di Maura Alfaroli
[14° ricetta della serie “Almeno una volta al mese, vai vegano!”]
Finora pubblicate:
1. Lasagne vegane ai broccoli e besciamella di cavolfiore
2. Hamburger di quinoa con insalata di cavolo viola e noci
3. Risotto alla barbabietola rossa, agrumi e nocciole
4. Frittata di ceci con gambi e foglie di barbabietola
5. Torta di pane con crema pasticciera vegana alle mele
6. La vignarola
7. Fusilli alla melanzana
8. Tofu con cipolle caramellate
9. Cous cous freddo di verdure
10. Lenticchie speziate
11. Polpette di lenticchie
12. Quasi una zuppa inglese
13. Farinata di cavolo nero e altre ricette con il cavolo nero
14. Finocchi gratinati e vellutata di finocchi e patate
Copertina. Da sinistra a destra: Falstaff tiene un finocchio; Leonardo da Vinci esamina i semi di finocchio; un giardino con piante di finocchio (come quello della nostra Maura in prossimità della casa natale del da Vinci); le scogliere di Dover dove “a mezza costa spenzola uno che raccoglie un finocchio (passo da Re Lear di Shakespeare). Ho chiesto all’algoritmo di creare queste immagini con la tecnica della pittura a olio in stile rinascimentale.
Buongiorno e buon inizio settimana.
Torniamo con la ricetta del mese, anzi due ricette, per andare vegano. Quando ne avremo trenta vi faremo omaggio di un libricino che le raccoglie tutte.
L’onesto finocchio
Dopo aver dato molto lavoro all’intestino crasso durante le appena trascorse giornate di fine anno e inizio nuovo, non dico che ci vorrebbe un bel digiuno, ma un po’ di pulizia sì.
Un semplice ortaggio di stagione può farci questo servizio, a basso investimento. Sembra fatto apposta per assolvere a questo compito: è il sobrio, lindo e profumato finocchio.
Il finocchio non sarà un magnete di fascino, ma il suo essere schietto e verace, con quel tocco di eccentricità della criniera di gambetti fogliati, mi richiama alla mente una certa selvatica fibrosità delle interpretazioni di Tom Waits nei film di Jim Jarmusch.
Inoltre la bianca sagoma rotondeggiante dalla crosta rugosa che diventa liscia e scivolosa nello sfogliarla, con ciuffetti sulla sommità, sembra potersi candidare a diventare un personaggio benevolo della palude di Shrek.
Si sa che il finocchio è conosciuto e utilizzato fin dall’antichità nella cura e nell’alimentazione. Lo troviamo menzionato nel mito di Prometeo e sembra anche che il toponimo di Maratona, uno dei luoghi della grande storia, derivi proprio dalla denominazione in greco antico del finocchio (màrathon) che abbondava nella piana dove i greci fermarono i persiani
Il profumo intenso
C’è qualcosa di speciale che si cela nella ordinarietà del finocchio: è il profumo, l’aroma e il sapore che i semi, l’ortaggio coltivato o quello selvatico possono produrre spontaneamente o trasferire a bevande, pietanze o, ahimè, insaccati.
È il “grato odore e il sapore dolcigno de’ finocchi [che] riesce de’ più gentili”, per usare le parole che l’Artusi impiega nella sua opera magna a proposito di questa pianta. Lo stesso Artusi però ci mette anche in guarda dagli “odori acuti che molti stomachi non tollerano, e tornano a gola”.
Osservazione che ha un suo fondamento come ho verificato io stesso e che si deve ad alcune sostanze aromatiche non proprio comuni che ne determinano un sapore intenso, un po’ simile a quello dell’anice.
Tant’è che in alcuni supermercati del Nord America alle volte il finocchio coltivato (in inglese Florence fennel) viene etichettato con “anise”. Non però nei negozi Whole Foods.
