelibato e forse lo dovevano chiamare “zuppa francese” se volevano canzonare gli inglesi, più provetti con la spada che con i fornelli.
Ricetta n. 675
Sta di fatto che la ricetta n. 675 che Pellegrino Artusi propone nella sua La scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene è proprio la zuppa inglese. Da romagnolo trapiantato a Firenze avverte che la crema pasticciera non deve essere preparata come la fanno i toscani perché, “fatta in questo modo riesce, è vero, più delicata, ma non si presta per una zuppa inglese nello stampo e non fa bellezza”.
Beh, le origini sono le origini. I romagnoli hanno dato l’Artusi a Firenze e i fiorentini hanno dato loro Dante.
A proposito dell’Alighieri, non perdetevi al cinema l’ottimo film di Pupi Avati liberamente tratto dal Trattatello in laude di Dante di Boccaccio che, come sanno i napoletani, viene dallo stesso paese di Luciano Spalletti, Certaldo, che è anche il “natio borgo selvaggio” della mia amica Raffaella. Ogni cosa è connessa e illuminata (su Apple Tv e Chili a noleggio il bel film del 2005 con Elijah Wood/Harry Potter).
Fuggitiva e leggera
Senza tirarla troppo le lunghe ecco il passo strepitoso di Proust sulla crema al cioccolato a partire del quale è nata questa ricetta. Penso che dentro ci sia l’essenza dello stile di Proust.
Lo scrittore, nel primo capitolo di Dalla parte di Swann, parla del pranzo domenicale dalla zia Léonie a Combray annunciato dalla “scampanellata di Eulalie”, la vecchia domestica della zia vessata da Françoise. Il pranzo si conclude con il dessert, la crema al cioccolato.
«Quando tutto questo era finito, ci veniva offerta, fatta appositamente per noi ma dedicata in special modo a mio padre a cui piaceva moltissimo, una crema al cioccolato, ispirazione, attenzione personale di Françoise, fuggitiva e leggera come un’opera eseguita per l’occasione dove lei aveva impiegato tutto il suo talento. Chi avesse rifiutato di assaggiarne dicendo: «Basta, non ho più fame», sarebbe immediatamente sceso al livello di quei cafoni che quando un artista regala loro una delle sue opere, guardano al peso e alla materia, quando il valore sta nell’intenzione e nella firma. Anche lasciare una sola goccia nel piatto avrebbe testimoniato la stessa scortesia che alzarsi prima della fine di un pezzo musicale sotto il naso del compositore».
(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Rizzoli libri, Edizione del Kindle, posizione 2556).
Quasi una zuppa inglese
Ingredienti per il pan di Spagna vegano
300 gr di farina zero
130/150 gr di zucchero muscovado (si trova nei negozi del commercio equo e solidale) o di canna integrale
100 ml di olio di semi di girasole
250 ml di acqua
Mezza bustina di lievito (8 gr)
1 pizzico di sale
Una tortiera da 20 cm
Preparazione
Mescolate lo zucchero con l’olio e l’acqua, aggiungete gli altri ingredienti e girate per ottenere un composto liscio e omogeneo. Foderate una teglia con la carta da forno e infornate a 180 gradi in forno statico per circa 40 minuti.
Fate la prova dello stuzzicadenti infilato nell’impasto che dovrà uscire perfettamente asciutto per essere sicuri che il dolce sia cotto.
Ingredienti per la crema pasticciera
500 ml di latte di soia
90 gr di zucchero di canna
40 gr di amido di mais
1 pezzetto di scorza di limone
Preparazione
Stemperate l’amido di mais con 50 ml di latte di soia facendo in modo che non si formino grumi, aggiungete i restanti 450 ml del latte, lo zucchero e la scorza di limone. Mescolate bene e mettete sul fuoco a fiamma bassa continuando a girare fino a quando comincia ad addensarsi, poi togliete dal fuoco.
Mettetene da parte 250 gr. e il resto mettetelo in un recipiente, coprite e lasciate raffreddare.
Ingredienti per la crema al cioccolato
250 gr della crema pasticciera già preparata e ancora calda
100 ml di panna di riso o soia
100 gr. di un buon cioccolato fondente al 70%
Preparazione
Scaldate la panna. Spezzettate il cioccolato e mettetelo in una ciotola, versatevi sopra la panna calda e fatelo sciogliere, aggiungete anche la crema. Mescolate bene per far sciogliere tutto il cioccolato e poi fate raffreddare.
Assemblaggio
Per la bagna del pan di Spagna ho usato del Marsala allungato con un po’ di acqua, però potete usare il classico alchermes.
Io ho usato una pirofila di 30x20 cm, altrimenti potete fare delle porzioni individuali.
Prendete il pan di Spagna raffreddato e tagliatelo a fette verticali di circa 1 cm.
Fate uno strato sul fondo della pirofila e con un pennello bagnatelo con il composto di marsala e acqua. Versate sopra la crema pasticciera, fate un altro strato di pan di spagna e versatevi sopra la crema al cioccolato. Livellate bene, coprite e mettete in frigo per qualche ora. Il giorno dopo è ancora più buono.
Abbinamento vino
La zuppa inglese ha ingredienti che devono trovare un abbinamento non facile, molto dipendente dai gusti personali.
Proponiamo quindi tre diverse possibilità, lasciando al lettore la scelta.
1. Una bollicina extra brut tipo Franciacorta, congruo alla necessità per il suo gusto fine e persistente
2. Un vin santo che ben si può accordare nel gusto intenso e persistente con una gran parte del sapore della zuppa inglese
3. Un moscato caratterizzato dalla sua aromaticità.
Buona scelta!
L’ultima parola al sidolizzatore. Complimenti! Nonostante la “quasi” veganità. Le massaie di mia conoscenza che si sono date d’attorno a questa meraviglia, hanno spesso intinto il ditino per provare qualità, sapori, consistenza ed equilibrio degli impasti… senza tante disinfezioni successive. Quindi, anche per me, niente sidol. Frecciatina alle vaghezze vegane: la mi’ nonna (autorità indiscussa in materia di zuppa inglese) la faceva con “le paste”, cioè: torta margherita, a base di uova. E: solo alchermesse, alchermesse, nient’altro che alchermesse (quindi, una poco vegana cocciniglia. Ma buttava sul dolciastro già 60 anni fa). Bene il Marsala (secco, secco, secco) per bagnare la margherita. Senza allungarlo! Nonna lo spruzzava, badando di non lasciare troppi spazi asciutti. Vini? “Gewürztraminer”, bello secco dell’Alto Adige. (non d’Alsazia; massimo massimo, lussemburghese) e, per sfizio, “Riesling” della Mosella inferiore, povero di residui zuccherini ma di articolata acidità. Se poi eliminate lo zucchero, e lo sostituite con uno sciroppino a base di stevia, i diabetici di tutto il mondo vi ringrazieranno per la nuova e ampia libertà di degustazione, così conquistata. Ecco un’autentica AI…!!!