di Maura Alfaroli
[13° ricetta della serie “Almeno una volta al mese, vai vegano!”]
Finora pubblicate:
1. Lasagne vegane ai broccoli e besciamella di cavolfiore
2. Hamburger di quinoa con insalata di cavolo viola e noci
3. Risotto alla barbabietola rossa, agrumi e nocciole
4. Frittata di ceci con gambi e foglie di barbabietola
5. Torta di pane con crema pasticciera vegana alle mele
6. La vignarola
7. Fusilli alla melanzana
8. Tofu con cipolle caramellate
9. Cous cous freddo di verdure
10. Lenticchie speziate
11. Polpette di lenticchie
12. Quasi una zuppa inglese
13. Farinata di cavolo nero e altre ricette con il cavolo nero
«Il cavolo sta benissimo con il cavolo” non si trova nel libro di Roald Dahl che invece la mette così a proposito della famiglia di Charlie Bucket: “I soldi non bastavano nemmeno a comperare cibo decente per tutti. Gli unici pasti che potevano permettersi erano pane e margarina a colazione, patate lesse e cavolo a pranzo e zuppa di cavolo a cena. La domenica andava un po’ meglio. Non vedevano l’ora che arrivasse la domenica perché allora, sebbene mangiassero esattamente le stesse cose, a ognuno era concessa una seconda razione».
Da Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani, 2012, Edizione del Kindle, pag. 6.
Buongiorno e buon inizio settimana.
Qualche idea al posto del cappone per le prossime feste. Proviamo con il cavolo. Non è affatto un’idea del cavolo!
Menu familiare
Il cavolo non era molto popolare nella mia famiglia. Mia madre lo considerava un cibo troppo povero anche per noi che non eravamo troppo distanti da quella condizione. Quando lo serviva per cena diceva, come se annunciasse una mestizia, “stasera c’è il cavolo” per dire “ragazzi datevi da fare se non volete mangiare spesso questa roba”.
Ed era cavolfiore del fruttivendolo, il cavolo nero del mio vicino lo considerava mangime per ruminanti. Tant’è che la zuppa di pane della casa non aveva traccia di cavolo nero, per non impoverirla sul piano del significato.
Penso che l’avversità di mia madre per il cavolo avesse anche un’origine traumatica. Probabilmente lo accostava ai soldati con lo Stahlhelm (l’elmetto della Wehrmacht) e alle loro gavette con i crauti che per lei erano semplicemente “il cavolo dei tedescacci”, quelli che avevano intorbidito la sua adolescenza. Ma le cose cambiano e anche i traumi si sciolgono.
Anche il cavolo a merenda
Quando ho cambiato radicalmente le mie abitudini alimentari in senso più frugale, mia madre, sollecitata dal doversi inventare una misticanza di verdure, ha iniziato a cucinare il cavolo, anche quello nero, ed è iniziato a piacerle sia in cucina che a tavola.
Dei giorni mi chiamava per dirmi “Passa per cena che c’è il cavolo!”, ed io “Mamma, sono a Milano, lo sai!” e lei, dopo qualche secondo, “Sì, ma ho fatto il cavolo oggi!”. Mia madre alle volte aveva un sincero umorismo freddo e iperreale. Forse aveva degli antenati portoghesi.
Ho letto di recente, non mi ricordo dove ma non in Internet, una riflessione molto azzeccata: il cibo dei poveri è diventato il cibo dei ricchi e quello dei ricchi il cibo dei poveri.
Fino a qualche decennio fa gli asparagi erano il cibo dei ricchi e dei regnanti e il cavolo quello dei poveri e dei penitenti. Poi il cavolo ha raggiunto gli asparagi.
Asparagi e cavoli
Nella Recherche di Proust, che è anche una galleria degli Uffizi del cibo, l’unica verdura che riceve un qualche encomio sono gli asparagi, la cui “essenza preziosa trasforma – scrive Proust piuttosto trivialmente – il mio vaso di notte in un recipiente di profumo”. Ci vuole una bella immaginazione e anche un buon raffreddore.
Restando nell’ambito della corporalità, il nostro ortaggio è menzionato da Proust soltanto per avere provocato il gonfiore addominale della zia Léonie dopo avere mangiato la zuppa di cavolo.
Un effetto collaterale un po’ fastidioso che menziona anche Pellegrino Artusi nella sua opera magna insieme a quello del “fare sognacci”. L’Artusi, però, offre sei ricette a base di cavolo (la 430, 431, 432, 436, 437, 438 e 453), la 438 proprio di cavolo nero.
Il cavolo è uno dei protagonisti di quella immensa natura morta del mercato delle Halles raffigurata nel Ventre di Parigi di Émile Zola. I cavoli compaiono addirittura nell’incipit del libro e dominano la scena del mercato con le loro “carni bianche e tenere che si schiudevano come enormi rose, in mezzo alle grosse foglie verdi, e sembravano bouquet da sposa, in colossali fioriere”. Un bouquet improbabile tra i miasmi e il putridume intorno alle belle forme tardo gotiche della chiesa di Sant’Eustachio.