…e un sapore talmente deciso da “infinocchiare”
Ho letto con sorpresa che certe sostanze contenute nel finocchio sono in grado di alterare sensibilmente la nostra percezione dei sapori. Ecco che, in passato, il finocchio è stato utilizzato per truffe alimentari, come quella di rendere più gradevole il vino o il cibo cattivo insaporendolo con i semi di finocchio o servendo spicchi del frutto per addormentare il gusto del vino dozzinale o acetificato.
Da questo raggiro perpetrato dei cantinieri e dagli osti nei confronti dell’ignara clientela sembra essere derivato il termine “infinocchiare” di uso comune nella nostra lingua.
Leggo inoltre che gli oli del finocchio sono uno dei rimedi naturali più efficaci per l’alitosi. Forse è per questa ragione che Falstaff, nella commedia di Shakespeare, finisce per apprezzare il parco invito dell’amico mastro Shallow “a mangiare sotto la pergola le mele ranette con un piatto di semi di finocchio,… e poi a letto”.
Ce lo vedete Falstaff a mangiare mele e sgranocchiare semi di finocchio? Penso che non sia stato per niente facile neanche portarlo a dormire dopo un tal pasto.
Lasciamo stare Falstaff e passiamo la mano alla nostra Maura che con i finocchi coltivati nel suo orto, a breve distanza dalla casa natale di Leonardo da Vinci, ci propone due piatti che alla fine convinceranno anche i molti poco entusiasti del finocchio. Senz’altro Leonardo lo apprezzava.
… un ultima cosa
Ho posto al motore linguistico di intelligenza artificiale generativa ChatGPT, che sta furoreggiando, questa domanda “Ti piace il finocchio? Lo mangi?”. Ecco la risposta:
“Come modello di lingua artificiale, non ho preferenze alimentari. Non posso mangiare, quindi non posso dire se mi piace o meno il finocchio. Posso fornirti informazioni sul finocchio, se desideri”.
Questa è l’intelligenza artificiale che ci piace. Non ha bisogno di mangiare.
Finocchi gratinati
Ingredienti per 4 persone:
800 gr. di finocchi puliti
Paprika dolce
Zaatar (spezia mediorientale usata nella cucina libanese. Io la compro nel negozio del commercio equo e solidale)
Olio EVO
Sale e pepe
Besciamella vegana
500 ml. latte di soia
40 gr. di farina
40 gr. Olio EVO
Noce moscata
Lievito alimentare in fiocchi
Preparazione
Pulite i finocchi dalle foglie esterne se sono un po’ sciupate, ma non buttatele.
Tagliate a fette di circa mezzo centimetro di spessore i finocchi.
Mettete sul fuoco un’ampia padella con 2 o 3 cucchiai di olio. Fate scaldate bene poi aggiungete i finocchi. Fate cuocere a fuoco vivace per 5 minuti girando spesso. Si devono colorare e ammorbidire, aggiungete poi una spolverata di paprika e una di zaatar, sale e pepe. Fate insaporire bene per un paio di minuti e togliete dal fuoco.
Così sono già buoni da mangiare!
Per farli gratinati c’è bisogno della besciamella .
Fate scaldare l’olio in un pentolino, versate la farina, mescolate bene e poi versate il latte di soia mescolando continuamente con una frusta per evitare i grumi. Appena arriva a ebollizione togliete dal fuoco. Aggiungete un po’ di noce moscata e un cucchiaio di lievito alimentare in fiocchi.
Prendete una pirofila da forno, mettete sul fondo un pochino di olio e besciamella, sopra i finocchi saltati e per ultimo il resto della besciamella. Completate con un leggero strato di pangrattato e un giro di olio. Mettete in forno a 180 gradi per circa 20 minuti e 5 minuti di grill.
Vellutata di finocchi, porri e patate
Ingredienti per 4 persone:
600 gr. di finocchi
300 gr. di porri
300 gr. di patate
1 lt. di acqua o brodo vegetale
Pane
Rosmarino
Olio EVO
Sale e pepe
Preparazione
Prendete le foglie scartate dei finocchi, pulitele e aggiungete altri finocchi per raggiungere il peso necessario.