Che il cavolo sia storicamente un cibo popolano si capisce anche dalle molte espressioni colorite che gli si associano, non sempre edificanti come testa di cavolo, cavolo a merenda, fare una cavolata, cavoli amari, fatti i cavoli tuoi, nato/nata sotto un cavolo, scherzo del cavolo e via dicendo. Generalmente, anche nel linguaggio dei media, si tende a sostituirlo, oggi, con un’altra parola, molto corporea.
Sulla tavola di tutti
Popolano d’accordo, ma un intellettuale sofisticato e radical chic come Montaigne si raccomanda alla morte di non prenderlo mentre pianta i cavoli nel suo giardino. Che lo lasci lavorare almeno quel giorno!
Il cavolo è veramente interclassista, bipartisan e interreligioso e pertanto oggi può stare sulla tavola di tutti anche per le ricorrenze più importanti, come i giorni intorno al Natale. Può essere anche una scelta che ha una sua valenza etica e, perché no?, spirituale. Un atto di afflato e di unione con tutti gli esseri viventi. Mettiamo Giordiano Bruno al posto di Cartesio, almeno per un giorno. Senza prosopopea, però, se no perde di significato.
I seguaci di Padre Ferapont, “asceta, silenzioso e gran digiunatore” ammirato da Alioscia Karamazov, digiunavano al lunedì, al mercoledì e al venerdì, il giovedì si nutrivano di cavoli saltati, il sabato di zuppa di cavolo bianco e la domenica di farinata di cavolo.
Ebbene la nostra Maura, che non vuole essere chiamata chef, da eccellente e saggia cuoca ci propone tre belle ricette con il cavolo nero per un Natale che rispecchi i nostri tempi sempre segnati dalla frugalità. Che dovrà essere, volenti o nolenti, il mood del 21° secolo.
Farinata di cavolo nero
Ingredienti per 4 persone
200 gr. di cavolo nero pulito
300 gr. di fagioli cannellini già cotti
120 gr. di farina di mais
Acqua di cottura dei fagioli circa 1 l
1 cipolla media
1 carota piccola
Mezza costa di sedano
Olio EVO
Sale e pepe
Preparazione
Fate un battuto con gli odori e fatelo soffriggere lentamente in una casseruola con circa 3 cucchiai di olio.
Pulite il cavolo nero sfogliandolo con le mani per eliminare la costa centrale e lavatelo bene. Tagliatelo a striscioline.
Quando le verdure sul fuoco saranno appassite mettetelo nella casseruola e fatelo insaporire bene per qualche minuto. Passate o frullate i fagioli con il loro liquido e aggiungetelo al cavolo.
Fate prendere il bollore e cuocete lentamente per 15/20 minuti. Salate e pepate. Quando il cavolo sarà cotto aggiungete la farina a pioggia girando in modo che non si formino grumi. Fate cuocere per circa mezz’ora girando spesso e aggiungendo eventualmente del liquido caldo se si dovesse addensare troppo. Deve avere la consistenza di una farinata da mangiare con il cucchiaio.
Servite con olio Evo a crudo, meglio “olio nuovo” in questa stagione!
Ancora cavolo nero…
Bruschetta di cavolo nero e fagioli
Prendete qualche foglia di cavolo nero pulito e fatelo cuocere velocemente in acqua bollente. Scolatelo, tagliatelo e ripassatelo in padella con olio, aglio e peperoncino a vs. piacimento. Arrostite una fetta di pane, conditela con olio Evo e metteteci sopra il cavolo, completate con una cucchiaiata di fagioli lessati e conditi.
Pesto di cavolo nero
Prendete qualche foglia di cavolo e sbollentatela per 2/3 minuti. Scolate e frullate insieme a pomodori secchi, semi di zucca e girasole, qualche mandorla o gherigli di noce, se volete un pezzetto di aglio e peperoncino. Olio, sale, pepe e un po’ di acqua di cottura del cavolo per raggiungere una consistenza cremosa.
Potete aggiungere un po’ di lievito alimentare in fiocchi o, per i non vegani, parmigiano o pecorino grattugiati.
Va bene con qualsiasi tipo di pasta
Abbinamento Vino
Il nostro Enrico Roccato ci suggerisce, come possibile abbinamento con questi piatti, un classico vino toscano, giovane ma con una sua identità e con profumi di fiori primaverili, il Badia a Coltibuono.
L’ultima parola al sidolizzatore. Nulla da fare per il sidolizzatore. Eviterà di brontolare sulla veganità e aspetterà il suo turno per un bel piatto di cavolo croccante e crudo (o appena appena scottato), in insalata…
È poi orgoglioso di essere dalla stessa parte di Proust,… sugli asparagi.