Pelate le patate e tagliatele a tocchetti non troppo grandi.
Pulite e affettate i porri.
In un tegame mettete un paio di cucchiai di olio, aggiungete i porri e fateli rosolare, poi le patate e i finocchi a tocchetti. Fate insaporire bene per qualche minuto, salate e pepate, versate l’acqua o il brodo vegetale e fate prendere il bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere per circa 20 minuti fino a quando le verdure saranno tenere. A questo punto frullate il tutto con un frullatore a immersione. Rimettete il composto sul fuoco e fate cuocere per altri 5/10 minuti. Nel frattempo tagliate del pane, meglio se integrale, a tocchetti. Tritate un po’ di rosmarino.
Mettete sul fuoco una padellina con un filo di olio, versatevi i crostini di pane e fateli rosolare, aggiungete il rosmarino tritato e fate cuocere ancora un minuto.
Servite la crema di finocchi con un po’ di crostini è un filo di olio a crudo.
Abbinamento vino
Il Verduzzo de I Clivi è un vino bianco secco dal profumo complesso e delicato. È un vino fresco, leggero e molto armonico, fatto con metodi artigianali.
Si coniuga bene con due piatti molto delicati al gusto.
Prima di andare
Lisetta Carmi. In una NL delle ultime ci siamo occupati della fotografa Lisetta Carmi. Ebbene, nel frattempo, è uscito un suo libro curato ed elegante, come lo sono del resto tutti quelli dell’editore Humboldt books. È Lisetta Carmi, Genova 1960/70, brossura, 92 pagine, 17,10 €. Giovanna Calvenzi, Giovanni Battista Martini, Giuliano Scabia sono gli autori dei testi che accompagnano gli scatti della Carmi. Bellissime pagine del libro e bellissima pagina della fotografia italiana.
Spare. So che la proposta può sollevare qualche perplessità. Andate in libreria, sedetevi e date un’occhiata a Spare, che si potrebbe rendere in italiano con “La riserva”, l’ubiquo libro di memorie del principe Harry. Per tre ragioni.
La prima è che è scritto e strutturato benissimo. Vorrei vedere! A buttarlo giù, di fatto, è stato una delle migliori penne d’oltreoceano: J.R. Moehringer autore di quel piccolo gioiello che è Tender Bar (Il bar delle grandi speranze) dal quale George Clooney ha tratto un film molto delicato (su Netflix). Moehringer è anche lo scrittore-ombra di Agassi, in quell’altro gioiello autobiografico che è il racconto della vita del tennista.
La seconda ragione vale per coloro che hanno visto la serie The Crown (su Netflix). Il libro di Harry è la sesta stagione e non sarà certo l’ultima per volontà sua o di Netflix.
La terza ragione va a interessare gli appassionati al genere fantastorico-dinastico di matrice shakespeariana che trova espressione eccelsa in produzioni come The House of the Dragon (su NowTV). Nel libro di Harry ci sono proprio i mattoncini sui quali si costruiscono i personaggi e le situazioni di questi blockbuster.
Se vi interessano le dinamiche economiche dell’industria del libro e dei bestseller, il “Financial Times” ha fatto i conti in tasca all’autore e all’editore (Penguin-Random House, Mondadori in Italia) per capire punto di pareggio e margini di questa mastodontica operazione in tempi difficili per l’industria editoriale. Qui le considerazione del quotidiano finanziario londinese. Vi anticipo il grafico se non volete cliccare.
L’ultima parola al sidolizzatore
Da piccolo (frequentavo la cucina di nonna), per noi esistevano solo le finocchielle: piccole, eleganti, clavi, paffutelle e slanciate, di tenerissimo sapore e di inimitabile, duttile, rumorosità alla masticazione. Venivano dispensate – per tenerci lontani dai pericoli del focolare e non stessimo tra i piedi di chi lì lavorava – insieme a carote, ravanelli, pomodori (secondo stagione) Le carote sono sempre lì che aspettano di essere sgranocchiate. Con tutto il resto.